La Regione Lazio ha annullato l’ammissione del Castello di Gianola nella lista degli 80 siti riconosciuti come “Dimore storiche” facenti parte della seconda edizione dell’omonima manifestazione di promozione, valorizzazione e visita prevista tra il 25 e il 28 aprile prossimi. La decisione è arrivata dopo la segnalazione del Comune di Formia e la pubblicazione di un nostro articolo nella giornata di ieri, circa le gravi e irrisolte violazioni ai numerosi vincoli insistenti nell’area e ovviamente all’ecosistema autoctono facente parte proprio di una zona protetta come la macchia mediterranea del parco regionale Riviera di Ulisse nel quale si trova il parco di Gianola.
Un’area nella quale pur sussistendo ben tre ordinanze di demolizione delle numerose opere abusive compiute, sottoscritte nell’ultimo decennio dallo stesso ente parco, dal Comune di Formia e in ultima battuta pure dal Tar nel 2018, l’attuale proprietà non provvede allo stato di ripristino dei luoghi e ha addirittura tentato di farsi riconoscere l’enorme abuso commesso come un presidio monumentale intatto e degno di promozione culturale. Sì ma quella dell’illegalità.
Ma l’aspetto ancor più inquietante, e imbarazzante, di tutta questa vicenda, è l’impreparazione e la sufficienza con la quale la Regione Lazio ha gestito e gestisce una grave manifestazione di illegalità, come non fosse affar suo, eppure, come abbiamo detto, tutto accade proprio dentro casa sua, ovvero in un parco regionale. Ci sarà, ci auguriamo noi, una corposa documentazione della vicenda amministrativa e giudiziaria che riguarda l’annosa controversia tra il privato, l’avvocato Orefice, e gli uffici competenti delle rispettive istituzioni coinvolte? Vale infatti la pena ricordare che la vicenda ha avuto inizio ben otto anni fa, ed ha visto il coinvolgimento del Comune di Formia e dei vigili urbani, dell’Ente Parco e dei suoi funzionari, della Provincia di Latina e della polizia provinciale, della Regione Lazio, della Soprintendenza per i beni archeologici e pure di quella ambientale, dei carabinieri e della polizia giudiziaria del Tribunale di Cassino, e di numerosi cittadini e dei loro esposti.
Non solo, ciò nonostante gli abusi sono proseguiti in spregio ai provvedimenti amministrativi e giudiziari, ma addirittura la Regione, come se niente fosse, riconosce l’ammissione al programma di promozione della Dimore Storiche, palesando una sostanziale superficialità, indifferenza e noncuranza del caso. Salvo poi fare dietrofront e comunicare ad Orefice – quasi con dispiacere diremmo noi – che il provvedimento di annullamento si basa su “una comunicazione del Comune di Formia del 17 aprile scorso che informa di rilevanti criticità”. Cosa? Il Comune di Formia informa? E la Regione che cosa ci sta a fare? Ma quella è oppure no un’area di proprietà e competenza regionale?
Ma vi è di più, perchè poi lo scrivente ufficio dell’Area valorizzazione del Patrimonio culturale scrive pure che gli elementi indicati (da altri) sono “potenzialmente idonei ove confermati e non ancora rimossi” in conflitto con le indicazioni dell’avviso pubblico al quale ha risposto Orefice e ovviamente allo spirito dell’iniziativa. Oltre che far fare una brutta figura – danno d’immagine la chiamano – alla Regione. Ma su quest’ultimo aspetto, il dietrofront dell’ultima ora davvero non è bastato a evitare la figuraccia.
Infine, ciliegina sulla torta, corre l’obbligo di precisare che l’annullamento dell’ammissione è solo temporanea, perchè i medesimi uffici danno infatti un termine di 30 giorni ad Orefice per produrre documentazione idonea a confutare le attuali risultanze e riesaminare il caso.