A Napoli, all’Istituto di Biostrutture e Bioimmagini del CNR, studiamo la proteina che il coronavirus usa per entrare nelle cellule: tra di loro il bio-tecnologo pontino Flavia Squeglia
La ricercatrice Rita Berisio guida il gruppo di ricerca dell’IBB composto oltreché dalla scienziata pontina anche dall’altro biotecnologo, la beneventana Maria Romano, dal chimico salernitano Alessia Ruggiero e dal biochimico portoghese Miguel Moreira.
Spiega la dottoressa Berisio che per trovare una soluzione all’epidemia “attualmente la comunità scientifica procede su due strade parallele: una è quella di effettuare test clinici per sperimentare se farmaci che funzionano per altri virus sortiscono un effetto terapeutico anche contro il Covid-19, l’altra quella di studiare i meccanismi cruciali per il ciclo vitale del virus o per la sua infettività e cercare di bloccarli”.
È emerso, infatti, come riportato dalle agenzie di stampa con cui la ricercatrice Berisio ha parlato, che il virus utilizza una proteina, detta “spike”, per ancorarsi a un recettore umano detto ACE2 con avidità circa 10-20 volte maggiore. “Uno dei nostri progetti in corso – racconta Berisio, 20 anni di esperienza anche con ricercatori di fama mondiale, come Ada Yonath, Nobel per la Chimica 2009 – è volto allo sviluppo di molecole che inibiscano l’interazione della proteina “spike” con il recettore umano, allo scopo di limitare al massimo la facile trasmissione di questo virus, che è il vero grande problema della sua elevata diffusione”. Le spike (punte o spine) funzionano come minuscoli grimaldelli che permettono al coronavirus di scardinare le porte d’ingresso delle cellule del sistema respiratorio umano per penetrare al loro interno e moltiplicarsi. Bloccarle significa disarmare il virus.
Identificare i responsabili molecolari dell’infettività e della patogenicità del coronavirus, capire con quali meccanismi agiscono e progettare quindi una possibile risposta vaccinale o farmacologica, è il lavoro che si sta svolgendo a ritmo serrato da oltre un mese nei laboratori dell’IBB del CNR, diretto da Marcello Mancini, che ha tra le sue missioni principali lo sviluppo di biomolecole con azione diagnostica e terapeutica per la salute dell’uomo. “Il Covid-19 è un virus molto infettivo se confrontato con altri Coronavirus ed è per questo che è necessario tenere alta l’allerta, basti pensare che in poco più di due mesi ci sono stati, ad oggi, quasi centomila contagi nel mondo – spiega all’Ansa – e per il nostro gruppo di lavoro il primo obiettivo di questa ricerca è quello di identificare i responsabili molecolari della infettività ed il loro meccanismi di azione”.