Covid al Goretti di Latina: risultati positivi ai tamponi due medici dell’Ospedale Civile del capoluogo, si tratta di due donne
Qualche giorno fa, la positività di un infermiere: controlli a tappeto, tamponi e fortunatamente tutti negativi. Due giorni fa, però, la paura Covid è tornata tra gli operatori sanitari del Goretti di Latina. Positive al tampone una dottoressa del Reparto di Malattie Infettive e un’anestesista.
Fatti che se non allarmano, quantomeno preoccupano soprattutto alla luce di quanto verificatosi ieri anche in un’altra struttura sanitaria della provincia, la Clinica “Città di Aprilia”, chiusa al pubblico dall’Asl dopo 4 contagi tra medici e operatori.
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Al Santa Maria Goretti, ormai, i ricoverati per Covid hanno un’età media pericolosamente vicina a quella in epoca lockdown quando il nosocomio pontino fu trasformato dalla Regione Lazio in Centro Covid. Nessun più posto letto è disponibile nel reparto Malattie infettive e i nuovi ricoverati Covid sono stati disposti nell’area riservata del Pronto Soccorso.
Se siamo alla seconda ondata o meno non è molto importante stabilirlo. Un dato oggettivo è che la provincia di Latina (solo ieri un avvocato di Cisterna è stato trasferito dal Goretti allo Spallanzani in pessime condizioni) è diventata un caso per la Regione Lazio. L’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato, da tre giorni, nell’usuale commento al bollettino sanitario ripete che “preoccupa il territorio dell’Asl di Latina“. Basti pensare che, esclusa Roma che fa caso a sé (è una metropoli, con un hinterland estesissimo, e i contagi non posso che essere più numerosi), la provincia di Latina ieri registrava 49 nuovi contagiati. Il totale delle altre tre province del Lazio era di 11 nuovi contagiati (di cui 8 a Viterbo). Sono numeri che dovrebbero far drizzare le antenne ad autorità territoriali e amministratori dei Comuni ma, a giudicare dall’ultimo vertice in Prefettura, e dai controlli blandi disposti dagli Enti locali su mascherine e assembramenti (di multe elevate nel capoluogo non vi è traccia) siamo ancora in una fase di “aspettando Godot“. Solo che, nel nostro caso, il personaggio di Beckett si presenta ogni giorno in forma di virus e non ha nulla del teatro dell’assurdo reso immortale dal grande scrittore irlandese. È qualcosa di molto concreto, al netto di negazionisti e dei tentativi di sopire e troncare ogni voce fuori dal coro.