HOTEL CIRCE: SVOLTA NELLE INDAGINI SUL FALLIMENTO, INTERDETTI 7 PROFESSIONISTI PONTINI

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Liberi professionisti pontini indagati per turbata libertà di scelta del contraente nell’ambito di procedure fallimentari. Notificata nei loro confronti la misura interdittiva del divieto di esercitare le rispettive professioni per un anni ed eseguito un provvedimento di sequestro preventivo per un milione e 500mila euro

La Guardia di Finanza di Latina ha dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare la professione per un anno nonché a un decreto di sequestro preventivo sui conti del valore di 1.500.00,00 euro emessi dal Gip del Tribunale di Latina pontino, Giuseppe Cario, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di sette professionisti operanti a Latina: cinque commercialisti, un avvocato ed un consulente del lavoro.

Di seguito i nomi e i profili dei professionisti oggetto di interdizione.
Il commercialista, nonché attestatore del valore dell’hotel in questione, Massimo Mastrogiacomo, ex Presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Latina, affidatario di incarichi dal Tribunale di Latina e colui che con una denuncia diede il là all’indagine che sgominò il cosiddetto Sistema Lollo.
Alberto Palliccia, commercialista e amministratore Circe srl (nominato dal curatore fallimentare Leonardo Viviani), in passato indagato per il crac dei Cantieri Navali Rizzardi.
L’avvocato Luca Pietrosanti che ha lavorato in passato ad alcuni dei maggiori fallimenti della provincia pontina per cui la Procura ha ipotizzato bancarotte milionarie: gruppo Veneruso, Rizzardi, Midal.

Aldo e Simone Manenti (commercialista), Luigi Buttafuoco (commercialista) e il consulente del lavoro Roberto Manenti.

Luigi Buttafuoco è Presidente del Collegio dei sindaci revisori dei conti della società Anxur Tours srl, che vanta contratti di gestione dei beni della Mac srl, che a sua volta è la società che ha incorporato per fusione la Circe srl dopo che le quote sono state acquistate dall’imprenditore di Terracina Giovanni Amuro, proprietario di alberghi.
La Mac srl, e così anche la Anxur Tours, sono entrambe compagini che fanno capo al gruppo familiare di Giovanni Amuro.
La Anxur Tours gestisce le attività alberghiere il cui Collegio dei revisori è composto, oltreché da Buttafuoco, dal collega commercialista Aldo Manenti padre di Simone Manenti, il commercialista che ha acquistato le quote della Circe srl per 284.000 euro (valore stimato da uno dei cinque commerciali coinvolti: Mastrogiacomo), prima di cederle in parte ad altri soggetti vicini, per poi rivenderle tutti insieme a Giovanni Amuro.

Una fitta rete di cointeressenze – scrive nell’ordinanza il gip – che hanno origini lontane anche nell’ambito di altre procedure fallimentari nell’ambito delle quali soci di studio del Palliccia o del Mastrogiacomo avevano nominato il Pietrosanti consulente legale di procedure fallimentari“.

Sono tutti indagati per il reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente nell’ambito di procedure fallimentari, trasferimento fraudolento di valori e reimpiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita

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Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Latina con i sostituti procuratori Giuseppe Bontempo e Claudio De Lazzaro, e condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza del capoluogo pontino, traggono origine dalla denuncia presentata da un’imprenditrice due anni fa (Nunzia Sangiorgi), successivamente alla dichiarazione di fallimento in proprio e di una società di persone alla stessa riconducibile. Quest’ultima, come è emerso a giugno 2019, gestiva una società con sede a Cuneo, la Circe srl, proprietaria dell’hotel Il Guscio a Terracina dato in affitto a una seconda società, con cui veniva gestita la struttura ricettiva. Nel 2016 quest’ultima società, la Quadrifoglio sas, rappresentata dalla stessa imprenditrice, è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Latina, che dichiarava il fallimento anche della donna, in quanto socio responsabile in maniera illimitata.

Le attività investigative hanno permesso, in estrema sintesi, di accertare numerose anomalie ed evidenti conflitti di interesse fra i professionisti a vario titolo intervenuti nelle fasi della procedura fallimentare nonché nelle altre procedure ad essa collegate.

In particolare è emersa l’esistenza di un “accordo illecito”, finalizzato a sottostimare il patrimonio dell’imprenditrice, essenzialmente costituto da un unico immobile – posseduto per il tramite di una società di capitali – adibito ad albergo a Terracina, nei pressi del lungomare, per poi acquistarlo a prezzi notevolmente inferiori a quelli di mercato.

Infatti, nella fase iniziale della procedura, l’immobile, valutato oltre 4 milioni di euro, era stato oggetto di pignoramento nel corso della misura esecutiva disposta dal Tribunale per essere poi venduto all’asta, andata, invece, deserta. Le successive operazioni di liquidazioni ideate dai professionisti si sono sostanziate nella liquidazione delle quote della società di capitali di proprietà della fallita (socia unica) e non più nella vendita diretta dell’immobile. A tal fine è stato artatamente gonfiato il passivo della società per giungere ad un valore del patrimonio netto e, conseguentemente, delle quote, inferiore al reale, producendo così l’effetto di poter acquisire la società e la sua unica attività, ad un prezzo economicamente molto vantaggioso, in danno della curatela e dei creditori.

