CREATIVITÀ AI TEMPI DEL CORONAVIRUS: L’OPPORTUNITÀ STORICA DI RINASCITA DELLA COMUNITÀ SANFELICIANA

San Felice Circeo oggi - foto tratta dalla pagina facebook "Le Foto Più Belle Di San Felice Circeo e dell'Agro Pontino"
San Felice Circeo - foto tratta dalla pagina facebook "Le Foto Più Belle Di San Felice Circeo e dell'Agro Pontino"

Pensavo di scrivere questo articolo in un contesto storico differente, ma poi ho realizzato che c’è e ci sarà tanto bisogno di creatività al tempo del Coronavirus, nel prossimo ed inevitabile futuro

Per creatività non intendo necessariamente la capacità di dipingere un quadro o prodigarsi in una qualsiasi attività artistica, quanto la capacità di creare usando la testa, dando spazio a tutto l’estro o inventiva di cui disponiamo, poca o tanta che sia. Questa capacità come tutte le cose va allenata, coltivata, cercata, e purtroppo non è un valore ritenuto prioritario nella nostra società contemporanea che tende piuttosto ad uniformare, appiattire e fare di tutto, più o meno consapevolmente, per ridimensionare la nostra immaginazione mettendoci su un binario unico, con destinazione unica. La creatività invece è un valore da riscoprire in tutto e tutti, perché ci spinge ad agire, a pensare come fare, tenendo in allenamento il ragionamento e la nostra vitalità. Oggi abbiamo un disperato bisogno di creatività, direttamente proporzionale alla complessità del mondo che ci circonda. Questo è il motivo che mi spinge a pensare che forse ora, proprio in un tempo così duro e difficile da sostenere, la creatività può essere lo strumento per far risorgere le nostre Comunità.

San Felice Circeo primi del '900 - foto tratta dalla pagina facebook "Circeo - Storia e Leggenda - Gruppo di Ricerca Circei"
San Felice Circeo primi del ‘900 – foto tratta dalla pagina facebook “Circeo – Storia e Leggenda – Gruppo di Ricerca Circei”

In questo caso focalizzo l’attenzione sul paese in cui sono cresciuto e in cui vivo attualmente, San Felice Circeo, ma che può ben rappresentare molte realtà del litorale pontino e non solo. Ad oggi San Felice vive in un torpore senza precedenti, in una profonda crisi di tipo sociale, culturale ed economica, elementi che sono tra loro fortemente correlati e si influenzano reciprocamente. Le possibili cause che hanno portato a questo logoramento delle condizioni di vita di uno dei paesi più belli del litorale, le ritroviamo nell’analisi storica degli ultimi settanta anni, dal Dopoguerra ad oggi.

Nei primi decenni del ‘900, San Felice Circeo era essenzialmente un paese rurale, concentrato nel suo centro storico in una dimensione prevalentemente contadina e piuttosto modesta. Si viveva in pochi metri l’uno dall’altro e ci si riconosceva in un’identità comune, si condividevano gli stessi spazi e si aveva un concetto completamente diverso rispetto ad oggi di vicinanza, di socialità, di relazioni. Se non altro perché non c’erano cancelli o muretti che dividevano una casa dall’altra, una famiglia dall’altra, si viveva a stretto contatto in modo naturale. Ci si vedeva nella stessa piazza, nello stesso bar, nelle stesse botteghe. Poi accadde che nel momento della rinascita economica e sociale dell’Italia intera, un luogo così bello, arroccato su un Promontorio meraviglioso, iniziò ad essere scoperto come luogo di villeggiatura incontaminato, avviando un processo di radicale cambiamento socio-culturale-economico nel giro di pochi anni.

Le primissime residenze estive di vacanza furono costruite negli anni ’30, alcune nei punti più suggestivi di San Felice Circeo come Quarto Caldo, tra cui posso ricordare la villa del grande architetto, scenografo e urbanista Antonio Valente, a cui è dedicata la piazza del Faro, e quella del cugino esploratore e giornalista Godwin Spani, entrambe a Via del Faro in prossimità della Grotta delle Capre, risalenti la prima al 1937, la seconda al 1939. Tuttavia erano ancora poche, e legate ai primi visionari che riconobbero nel Circeo, e in certe località fino ad allora desolate come Quarto Caldo, un luogo di rara bellezza da cui essere travolti e ammaliati, rinnovando il mito di Circe.

