Spaccio di droga al quartiere popolare “Nicolosi” di Latina, è stata pronunciata la sentenza di secondo grado per i pusher coinvolti nell’operazione di Polizia
La Corte d’Appello ha ridotto le pene nei confronti dei cosiddetti pusher del Nicolosi condannati in primo grado, col rito abbreviato, a Latina, a dicembre del 2023. I giudici di secondo grado diminuito le pene, riqualificando il reato di spaccio in ipotesi lieve. 2 anni e 2 mesi sono stati inflitti ad Hacene Ounissi, 2 anni invece a Nourredine Hamza e Khaled Benabdallah.
A fine novembre 2023, era arrivato a sentenza, in primo grado, il processo che vedeva un solo imputato davanti al collegio del Tribunale di Latina, composto dai giudici Soana-Velardi-Coculo. Il processo era uno stralcio dell’operazione più complessa conclusa a dicembre 2022 dalla Polizia di Stato: per l’occasione al lavoro la Squadra Mobile di Latina e gli agenti undercover (sotto copertura) dello Sco, il Servizio Centrale Operativo.
Lo Sco, infatti, dal maggio all’ottobre 2021, mise a disposizione diversi agenti sotto copertura che vennero a Latina per compiere, con la Squadra Mobile, l’operazione anti-droga che portò a diversi arresti, in tutto 16: in carcere uomini di diversa nazionalità, soprattutto da Marocco, Tunisia e Algeria.
Uno di quei pusher, Nouri Lofti, peraltro reo confesso nell’aula di Tribunale, era stato condannato a 3 anni e 10 mesi, con 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Una condanna più lieve rispetto alla richiesta di 8 anni e 8 mesi formulata dal Pubblico Ministero Giuseppe Bontempo, che ha firmato anche l’inchiesta della Polizia.
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A dicembre 2023, invece, davanti al giudice per l’udienza preliminare, Pierpaolo Bortone, erano stati giudicati coloro che avevano scelto il rito abbreviato: in tutto dieci pusher assistiti dagli avvocati Alessandro Farau, Giovanni Codastefano, Valentina Sartori e Alessia Vita. Il Pm Bontempo aveva chiesto per loro, in totale, condanne per 54 anni e 4 mesi. Alla fine il verdetto del Gup Bortone è stato più morbido, con la pena massima per Rachid Harrada, ora ridotta in Appello a 2 anni.
A preoccupare gli inquirenti erano stati in special modo i luoghi dello spaccio frequentati dai pusher: lo spaccio all’interno del quartiere Nicolosi avveniva a pochissima distanza da tre scuole, tra cui una elementare e il liceo artistico “Buonarroti”. L’attività d’indagine, che aveva individuato 28 episodi di spaccio, si era sviluppata anche con l’ausilio di sistemi di videosorveglianza (nel corso dell’indagine sono stati installati quattro impianti per monitorare l’area compresa tra via Emanuele Filiberto, via Grassi, via Pasubio e via Marchiafava.), intercettazioni telefoniche e con l’importante contributo di alcuni poliziotti che avevano operato sotto copertura. La pervasività dello smercio di droga all’interno del quartiere, che si sviluppava anche nei pressi della chiesta Santa Maria Goretti e dei centri ricreativi, oltreché alla presenza di minori, aveva determinato il ricorso a non convenzionali tecniche d’investigazione.
A ricordarlo era stato il pubblico ministero Giuseppe Bontempo, che nelle due requisitorie rese sia per il rito ordinario di Lofti che per quello abbreviato, aveva voluto delineare tutto l’ambito nel quale erano maturati gli arresti dei pusher, accusati di aver messo in piedi una diffusa attività criminale di spaccio al dettaglio di cocaina, eroina e hashish per le strade del quartiere Nicolosi. Un luogo che per diversi periodi era stato sotto controllo prima del clan Travali e, poi, del clan Di Silvio, i quali avevano addomesticato i pusher nordafricani.
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Gli episodi dello spaccio avevano generato doglianze da parte dei cittadini e dei comitati di quartiere che lamentavano la presenza dilagante di spacciatori a ogni ora del giorno. C’era possibilità di trovare sostanze stupefacenti di tutti i tipi h24. Un sistema di controllo con tanto di vedette nel quadrilatero del quartiere, dove gli spacciatori prima venivano a contatto con i tossicodipendenti e poi recuperavano la droga occultata in cespugli e case. Un’area dove Il parco veniva utilizzato per spacciare e non per gli anziani, le famiglie e i bambini. Una vera e propria inquietudine (questo il termine utilizzato dagli inquirenti) aveva causato lo spaccio nei confronti dei cittadini che avevano presentato diversi esposti nel corso degli anni.
Sono stati immortalati episodi dalle telecamere installate dagli investigatori, in cui una mamma, insieme a un bambino, le si vedeva pararsi di fronte lo scambio di soldi e droga. Un sistema coordinato e scardinato dagli agenti sotto copertura dello Sco che si erano infiltrati recitando la parte dei tossicodipendenti. Un’attività che aveva portato ad arresti differiti nel tempo e a diversi sequestri di droga, per uno smercio che mediamente vedeva lo scambio di dosi da 30 e 70 euro.
“Il quartiere Nicolosi – aveva spiegato il Pm Bontempo – è stato utilizzato come strumento, fortino, base logistica in un sistema coordinato, compreso l’occultamento della droga“.
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