La realizzazione del disegno criminoso è stata possibile grazie alla: divulgazione, al di fuori della procedura, di informazioni commerciali “sensibili”, destinate a costituire patrimonio informativo della vendita fallimentare, che ha comportato la distorsione della procedura concorsuale, inducendo gli organi preposti a privilegiare la procedura di liquidazione delle quote della società di capitali in luogo del pignoramento immobiliare dell’albergo; la sottostima del valore delle quote della società di capitali attraverso una perizia artatamente prodotta nell’ambito della procedura esecutiva dal perito “estimatore” il quale, successivamente, in spregio ai requisiti di indipendenza previsti dalla legge si è poi prestato ad assumere, per conto degli acquirenti, l’incarico di “attestatore” al fine di evitare che altri potessero mettere in evidenza le gravi incongruenze relative alla procedura di valutazione delle quote.

Tali comportamenti permettevano agli indagati di acquistare, per il tramite di prestanome, le quote della società proprietaria dell’immobile ad un prezzo notevolmente inferiore al reale valore di mercato, diventando di fatto indirettamente proprietari dell’immobile che veniva immediatamente rivenduto, realizzando un profitto pari a circa 1.500.000 euro (un milione e 500mila euro). Quote cedute grazie anche a un mutuo da 1,4 milioni concesso da una banca, con scadenza nel 2036 e un’ipoteca da 3,4 milioni.

In tale contesto, le indagini hanno permesso di scoprire come l’acquisizione dell’albergo e la sua “istantanea” rivendita era stata ideata fin dall’inizio grazie alla diretta conoscenza da parte degli indagati, per ragioni dei rispettivi uffici, dell’interesse all’acquisizione da parte di un imprenditore del settore turistico. Tali informazioni “privilegiate”, in uno con gli incarichi ricoperti, hanno permesso agli indagati di esercitare sulla curatela un’influenza indebita, distorcendo le fisiologiche dinamiche della procedura fallimentare.

Il quadro investigativo è stato delineato dalla Fiamme Gialle pontine grazie ad una certosina opera di ricostruzione dei fatti mediante l’esame di copiosa documentazione contabile ed extracontabile relativa alla vicenda fallimentare, agli atti della procedura ovvero rinvenuta su supporti informatici ed acquisita nel corso di mirate perquisizioni disposte dall’Autorità Giusiziaria che ha costantemente coordinato le indagini, imprimendo il giusto impulso alla vicenda giudiziaria. Il tutto è stato supportato da mirate attività tecniche che hanno permesso di ascoltare dalla diretta voce degli indagati, gli accordi intervenuti.

L’attività portata a termine dalle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Latina con l’operazione odierna, testimonia il costante impegno profuso dall’Autorità Giudiziaria e dal Corpo verso il contrasto di quelle forme di illegalità che minano il corretto funzionamento dell’economia legale, alterando le regole di libera concorrenza del mercato, per lo più, nel caso di specie, poste in essere da professionisti cui era invece affidata la regolarità e la correttezza della procedura, a tutela dell’ordine pubblico economico nel suo complesso, dei creditori e dei dipendenti.

LA VICENDA IN SINTESI – La storia, che trova il suo culmine oggi, ha visto il curatore del fallimento Leonardo Viviani presentare al Tribunale un programma di liquidazione, stimando in più di 800mila euro i debiti dell’azienda e scegliendo la vendita diretta delle quote della società proprietaria dell’hotel Il Guscio di Terracina. Il curatore specificò che era sul piatto un’offerta di acquisto delle quote dell’hotel di cui si fece mediatore un noto studio legale di Latina (Pietrosanti).

L’incarico fu dato a Mastrogiacomo per valutare le quote dell’azienda, il quale stimò il valore in 240mila euro. Cifra che fu ritenuta irricevibile dall’imprenditrice della società di Cuneo poiché l’hotel valeva oltre 4 milioni di euro. Per tale ragione, la donna ha denunciato

Tuttavia, le quote furono vendute all’offerente, ossia il commercialista Manenti, in cambio di poco più di 280mila euro, versati con dodici assegni circolari emessi lo stesso giorno della vendita. Un elemento che è servito all’imprenditrice per arrivare all’ipotesi secondo la quale il commercialista Manenti sapeva di essere l’unico offerente, in grado di acquisire le quote dell’azienda, e quindi dell’hotel Il Guscio di Terracina, senza alcuna concorrenza.

In seguito Palliccia, amministratore della società Circe Srl, tramite lo stesso legale che aveva fatto da mediatore per l’offerente Manenti, ossia Luca Pietrosanti, ottenne la sospensione dell’esecuzione immobiliare, ormai giunta al terzo tentativo dell’asta che partiva da una base di circa 2,3 milioni di euro. Altra particolarità che ha spinto l’imprenditrice denunciate a insospettirsi e ritenere che commercialisti si fossero messi d’accordo per stimare poco le quote societarie e far compare a uno di loro (Aldo Manenti) l’hotel, in seguito ceduto a un famigliare (Simone Manenti, il figlio) e alla moglie dell’avvocato Pietrosanti per 170mila euro.

Dopo questi passaggi, la società Circe srl rinunciò agli atti esecutivi in ordine al fallimento originario e la procedura sull’hotel è venuta meno. In seguito la Circe srl cambiò assetto societario, le cui quote – ceduta anche grazie al mutuo con la banca (ndr: gli inquirenti vogliono fare luce anche su di esse) passarono dai Manenti e dalla moglie di Pietrosanti alla società Mac srl dell’albergatore/imprenditore terracinese Giovanni Amuro.

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