FALDA NELLA DISCARICA DI MONTELLO, AL PROCESSO TUTTI D’ACCORDO: “L’INQUINAMENTO C’È DA DECENNI”

Riparte il processo che vede alla sbarra ex esponenti di Ecoambiente per l’inquinamento delle falde presso la Discarica di Borgo Montello

Non si è ancora concluso l’esame di Rodolfo Napoli, il professore (in pensione) di Ingegneria Chimico-Sanitaria dell’Università Parthenope di Napoli e consulente del pubblico ministero Giuseppe Miliano. Quest’oggi, 4 marzo, è iniziato il suo controesame sulla base delle domande che gli rivolgeva uno degli avvocati della difesa, Luigi Marino.

Il processo vede alla sbarra Bruno Landi, all’epoca dei fatti dirigente di Ecoambiente (gestore di parte degli invasi della discarica di Montello), e l’imprenditore Nicola Colucci. Ammessi come parti civili diversi cittadini che abitano di fronte alla discarica, tra cui la famiglia Piovesan (oggi in aula era presente Carla Piovesan), oltreché a Regione Lazio, Comune di Latina, Associazione Acqua Pulita, Legambiente e un comitato civico. Come noto, il terzo imputato, Vincenzo Rondoni, è deceduto.

Napoli, che è stato anche consulente ambientale della provincia di Caserta, ossia nella cosiddetta Terra dei Fuochi, spiega che il problema della discarica di Borgo Montello nasce da lontano, almeno dal 1970. Ha esaminato tutti i bacini della discarica, in particolar modo quelli di Ecoambiente, un tempo partecipata dal Comune di Latina, e oggi nelle mani del gruppo riconducibile a Manlio Cerroni. La società gestisce gli invasi S0, S1, S2 e S3 della discarica Borgo Montello

L’accusa contesta il reato permanente di “adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari”, vale a dire, in sostanza, l’inquinamento della falda che scorre sotto le aree gestite da Ecoambiente srl. Le indagini sulla falda millenaria di Borgo Montello sono iniziate nella prima decade degli anni Duemila, con un incidente probatorio risalente al 2007, per poi proseguire, tramite altri passaggi, al rinvio a giudizio dei coimputati nel 2014 con la prima udienza del processo fissata e svolta il 16 giugno del 2015.

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Il controesame del professor Napoli si è svolto sulla falsariga delle domande della difesa la cui tesi è chiara: non è Ecoambiente ad essere stata responsabile dell’inquinamento della falda nei bacini S0, S1, S2 e S3, in quanto i terreni erano inquinati già in precedenza – ad esempio sotto la gestione Capitolina – e, ad ogni modo, la medesima società provò con tutti i suoi mezzi, tecnici ed economici, a provvedere adempiendo a ciò che veniva sollevato dai vari enti pubblici, a cominciare dal Comune di Latina.

Ecco perché, nel corso del controesame, l’avvocato Marino ha tirato fuori un’ordinanza comunale risalente al 1998 che, in realtà, intimava all’allora gestore degli invasi (solo successivamente di Ecomabiente), ossia la società Capitolina, di apportare diversi lavori.

In tale ordinanza – la numero 22 del 22 maggio 1998 -, infatti, il Comune di Latina – Settore lavori Pubblici – Sezione ambiente e igiene del Territorio, disponeva diversi lavori da compiere. Esemplificativo l’oggetto dell’atto: “Siscariche dismesse S1, S2, S3 in località Borgo Montello interventi di bonifica ambientale e messa in sicurezza”.

“Visto il verbale del sopralluogo – si leggeva -, dal quale, constatata la fuoriuscita di percolato dalle vasche S0 ed S3 si evincono come indispensabili e di somma urgenza, presso i detti invasi, i seguenti interventi: immediato allontanamento del percolato presente nelle vasche fino alla misura che impedisca la tracimazione dello stesso; spillamento di idonea quantità del percolato dal corpo delle discariche in modo che siano mantenute in condizioni di sicurezza; riattivazione del sistema di smaltimento del biogas; stabilizzazione e ripristino delle sponde delle vasche di accumulo del percolato la cui stabilità risulta compromessa; stabilizzazione delle sponde delle discariche soggette a fenomeni erosivi previ studi specializzati appositamente predisposti”.

