Blitz dei Carabinieri: gioco e scommesse illegali, legami con i vertici del clan dei Casalesi, 33 arresti. Coinvolta anche la provincia di Latina
Questa mattina, nelle province di Salerno, Ascoli Piceno, Agrigento, Avellino, Brindisi, Caserta, Catanzaro, Latina, Lecce, L’Aquila, Messina, Napoli, Potenza, Ravenna, Roma, Varese e in diversi stati esteri, in particolare Panama, Romania e Malta, militari del Comando Provinciale Carabinieri di Salerno, supportati da quelli dei reparti territorialmente competenti e dai collaterali organismi di polizia stranieri, hanno eseguito un provvedimento cautelare applicativo della misura della custodia in carcere emesso dal Giudice per le indagini preliminari Gerardina Romaniello su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia – sostituti procuratori Silvio Marco Guarriello e Giancarlo Russo -, nei confronti di 33 soggetti, sottoposti ad indagini, a vario titolo, in relazione al delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti in materia di giochi e scommesse illegali, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro provento di delitto in attività economiche, autoriciclaggio, nonché per i reati scopo di tale associazione, con l’aggravante, per taluni di questi reati, di aver commesso il fatto al fine di agevolare il clan dei Casalesi.
È scattato il sequestro preventivo di 11 siti internet e delle società “Europartner” e “IOCOSA LUDUM società cooperativa”, entrambe con sede legale a Mercato San Severino (Salerono), nonché di 3 milioni nei confronti di Luigi Giuseppe Cirillo, figlio del defunto boss calabrese di Sibari in Calabria, e di altri soggetti che, allo stato delle investigazioni, sono stati ritenuti essere suoi prestanome, quale profitto dei reati di cui si ipotizza la commissione. II Cirillo, che nell’ordinanza cautelare viene ritenuto capo e promotore del sodalizio criminale, è accusato di aver costituito una vera e propria holding dedita al gaming on line illecito sul territorio nazionale ed estero, avvalendosi anche dei legami con i vertici dei Casalesi.
Nella ricostruzione degli inquirenti, Cirillo, servendosi di un sistema di gestione ed amministrazione telematico ideato da Luigi Tancredi nei primi anni 2000, ne avrebbe nel tempo incrementato notevolmente le potenzialità e la diffusione, utilizzando le ragguardevoli competenze nel settore tecnico-informatico di uno dei sodali, grazie ad una community di gioco fatta di diversi milioni di giocatori diffusi in tutto il mondo, i quali, fruendo della piattaforma messa a disposizione, potevano giocare e scommettere on line l’uno contro l’altro a distanza di migliaia di chilometri e senza alcun vincolo di tempo e luogo.
Il G.I.P., in particolare, ha ritenuto allo stato fondata la ricostruzione delle risultanze investigative, formulata all’esito dell’attività d’indagine, svolta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Salerno, secondo la quale la presunta consorteria criminale avrebbe effettuato le proprie attività mediante siti internet prevalentemente con domini .com ed.eu, tutti privi delle prescritte autorizzazioni dei Monopoli di Stato italiani, allocati presso diversi server che, seppur coordinati da Mercato San Severino (Salerno), sono stati materialmente ubicati all’estero, în c.d. paradisi fiscali, tra i quali Panama e l’Isola di Curacao. Proprio tali elementi hanno reso particolarmente complesse e difficoltose le operazioni di monitoraggio.
Sempre secondo la ricostruzione, sarebbe stato abusivamente programmato il gioco del Texas Hold’em, associandosi alla rete dbgpoker. Alcuni giochi risultavano fruibili anche su slot machine e totem materialmente posti in diverse attività commerciali, la maggior parte delle quali nel Sud Italia, alle quali erano imposti dai gruppi criminali egemoni sul territorio.