In quegli anni, e precisamente nel 1938, Italo Gemini acquistò il terreno con annesso un vecchio casino di caccia per costruirci la sua residenza estiva dopo essersi innamorato di San Felice pochi anni prima, in una breve visita nelle terre bonificate dell’Agro Pontino. Fondatore e presidente dell’Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo), importante riferimento per la fiorente industria dello spettacolo e stretto collaboratore dello stato nella legislazione sul cinema e teatro, a cui contribuì attivamente, fu senza dubbio una delle persone più influenti nella storia recente di San Felice Circeo, il cui segno evidente nel paese lo riconosciamo tuttora. Nel 1955 si candidò a Sindaco per la Democrazia Cristiana e vinse, ricoprendo questa carica fino al 1962 quando fu costretto a dimettersi in seguito alla bocciatura del suo piano regolatore. Questo fu un momento storico cruciale per lo sviluppo e il destino di San Felice Circeo, così come furono rilevanti i 7 anni della sua permanenza come Sindaco. In quegli anni Gemini realizzò la sua personale visione moderna di un paese a quei tempi poco sviluppato nei suoi servizi essenziali, dotandolo di acquedotto, scuole, fognature, strade, cimitero, porto ecc.

Anna Magnani nella sua villa a Quarto Caldo - foto tratta dalla pagina facebook "Le Foto Più Belle Di San Felice Circeo e dell'Agro Pontino"
Anna Magnani nella sua villa a Quarto Caldo – foto tratta dalla pagina facebook “Le Foto Più Belle Di San Felice Circeo e dell’Agro Pontino”

Allo stesso modo, essendo una delle persone più influenti nel settore del Cinema Italiano di allora, apprezzato in tutto il mondo, fu uno degli sponsor più attivi del Circeo che vide in quegli anni l’arrivo di un turismo d’élite, fatto di divi del cinema che decisero di costruire su questo magnifico Promontorio le proprie ville, tra cui basti citare Anna Magnani, Alberto Lupo, Vittorio Gassman. Era il tempo dell’Architetto Busiri Vici e del suo personalissimo stile poi definito “Architettura Mediterranea“, in cui prevalevano forme organiche, colori chiari, e l’immancabile verde delle cancellate noto come verde Busiri. Era usuale incontrare celebrità a passeggio nelle vie del paese come Anthony Quinn, Anita Ekberg, Pierpaolo Pasolini. Questo diede impulso alla nascita di un certo tipo di strutture ricettive, ristoranti, negozi e attività commerciali che erano coerenti con quel progetto, con la sua estetica e lo standard piuttosto elevato d quello che divenne uno dei luoghi di vacanza più famosi d’Italia.

Artigiani, imprenditori, operai, furono attratti dall’espansione che viveva allora il paese, e si trasferirono a San Felice, arricchendo per forza di cose la sua dimensione culturale. Per quanto si possano condividere o meno alcune conseguenze del progetto di sviluppo di Italo Gemini, come la lottizzazione della parte più bella del Promontorio e del Lungomare del Circeo in un’insieme di residenze private, è indiscutibile che dietro quella visione c’era un alto senso dell’estetica e dell’urbanistica, espressione di un processo creativo più ampio che ha radicalmente cambiato il volto di un paese. Basti pensare al valore delle Scuole costruite in quegli anni, e in particolare al plesso di riferimento del centro storico, da cui si vede il mare da ogni punto dell’istituto, un elemento di rara bellezza che ha plasmato nel momento cruciale della crescita generazioni di sanfeliciani fino ad oggi, tra cui la mia.

Spiaggia di San Felice Circeo negli anni '60 - foto tratta dalla pagina facebook "Circeo - Storia e Leggenda - Gruppo di Ricerca Circei"
Spiaggia di San Felice Circeo negli anni ’60 – foto tratta dalla pagina facebook “Circeo – Storia e Leggenda – Gruppo di Ricerca Circei”

È innegabile che nell’approccio di Italo Gemini sia evidente una visione del Circeo ben definita in un’idea di evoluzione socio-economica di lungo periodo, con ricadute oggettivamente significative sulla collettività sanfeliciana che poteva prefigurare scenari futuri migliori di quelli che si innescarono subito dopo. La fase che possiamo definire “dopo Gemini”, nacque da un sentimento di contrasto a quella visione personale da parte di quei sanfeliciani piuttosto interessati ad assumere il pieno controllo di quella che allora poteva sembrare la gallina dalle uova d’oro: il Circeo.

La differenza tra il prima e il dopo Gemini è la totale mancanza di una visione, di un concreto progetto di sviluppo, condizione che si è protratta a lungo fino ad oggi. Dopo che Gemini fu costretto a dimettersi a causa della bocciatura del suo piano regolatore, non ci fu modo di metterne a punto uno alternativo fino a quando, scaduti i termini, fu redatto dalla Regione Lazio, e mai attuato dall’amministrazione di San Felice. Dagli inizi degli anni ’70 iniziò un periodo di grande speculazione edilizia con strumenti urbanistici quantomeno discutibili, che diedero vita a palazzi formicaio e una pletora di residence con appartamenti e ville una sopra all’altra, dove la quantità aveva sopraffatto la qualità delle costruzioni.
Nella stessa Quarto Caldo fu avviata una deregulation che portò al rilascio di licenze edillizie “facili” avviando la costruzione di alcuni scempi, poi interrotta dalla magistratura, i cui scheletri di cemento ancora oggi ci ricordano come totem i tempi del “sacco del Circeo”, che si è consumato negli anni ’70.
Parallelamente alla costruzione di case e ville secondo procedimenti “legali”, dilagò il flagello dell’abusivismo nella parte pianeggiante del paese. Due processi paralleli che hanno irrimediabilmente cambiato l’aspetto non solo estetico del nostro paese. Costruire case per poi venderle o affittarle, era di fatto uno degli affari più redditizi nel pieno boom del turismo di massa che si sviluppò rapidamente dalla seconda metà degli anni ’70 fino alla fine degli anni ’90, procurando benessere e ricchezza ai sanfeliciani.

