Dirty Glass: Natan Altmoare, l’uomo considerato il braccio destro di Luciano Iannotta, non è più a gli arresti domiciliari
Il processo molto attesto scaturito dall’inchiesta della Squadra Mobile di Latina coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia presente l’ennesimo colpo di scena. I reati contestati sono diversi: in materia fiscale e tributaria, violazioni della legge fallimentare, estorsione aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni, falso, corruzione, riciclaggio, accesso abusivo a sistema informatico, rivelazioni di segreto d’ufficio, favoreggiamento reale, turbativa d’asta, sequestro di persona e detenzione e porto d’armi da fuoco.
Ancora prima di entrare nel vivo, la posizione di Altomare è stata stralciata e l’uomo sarà giudicato ad ottobre da solo. Non con i suoi coimputati quindi, la cui udienza presso il Tribunale di Latina è fissata il prossimo 1 luglio.
Altomare, dopo aver ottenuto i domiciliari per primo rispetto a tutti gli altri maggiori indagati, è stato definitivamente liberato anche da questa misura cautelare perché revocata dal giudice per le indagini preliminari Giorgia Castriota. È un uomo libero.
Il fisioterapista/manager/faccendiere, come nell’inchiesta Don’t Touch nella quale fu prima arrestato, poi liberato e poi nemmeno processato perché la sua posizione archiviata, non sederà sul banco degli imputato insieme a Iannotta, i fratelli Festa, Pasquale Pirolo, il factotum dell’imprenditore sonninese Luciano De Gregoris, i carabinieri Alessandro Sessa e Michele Carfora Lettieri, Franco Cifra, Pio Taiani e Thomas Iannotta.
Peraltro, l’uomo originario di Cori è, secondo la ricostruzione degli uomini della Mobile, con tanto di intercettazioni, risulta coinvolto in uno degli episodi più inquietanti (leggi link di seguito) di tutta l’inchiesta dell’Antimafia: un’intimidazione, persino con un pistola, insieme a Iannotta (anche lui ai domiciliari a Ceccano), Taiani e De Gregoris, nei confronti di un paio di soggetti che avrebbero provato a truffare l’imprenditore sonninese.
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Insomma, per un’inchiesta, i cui arresti sono stati effettuati lo scorso 16 settembre, e il cui processo ha già avuto un percorso tribolato – era fissato a Roma e dopo qualche udienza è stato trasferito a Latina perché il fatto più grave contestato, ossia un’estorsione mafiosa, è stato commesso nel capoluogo pontino – non sono mancate già le sorprese. E probabilmente dal dibattimento ne arriveranno altre.