Ad ogni passaggio di livello sarebbe stata corrisposta una percentuale per la prestazione fornita da ciascun componente della piramide di gioco, a seconda di quanto stabilito in sede di “contrattualizzazione”. Infine, la consistente quota parte che rimaneva del prezzo del punto-gioco, enucleata dai pagamenti intermedi, risulta, allo stato delle investigazioni, per quanto ritenuto dal GIP, essere confluita nelle casse del casinò, livello apicale ed amministratore globale, utilizzando sistemi di pagamento skrill (simile a paypal), che permetteva il passaggio di capitali anche attraverso un semplice scambio di mail. La piattaforma di direzione globale del gioco illecito è stata individuata, allo stato delle investigazioni, in un sito iscritto su server America. Lo strumento di gestione risulterebbe strutturato su 5 livelli, primo dei quali costituito da un amministratore globale.
Tra i reati contestati al Cirillo vi è l’autoriciclaggio per una serie di investimenti che egli avrebbe operato con gli introiti delle sue illecite condotte, in particolare nello stato di Panama, ove avrebbe acquistato una serie di beni immobili. D’interesse è risultata, altresì, la vendita di una Lamborghini Murcielago, fittiziamente intestata ad una società iscritta nei registri della Repubblica Ceca e ritenuta riconducibile ad uno degli odierni indagati, che sarebbe stata venduta ad una concessionaria di Torino ed i cui proventi sarebbero transitati, dopo vari passaggi finanziari, su un conto corrente a lui intestato a Panama. In una circostanza, il Cirillo avrebbe minacciato con una pistola (gli è contestato anche il reato di porto abusivo di arma da sparo) un appartenente ad un clan rivale che avrebbe reclamato un credito vantato nei confronti di un suo affine.
È stata altresi contestata l’aggravante mafiosa sotto il profilo dell’agevolazione al clan dei Casalesi, configuratasi grazie alla consapevole fornitura della piattaforma di gioco illegale a soggetti ad esso contigui, che, sulla base delle risultanze, ne avrebbero cosi alimentato le casse. Gli introiti stimati dall’asset criminoso nel suo complesso sono stati quantificati, nell’arco temporale di circa due anni delle attività investigative, in oltre 5 miliardi di euro. Qualora i giochi fossero stati svolti in forma lecita, le entrate per l’erario sarebbero state di circa 500 milioni di euro. Tutti gli arrestati sono stati associati presso le Case Circondariali competenti per territorio.
Il gip Gerardina Romaniello ha iscritto sul registro degli indagati 72 persone. Si tratta di Alfonso Aliberti di Siano (Salerno), Francesco Aliberti, detto “zio Franco” di Siano (Salerno); Michele Ambrosio di San Giuseppe Vesuviano; Gerardo Angiletta, detto “Dino” residente a Timisoara (Romania); Fabrizio Baldassari di Genzano (Roma); Riccardo Baldassari di Genzano (Roma); Giannalberto Campagna di Conselice (Ravenna); Lorenzo Carbone di Potenza; Emanuele Caridi di Fiumicino; Giuseppe Carnovale, detto “Pepo” o “Leonardo De Rossi” di Santa Caterina sullo Jonio; Francesco Carpentieri di Baronissi; Giuseppe Caulo, di Pietragalla (Potenza); Gianfranco Cavallaro di Genova; Fabrizio Ciampini di Ardea (Roma); Luigi Giuseppe Cirillo di Mercato San Severino; Alessio Coletti di Ostia; Fabio D’Agostino di Avezzano; Gino Vincenzo D’Anna di Ribera (Agrigento); Pietro Del Vecchio, detto “Pedro” di San Benedetto del Tronto; Vincenzo Del Vecchio di San Benedetto del Tronto; Luigi De Benedetto di Siano (Salerno); Fabio Di Giovanni di Giugliano in Campania (Napoli); Gianmarco Di Giovanni di Giugliano in Campania (Napoli); Vincenzo Erra di Mercato San Severino; Domenico Esposito, detto “Mimmo” di Napoli; Guendalina Femia di Locri; Nicola Femia, detto “Rocco” di Marina di Gioiosa Jonica; Rocco Maria Nicola Femia di Locri; Yuri