L’espansione economica e turistica di un dato territorio non è di per sé condannabile, quanto lo sono le modalità con cui è messa in atto e le conseguenze sulla collettività. Da allora, a fronte di una  ricchezza piuttosto facile e improvvisa, che ha giustamente aumentato il benessere dei sanfeliciani, abbiamo assistito all’impoverimento culturale del paese e alla progressiva e inesorabile disgregazione della sua comunità. Dapprima riuniti in un centro storico, a stretto contatto gli uni con gli altri, secondo i valori semplici ma solidali e vitali di una società contadina, per poi disgregarsi nella parte nuova del paese, lontani gli uni dagli altri, e animati spesso da ambizioni economiche personalistiche che talvolta degenerano in una totale mancanza di valori comuni e condivisi.
Badate bene, lo spopolamento dei centri storici è un meccanismo per certi versi comprensibile, così come lo è la crescita economica di una data popolazione, ma le modalità con cui avvengono questi processi ne determina gli effetti. Nella società e nelle istituzioni sanfeliciane non si è fatto nulla per creare degli anticorpi agli effetti collaterali di questo rapido sviluppo. È mancato l’investimento sulla scuola, sull’educazione, sullo sport, sulla cultura, sulla formazione, e tutto ciò che porta la gente a confrontarsi, a crescere, a conoscersi, a condividere beni e servizi, creando argini contro la diffidenza, l’ignoranza, l’incapacità di relazionarsi ai cambiamenti, a protezione dei  valori sani di una comunità.

Albergo Maga Circe negli anni '60 - foto tratta dalla pagina facebook "Circeo - Storia e Leggenda - Gruppo di Ricerca Circei"
Albergo Maga Circe negli anni ’60 – foto tratta dalla pagina facebook “Circeo – Storia e Leggenda – Gruppo di Ricerca Circei”

Nella totale mancanza di consapevolezza di quel processo storico e nell’incapacità di governarlo nel lungo periodo, ci si è ritrovati oggi in un paese profondamente deteriorato culturalmente ed economicamente, dove il benessere di un tempo ha iniziato a cedere il passo per motivi sia di natura interna che esterna.
Negli anni ’60 e per alcuni decenni a venire, la ricettività sanfeliciana è stata competitiva con altri luoghi di vacanza. Oggi, in un mondo globalizzato e complesso, San Felice non è più competitiva né attrattiva come allora, e gli standard qualitativi dei beni e servizi offerti sono spesso di gran lunga sotto la media. La qualità della vita di oggi su questo Promontorio si basa fortemente sulle bellezze naturalistiche di cui godiamo in un certo senso da privilegiati, ma che tuttavia non possono colmare il vuoto di altri servizi essenziali totalmente mancanti per la collettività.

Oggi, in un tempo in cui tutte le nostre certezze sono venute a mancare a causa di una pandemia, abbiamo la grande opportunità di riscoprire il senso della Comunità, l’importanza e la necessità di essere solidali e pensare non solo a noi stessi ma anche al prossimo vicino a noi. In un senso diffuso di smarrimento, è significativa l’immagine del nostro centro storico più deserto che mai, ma non troppo distante dalla sua quotidianità nei mesi invernali, pieno di porte e finestre chiuse, barricato in se stesso. Nella sua desolazione è e rimane sempre un punto di riferimento imponente e inalienabile per noi sanfeliciani, e potrebbe in un prossimo futuro riscoprire la sua funzione vitale di piazza attorno alla quale una comunità ricomincia a uscire di casa e a ritrovarsi nella sua memoria storica. Immagino un centro storico che riapre porte e finestre, una scuola che si amplia ad innumerevoli nuove attività piuttosto che chiudersi per sempre, una serie di botteghe in cui si riscoprono arti e mestieri nella loro attuale dimensione innovativa. Immagino tutto questo e non ho più paura perché mi ritrovo in quelle strade e in quei vicoli con i miei compagni a comprare 200 lire di pizza rossa da Pennellone prima di andare a scuola…

Questo è il tempo della creatività che soppianta la paura, il tempo in cui per la prima volta si riscopre l’immenso valore del capitale umano al di fuori dei cerchi magici, il tempo per immaginarci operosi e vitali tutti insieme nella nostra montagna, nel nostro mare e nelle nostre campagne, ricordando ciò che eravamo e che non siamo più, e immaginando per la prima volta quello che potremmo essere.

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