Era evaso dal carcere di Latina a giugno scorso, ora è imputato per maltrattamenti ai danni della compagna
Davanti al collegio del Tribunale di Latina, composto dai giudici Soana-Velardi-Coculo, a inizio mese, si era svolta la prima udienza che ha ripercorso l’ennesima storia di violenza di maltrattamenti e violenze nei confronti di una donna da parte di un uomo.
Sul banco degli imputati, difeso dall’avvocato Ferretti, un giovane di 22 anni, di nazionalità egiziana, Dahy Ehab Mahrous Abouelela, diventato noto qualche mese fa per essere fuggito dal carcere di Latina domenica 11 giugno e catturato da Squadra Mobille e Polizia Penitenziaria martedì 13 giugno alla fermata del Colosseo sulla Metro B capitolina.
È accusato di maltrattamenti e violenza sessuale ai danni della ex compagna. All’epoca dell’evasione dal carcere, il 22enne si trovava ristretto proprio perché era stato arrestato per questa circostanza (su di lui, per inciso, gravano precedenti anche per rapina e spaccio).
Oggi, in aula, è stato ascoltato un investigatore della Polizia di Stato per ricostruire le fasi dell’arresto di marzo quando la donna, 25 anni, vessata dal 22enne, al culmine dell’ennesimo litigio in un appartamento in Corso Matteotti, è stata pestata e dopo la violenza aveva chiesto aiuto a una vicina di casa di nazionalità ucraina. Erano stati chiamati i soccorsi e la donna era stata medicata all’ospedale per via di diverse ecchimosi riportate dopo essere stata picchiata.
Proprio la ex compagna dell’uomo è stata ascoltata oggi in Tribunale come testimone e denunciante del 22 enne, con cui ha avuto un bambino di 3 anni. Alla fine della sua testimonianza, interrogata dal Pm Marco Giancristofaro, la 25enne ha dichiarato di rimettere la sua querela nei confronti del giovane: “Per il bene del bambino”, ha detto la ragazza.
La giovane, però, prima, ha raccontato il giorno della violenza quando il 22enne Abouelela, dopo aver fatto sesso, la picchiò selvaggiamente: “Calci, pugni, mi tirò i capelli. Avevo la testa piena di bozzi e non riuscivo più a dormire per giorni. Mi lavai nella struttura messami a disposizione della Polizia perché ero sporca di sangue“.
La 25enne, di Roma, ha raccontato che il giorno in cui esplose la violenza – si era a marzo scorso – lei era venuta a Latina per fare visita a un’amica appena conosciuta. Successivamente, si vide con il 22enne che abitava in una casa insieme ad altri due amici. Dopo aver salutato gli altri abitanti della casa e lasciato con loro il figlio di 3 anni avuto insieme all’imputato, i due si sono recati nella camera del 22enne.
“Facemmo l’amore, subito dopo ha iniziato a picchiarmi. Mi insultava, all’inizio sembrava uno scherzo, poi mi ha rinfacciato di avere un altro compagno. Tutto è iniziato quando ha iniziato a toccarmi, facendomi male con le unghie nella parte dove avevo subito il cesareo. Poi la cosa è andata a peggiorare. Quando abbiamo finito di fare sesso, ha iniziato a inveire e picchiarmi: calci e pugni, avevo la testa tumefatta”.
Al che la ragazza è fuggita via: “Avevo paura e ho iniziato a citofonare a tutti i campanelli del palazzo. Mi ha aperto una signora gentile, ucraina, che stava lì insieme ai suoi figli. Dopo abbiamo chiamato la polizia”.
Peraltro, come è emerso anche oggi, il 22enne non solo pestò la ragazza, ma le avrebbe rubato anche il cellulare e un braccialetto che in passato le aveva regalato. Una ricostruzione, quella della ragazza, che è stata contestata in parte anche dal Pubblico Ministero, sopratutto sul punto della violenza sessuale: in sede di denuncia raccontata “Gli dicevo di fermarsi”, oggi, invece, negata: “Fu un rapporto consenziente”.
Il processo è stato rinviato al prossimo 24 novembre quando sarà ascoltata la donna ucraina che accolse in casa la 25enne e i testimoni della difesa.