    E ancora: “vista la nota 13/05/1998 dello SDAR di Latina…gli interventi da eseguire nelle discariche dismesse S1, S2, S3 risultano essere: sagomatura e riprifilatura del corpo delle discariche fuori terra; dreno gas che eviti il ristagno del gas in alcune porzioni della discarica…nucleo drenante con un geotessile non tessuto separatore a filo continuo…con una sottile membrana … che contribuisca ad aumentare l’efficacia del pacchetto impermeabile con raccolta e smaltimento del biogas; gestione del sistema di smaltimento del biogas; un geocomposito bentonitico costituito da due geotessili accoppiati mediante colla…di bentonite iodica naturale impermeabile; delle acque meteoriche con raccolta e smaltimento delle stesse, realizzato con …nucleo drenante in polietilene ad alta densità accoppiato dai due lati geotessile non tessuto separatore e filtrante a filo continuo (con rivestimento esterno i.. non aggredibile chimicamente); con terreno di riporto livellato e rullato per uno spessore non inferiore a 80 cm; rivestimento di copertura antierosive costituito da una biostuola da poggiare … terreno di riporto sottostante; spillamento del percolato esistente nel corpo delle discariche fino alla quota di metri… al piano di campagna esistente; schema esecutivo del pacchetto“.

    Un documento fatto emergere dalla difesa per tentare di dimostrare che tutto era già inquinato prima dell’entrata in scena di Ecoambiente e che la stessa società, tramite la realizzazione di un polder da 1600 metri di circonferenza e una spesa di oltre 1 milione di euro, ha provato a sopperire alle mancanze dei gestori passati. Una tesi opposta a quella della Procura che, invece, addebita alla società il fatto che non ha adempiuto alla bonifica del sito.

    Che la discarica fosse già inquinata, tuttavia, non lo mette in dubbio neanche il consulente dell’accusa: “Il sito di via Monfalcone negli anni ’90 – ha detto il professor Napoli – fu incluso nei siti da bonificar e fu nominata una commissione voluta dal sindaco che portò avanti le indagini sul sito”. Indagini sulla qualità dei rifiuti e geognostiche. Il problema è che quanto realizzato da Ecoambiente non fu funzionale, secondo il consulente della Procura. La ealizzazione del polder – che il professore chiama “cilindrone” – da applicare ai rifiuti avrebbe dovuto contenere 100mila metri cubi di percolato. Un cilindrone che pur avendo una circonferenza imponente “non sarebbe a contenere tutto il percolato”.

    Successivamente il collaudo del polder, non solo fu realizzato con un quadro normativo cambiato, bensì dimostrò che quello strumento non avrebbe tenuto la quantità di rifiuti prodotti. Il consulente ha spiegato dell’operazione tardiva del collaudo del 2005-2008 dal quale si dimostrava il non funzionamento del polder.

    La difesa, comunque, ha insistito sull’inquinamento pregresso, come quando ha sollevato la circostanza, racchiusa in un altro verbale (anno 1FALDA INQUINATA A MONTELLO996), in cui si sarebbe dimostrato che dalle fauci della discarica fuoriusciva 1,5 litri al secondo di percolato (una quantità su cui il professore ha sollevato dubbi non essendo evidenti modalità di misurazione e temporalità) che, come ha specificato il consulente, finiva nel terreno per quantità imprecisate e che hanno incidenza inquinante per centinaia di anni.

    Ciò che è certo – come ribadito dal consulente – è che nei terreni c’è un concentrato di ferro assolutamente fuori norma e che la “la discarica, così come è, non funziona”. Il processo, rinviato al prossimo 7 ottobre, riprenderà con la conclusione delle domande al professore.

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