Riparte il processo che vede alla sbarra ex esponenti di Ecoambiente per l’inquinamento delle falde presso la Discarica di Borgo Montello
Udienza menomata quella di oggi, 14 maggio, per il processo che ha come oggetto l’inquinamento della falda nella discarica di Borgo Montello, con evidenti ripercussioni per tutti i cittadini dell’area. L’udienza, davanti al II collegio del Tribunale di Latina, è iniziata alle ore 17, dal momento che, in concomitanza con questo processo, ce ne era un altro per bancarotta che ha impiegato almeno un’ora per esaminare un testimone. Dopo che è iniziata l’udienza per Borgo Montello, il presidente del collegio, la giudice Coculo, ha fatto presente che, per disposizione del Tribunale, non si poteva andare oltre le 17,30.
La forte limitazione ha permesso solo all’avvocatessa Eiko Yamada, che difende la parte civile della Regione Lazio, di porre un paio di quesiti al professore Rodolfo Napoli, professore (in pensione) di Ingegneria Chimico-Sanitaria dell’Università Parthenope di Napoli e consulente del pubblico ministero Giuseppe Miliano. Oggi, infatti, avrebbe dovuto celebrarsi il contro-esame del professore, dopo che nella scorsa udienza, finalmente (in seguito a diversi rinvii), era stato interrogato dalla pubblica accusa.
L’avvocato Yamada ha chiesto al consulente dell’accusa le risultanze delle prove geotermiche e geo-elettriche sugli invasi (S0, S1,S2, S3) gestiti da Ecoambiente, la società al centro del processo. Ciò che è emerso è che sono assenti diversi dati sulle pareti lesionate e la loro riparazione: in soldoni, i dati forniti da Ecoambiente sarebbero carenti, il che lascia presupporre un buco sulla documentazione fornita e richiesti nel corso delle attività di riparazione delle pareti lesionate.
La difesa – gli avvocati Luigi e Gaetano Marino, e De Angelis – degli imputati – rimasti solo in due, considerato il decesso di Vincenzo Rondoni – non ha potuto fare domande, considerato l’orario, e il processo è stato rinviato al prossimo 8 ottobre, quando il professor Napoli sarà chiamato a tornare.
Ciò che sta emergendo, nelle pieghe del processo, è che dal 2009 in poi tutti gli atti autorizzatori rilasciati dalla Regione Lazio prevedevano l’obbligo di bonifica che mai si è verificata. Il processo, comunque, si gioca su un punto dirimente: dimostrare che Ecoambiente fosse consapevole che stava inquinando, altrimenti, come accade per molti procedimenti penali su reati ambientali, il fatto rischia di non costituire reato.
A marzo scorso, il professor Rodolfo Napoli, a dispetto dei suoi ottantuno anni, ha dimostrato grande lucidità e chiarezza espositiva in merito alla sua corposa relazione basata sugli studi effettuati nella discarica di Borgo Montello.
E il suo giudizio, dopo gli studi effettuati, è stato netto: la falda è inquinata da tempo immemore e non si può prevedere cosa succederà tra diversi anni quando, come ce ne fosse ancora bisogno, l’inquinamento presenterà il conto anche in termini di salute umana, coltivazioni e allevamento del bestiame. Anche perché – uno dei punti fondamentali della testimonianza – l’inquinamento della falda ha raggiunto il fiume Astura. Una sorta di flusso carsico di degrado ambientale che, secondo, il professore, andrà avanti per gli anni a venire.
Il dibattimento del processo, come noto, ha fatto fatica prendere vita, senza contare che il rinvio a giudizio per gli imputati è datato addirittura a dieci anni fa, era il 2014. Nel frattempo, ad agosto scorso, è morto uno dei tre imputati: Vincenzo Rondoni.
Il processo vede alla sbarra Bruno Landi, all’epoca dei fatti dirigente di Ecoambiente (gestore di parte degli invasi della discarica di Montello), e l’imprenditore Nicola Colucci. Ammessi come parti civili diversi cittadini che abitano di fronte alla discarica, tra cui la famiglia Piovesan (oggi in aula era presenta Carla Piovesan), oltreché a Regione Lazio, Comune di Latina, Associazione Acqua Pulita, Legambiente e un comitato civico.
L’accusa contesta il reato permanente di “adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari”, vale a dire, in sostanza, l’inquinamento della falda che scorre sotto le aree gestite da Ecoambiente srl. Le indagini sulla falda millenaria di Borgo Montello sono iniziate nella prima decade degli anni Duemila, con un incidente probatorio risalente al 2007, per poi proseguire, tramite altri passaggi, al rinvio a giudizio dei coimputati nel 2014 con la prima udienza del processo fissata e svolta il 16 giugno del 2015.
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Napoli, che è stato anche consulente ambientale della provincia di Caserta, ossia nella cosiddetta Terra dei Fuochi, spiega che il problema della discarica di Borgo Montello nasce da lontano, almeno dal 1970. Ha esaminato tutti i bacini della discarica, in particolar modo quelli di Ecoambiente, un tempo partecipata dal Comune di Latina, e oggi nelle mani del gruppo riconducibile a Manlio Cerroni. La società gestisce gli invasi S0, S1, S2 e S3 della discarica Borgo Montello, anche se nella testimonianza del professor Napoli S0 viene collocato come proprietà del Comune di Latina. Una sbavatura, l’unica, che non inficia per niente il racconto dell’esperto. Ad ogni modo, per il professore in S0, gestito da Ecoambiente e non dal Comune di Latina, si può parlare senza tentennamenti di sito “utilizzato senza nessun tipo di accorgimento, c’erano bidoni di carburante”.
Secondo il professore, la quantità dei rifiuti prevista nella discarica di Borgo Montello, praticamente sin da subito, è stata cambiata e maggiorata rispetto a quanto poteva contenerne. Un aspetto che è tra le cause del fatto che il percolato era di quantità rilevanti, per cui l’analisi tecnica ha dovuto stabilire quanto fosse impattante e vedere dove andava a finire.
“La discarica di Montello – ha spiegato lo scorso marzo l’ingegner Napoli che si è servito di una mole di dati impressionanti forniti dagli enti preposti come Arpa Lazio e Ispra e anche dalle due società che gestiscono gli invasi, Ecoambiente e Indeco – va considerata nel suo complesso. L’Ispra ha fatto emergere che l‘inquinamento della falda è concausa dell’inquinamento generale che raggiunge anche il fiume Astura. La discarica ha una produzione di inquinanti che prosegue e proseguirà nel tempo e che durerà per decenni“.
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