Denigrazioni, offese omofobiche e intimidazioni: i due cittadini formiani perdono la causa contro i loro condomini
Una storiaccia che Latina Tu ha raccontato a più riprese sin dal 2019 quando è iniziata. La scenografia è quella di Formia, Penitro, alloggi popolari. Al tempo, Michele Castelli e Pasquale Galliano subiscono omofobie di vario genere tramite vandalismi vari da parte, essenzialmente, di una famiglia originaria di Giugliano (Napoli) destinatari di alloggio nelle case popolari Ater.
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Castelli e Galliano, che vivevano con la madre di uno dei due nello stesso appartamento (la donna, in seguito, è andata via in ragione del clima di odio), prima subiscono ma, in seguito, esasperati, iniziano a rendere pubblico lo stillicidio di cui l’insulto “Froci di merda”, esibito vocalmente e con scritte sui muri, è solo un esempio. A settembre 2020, la coppia scrive su Facebook: “È troppo forte l’esigenza di insultarci chiamandoci froci a tutte le ore, è troppo forte l’esigenza di molestare, di mettere in atto continui raid, adesso dopo gli escrementi, dopo la frutta marcia, dopo l’immondizia, dopo rami e vegetazione varie, dopo le pietre, dopo le uova, stasera siamo passati al lancio dei piatti verso il nostro ingresso“.
Qualche mese prima, a luglio 2020, si presenta, a casa dei due, l’allora sindaco di Formia Paola Villa che decide di portare la sua solidarietà alla coppia e far sentire l’amministrazione vicina. Successivamente, in seguito alle reiterate denunce di Galliano e Castelli inviate alla Legione dei Carabinieri di Formia, si scopre che la famiglia che perseguita la coppia avrebbe qualche problema con l’alloggio popolare di cui dispone.
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In seguito, i due coniugi campani, difesi dall’avvocato Luca Scipione, hanno intentato causa nei confronti di Galliano e Castelli, assistito dall’avvocato Pasquale Improta, perché si sono sentiti diffamati. In primis, Galliano e Castelli sono accusati di aver indebitamente recintato il giardino e chiuso una porzione di spazio comune, nonché di aver installato un sistema di videosorveglianza che ha inquadrato anche le pertinenze della loro abitazione, comportando la videoregistrazione dei loro spostamenti nel vano scala e nel cortile condominiale: tali fatti hanno dato luogo a ripetuti interventi delle forze dell’ordine e a reciproche querele.
Inoltre, i due coniugi lamentano di essere stati oggetto di una campagna diffamatoria organizzata da Galliano e Castelli, attraverso il social network Facebook, dove sarebbe stata creata una rubrica intitolata “Bollettino Omofobi”, diretta ad etichettarli come tali. La campagna diffamatoria avrebbe avuto ampia risonanza a livello locale, culminando nell’organizzazione di una fiaccolata di solidarietà in favore dei convenuti, svoltasi sotto l’abitazione degli attori, che si sono sentiti esposti al disprezzo della collettività.
Nel corso della causa, è stata chiamata a testimoniare anche l’ex sindaco Paola Villa che ha riferito di come la manifestazione si solidarietà contro l’omofobia ha sì solidarizzato a Penitro con Galliano e Castelli, mai però facendo i nomi dei due coniugi campani che si sono sentiti tirati in ballo.
Ecco perché il giudice del Tribunale di Cassino, Federico Eramo, ha ritenuto di rigettare la causa dei due coniugi. Secondo il giudice, infatti, “in alcun post emerge che sia stato pubblicato il nome degli attori e, con riguardo all’asserita esposizione al pubblico nella manifestazione che si è tenuta sotto la loro abitazione, la teste Paola Villa, allora sindaco della città di Formia, ha confermato che ci fu una manifestazione contro l’omofobia tenutasi in piazza, a Penitro, non sotto l’abitazione dei Consoli ma al centro della frazione di Penitro. Ella ha pure dichiarato di essere stata presente alla manifestazione e che, durante la manifestazione, non sono stati fatti i nomi degli attori: neanche lei, quale sindaco della città, non conosceva i relativi nomi, avendoli appresi solo successivamente dai Carabinieri”.
Sebbene, un altro testimone, compagno della figlia di uno dei due ricorrenti, ha invece riferito che nella manifestazione i ricorrenti furono additati come omofobi contraddicendo il Sindaco, il medesimo non ha fornito elementi specifici tanto che si è limitato a rispondere soltanto “sì”: “Ciò – motiva il giudice – non è sufficiente a fini della formazione di un convincimento da parte del Giudice perché si tratta di una risposta generica”.
È “attendibile la testimonianza della Villa per il ruolo istituzionale che ella svolgeva all’epoca dei fatti e anche perché ella non è coinvolta in alcun rapporto familiare con le parti in causa anche perché, con riferimento alla specifico episodio della manifestazione, ha fornito maggiori elementi di contorno che sono utile per una ricostruzione dei fatti”.
Il giudice, quindi, condanna i due coniugi al pagamento in favore di Pasquale Galliano e Michele Castelli delle spese che si quantificano in 3.809 euro per compensi professionali.