Accusata di aver abusata del figlio del suo ex compagno: concluso il processo a carico della donna di 34 anni
Si è concluso il processo a carico della donna di 34 anni accusata di violenza sessuale aggravata dalla minore età della vittima. L’ultima udienza si è svolta a porte chiuse.
Il III collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Mario La Rosa, a latere i giudici Clara Trapuzzano Molinario e Paolo Romano, ha emesso sentenza di condanna per la 34enne, K.C. (le sue iniziali), difesa dall’avvocato Giovanni Tripodi. Il pubblico ministero Giuseppe Miliano aveva chiesto, alla fine della sua requisitoria, la pena di 7 anni di reclusione, in quanto per il reato contestato è indifferente il consenso o meno della vittima. L’avvocato Tripodi, invece, aveva chiesto per l’imputata l’assoluzione in base ad alcune presunte incongruenze emerse nel corso dell’istruttoria.
Il Tribunale ha condannato la donna a risarcire i genitori del minorenne con 15mila euro, oltreché a comminare nei confronti dell’imputata l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici e l’interdizione a lavorare in scuole o strutture dove sono presenti minori.
Nella scorsa udienza di ottobre, a parlare per prima, era stata un assistente dei servizi sociali che era intervenuta nei riguardi della imputata a cui era stata tolta la potestà genitoriale del suo bambino in seguito alla separazione con il suo ex compagno. Era emerso che la donna stava seguendo un percorso di sostegno psicologico, decidendo anche di mettersi in protezione in quanto accusava l’ex di maltrattamenti. I servizi sociali furono chiamati in causa per comprendere la capacità della donna di poter crescere ed educare suo figlio.
Secondo l’accusa, la 34enne avrebbe abusato sessualmente del bambino di un successivo compagno. I genitori della vittima si sono costituiti parti civili difesi dall’avvocato Maria Belli.
La 34enne, originaria della provincia di Viterbo, come detto, è accusata di aver abusato del figlio dell’ex: un bambino che all’epoca dei fatti, avvenuti nel 2019, aveva 11 anni. A confessare il presunto abuso è stato proprio il ragazzino che, dopo essersi sentito male mentre era a scuola, aveva inviato un messaggio via Whatsapp alla madre raccontandole tutto. Successivamente, grazie all’aiuto di uno psicologo, il bambino aveva specificato meglio i due episodi in cui sarebbe stato vittima di atti sessuali avvenuti nel 2019: addirittura, secondo l’accusa, in tali circostanze, la 34enne avrebbe provato ad avere due rapporti sessuali completi con il minorenne.
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Dopo il racconto del bambino, l’ex Procuratore aggiunto di Latina, Carlo Lasperanza, e il sostituto, Martina Taglione, avevano aperto un fascicolo, coordinando le indagini della Squadra Mobile di Latina e iscrivendo nel registro degli indagati, a seguito della denuncia dei genitori del bambino, la donna con l’accusa di abusi sessuali sul minore. La 34enne è residente a Latina come il bambino e la sua famiglia.
In due circostanze, quando il bambino e la donna sarebbero rimasti soli, quest’ultima avrebbe approfittato di lui con avances sessuali, arrivando anche ad avere un rapporto quasi completo. Il bambino, dopo la denuncia, era stato ascoltato in modalità protetta per ricostruire nel dettaglio i due approcci sessuali. Due incidenti probatori, oltreché al consulente della Procura e al perito del giudice per le indagini preliminari che avevano asserito l’adeguatezza della capacità testimoniale del ragazzino che, oggi, è un adolescente ancora alle prese con un percorso psicologico.
Sia la madre che il padre del bambino sono stati chiamati in aula a ricostruire le fasi della sofferta vicenda. Il padre ha spiegato di avere avuto una relazione di circa un anno con l’imputata, periodo nel quale più volte il ragazzino era rimasto con loro a dormire e anche da solo con la donna: “Mi assentavo da casa, ma mai avrei immaginato ciò che è successo”. Una relazione tormentata la loro, condita anche da due denunce presentate dalla donna nei confronti del padre del ragazzino. Denunce che, come ha spiegato la stessa imputata, esaminata in Tribunale lo scorso marzo, sono state ritirate. Dopo la fine della relazione con la donna, il padre ha spiegato dia aver avvertito distacco emotivo del figlio.
La psicologa nominata dalla Procura aveva ribadito che il bambino non ha mai manifestato confusione o aspetti affabulatori, spiegando che l’incidente probatorio è stato congruo. Pur avendo patito sofferenza, il racconto fornito dal giovane sarebbe stato stato congruo. Nella testimonianza del perito, erano emersi i particolari più inquietanti, dal momento che la donna, rimasta sola col bambino di 11 anni, gli sarebbe salita addosso e lo avrebbe guidato per una penetrazione.
Una tesi completamente smontata dall’imputata, racchiuse in parole molto nette: “Sono solo menzogne”. “Il bambino – aveva detto la donna – rimaneva la notte, avevo con lui un rapporto normale”. La donna che ha due figli più piccoli, ha un vissuto problematico. Da ragazzina, l’imputata si è trovata in una casa famiglia e uno dei suoi bambini, a sua volta, si trova anche lui in una casa famiglia. L’altra bambina, invece, vive col padre.
“Ho appreso dei fatti che mi sono contestati quando sono stata interrogata in Procura nel 2022”. Ad ogni modo, la 34enne aveva negato tutto, anche di aver fatto con il bambino quei giochi che le contestano. Perché, allora, il bambino avrebbe raccontato delle violenze, come lo spiega?, aveva domandato il pubblico ministero. “Forse lo ha fatto per la sofferenza di suo padre nei miei confronti o perché lo avevo denunciato. Lo dovete chiedere a lui, al ragazzino, perché io non me lo spiego”.
Lo scorso 23 ottobre, oltreché all’assistente dei servizi sociali, era stata esaminata, chiamata dalla difesa, anche la dottoressa psicologa, responsabile di una unità operativa dell’Asl di Latina che ha preso in carico la 34enne, nelle more della conflittualità con il convivente dell’epoca (il compagno diverso da quello il cui bambino sarebbe stato abusato). La donna, nel 2018, si presentò spontaneamente nel centro di assistenza Asl, dopodiché rivenne l’anno dopo per qualche incontro. Passarono altri tre anni e, nel 2022, la 34enne si presentò per poi non tornare più.
Ad essere ascoltate come testimoni anche due volontarie del centro rifugio “Donna Lilith” che prende in carico donne non necessariamente in pericolo di violenza da parte del partner o altri soggetti. In sostanza, situazioni di violenza domestica.
La 34enne, come hanno riferito le testimoni, entrò nella struttura protetta come vittima di violenza ad agosto 2019, per uscire a marzo 2020. La donna era già seguita dal servizio sociale di Latina e, durante il percorso, raccontò del compagno accusato di maltrattarla. In realtà, il percorso si incentrò per rafforzare la sua autonomia, oltreché a trovare sostegno per uno dei due figli tanto che la donna aveva incontri protetti.