Fergemberger di Rapallo; Salvatore Ferrara, detto “Sasà” di Formia; Mauro Fontanino di Cervinara (Avellino); Pietro Garonfolo, detto “Peter” di Torino; Christian Genovese di Baronissi; Walter Genovese di Baronissi; Sabato Jacopo Genovese di Mercato San Severino; Daniele Giaquinto di Mercato San Severino; Giovanni Giarletta di Montoro; Emiliano Giorgi di Ostia Lido; Marino Grimaldi di Bracigliano; Antonino Irrera di Messina; Antonino La Commara di Napoli; Enrico La Commara di Napoli; Luigi Manda, detto Gino di Napoli; Giovanni Marinelli di Potenza; Giustina Marino detta “Tina” di Casavatore (Napoli); Alessio Miranda di Roma; Domenico Mostacciuolo di Nocera Terinese; Gheorghe Murarescu di Siano; Altin Nervaj di Avezzano; Maurizio Pellegrini di Mugnano di Napoli; Gino Pennetta di Galatina; Ioana Petrescu residente in Romania; Vittorio Persico di Marano (Napoli); Enrico Pizzuti di Paliano (Frosinone); Salvatore Pota di Aversa (Caserta); Angelo Prudentino di Ostuni; A. R. di Sant’Agata di Militello; Francesco Rossi, detto Chicco, di Mercato San Severino; Gaetano Rossi di Mercato San Severino; Domenico Scardino, detto Mimmo, di Volla (Napoli); Antonio Tancredi di Potenza; Luigi Tancredi detto “Gino”, di Roma; Dante Taranto di Arzano; Marco Triumbari di Potenza; Donatella Valente di Roma; Maria Venosa detta Mary di Aversa, Raffaele Venosa di San Cipriano d’Aversa; Giuseppe Verrone, inteso “Peppe a lutamm” di Aversa.
La custodia cautelare in carcere
La misura della custodia cautelare in carcere è stata applicata nei confronti dei seguenti indagati: Michele Ambrosio, Gerardo Angiletta, Giannalberto Campagna, Lorenzo Carbone, Giuseppe Carnovale, Giuseppe Caulo, Fabrizio Ciampini, Luigi Giuseppe Cirillo, Alessio Coletti, Gino Vincenzo D’Anna, Fabio Di Giovanni, Gianmarco Di Giovanni, Guendalina Femia, Rocco Mario Nicola Femia, Salvatore Ferrara, Walter Genovese, Giovanni Ciarletta, Emiliano Giorgi, Antonino Irrera, Antonio La Commara, Enrico La Commara, Giovanni Marinelli, Alessio Miranda, Gino Pennetta, Iona Petrescu, Salvatore Pota, Angelo Prudentino, A. R., Gaetano Rossi, Antonio Tancredi, Luigi Tancredi, Danta Taranto.
L’UOMO DI FORMIA – Ad agosto 2016, le Fiamme Gialle di Formia sequestrarono due milioni di euro circa ritenuti nella disponibilità di Salvatore Ferrara, detto Sasà, oggi 51enne originario di Napoli ma da anni stabilmente residente a Formia.
L’uomo, a gennaio 2016, così come riportava una nota della Guardia di Finanza datata 2016, era finito in manette insieme ad altre dieci persone, di cui un altro residente a Formia e uno a Fondi, perché sospettato di essere parte di un’associazione a delinquere a carattere transnazionale volta a commettere una serie indeterminata di reati attraverso una rete illegale di gioco on line, aggirando, in tal modo, la normativa di settore e omettendo fraudolentemente il versamento dei tributi erariali per la concessione di gioco, al fine di realizzare plurime truffe ai danni dello Stato.
Il tutto con la compiacenza del “clan dei casalesi”, gruppi Michele Zagaria, Antonio Iovine e Francesco Schiavone a cui, secondo le indagini, gli associati, ma l’aggravante mafiosa scattò solo per colui che era ritenuto al vertice dell’organizzazione, versavano mensilmente una parte dei proventi dell’attività.
Senza escludere inoltre, così emerse dalle indagini della Procura di Roma titolare dell’inchiesta, collegamenti con la ‘ndrangheta e la consorteria dei Mazzaferro di Marina di Gioiosa Ionica. In totale i militari della Guardia di Finanza hanno sequestrato quattro unità immobiliari in uso al 45enne e alla sua famiglia, tutte dislocate a Formia: in via Olivetani, via Paone e via Madonna di Ponza. Inoltre, una moto e un’auto, conti correnti e quote in almeno tre società con sedi nella provincia di Latina.