Estorsione, violenza privata, minacce, percosse, indebito utilizzo di carte di credito e truffa: pene pesanti a carico dei due imputati
Il II collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Elena Nadile, ha condannato entrambi gli imputati, Barbara Soster e Angelo De Petris, alla pena di 10 anni di reclusione. Una lunga camera di consiglio che si è protratta per circa due ore e mezza, dopo che il pubblico ministero Valentina Giammaria aveva chiesto per tutti e due gli imputati 10 anni ciascuno. Soster, difeso dall’avvocato Stefano Caroti, e De Petris, assistito dall’avvocato Maria Antonietta Cestra, dovevano rispondere, a vario titolo, di estorsione, violenza privata, minacce, percosse, indebito utilizzo di carte di credito e di pagamento e truffa continuata in concorso.
Nel corso dell’arringa difensiva, l’avvocato Cestra ha tentato di scardinare le accuse, facendo riferimento anche alla sua richiesta di una perizia psichiatrica per il suo assistito, Angelo De Petris, definito come un giovane sotto scacco dell’altra imputata, Barbara Soster. L’istanza di perizia psichiatrica, però, è stata respinta. Scontato l’Appello da parte degli avvocati che impugneranno la sentenza emessa.
A novembre 2021, i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Latina, all’esito di articolata attività di indagine, su disposizione del sostituto procuratore Valentina Giammaria, che ha firmato l’indagine, coordinata dal Procuratore della Repubblica Giuseppe De Falco, avevano tratto in arresto sia la 54enne Barbara Soster che il 34enne Angelo De Petris. I fatti sono avvenuti, per lo più, a Latina e Roma.
Secondo gli inquirenti, le investigazioni avevano permesso di accertare come l’uomo e la donna avevano sfruttato il periodo di particolare vulnerabilità e fragilità della vittima, una donna di Latina. Il momento difficile della donna era stata causato da un incidente stradale che aveva ingenerato nella stessa la convinzione che la Soster fosse una veggente in grado di parlare con gli angeli. Soster, infatti, avrebbe fatto credere alla vittima che sarebbe finita in galera perché la controparte del sinistro non avrebbe firmato il Cid. Inoltre, la vittima stava vivendo la separazione dal marito, evento la rendenva particolarmente fragile.
I due imputati, secondo l’accusa, hanno convinto la vittima a consegnare loro dapprima la somma contante di 900 euro per la compilazione del modello di constatazione amichevole a seguito di sinistro. Inoltre, prima raggirandola, e successivamente tramite vere e proprie minacce, destinate, oltre che alla donna, i due avrebbe intascato anche dai suoi familiari,somme di denaro via via crescenti, ammontanti a circa 4500 euro.
Il culmine si è raggiunto quando la donna ha consegnato agli imputati una carta Postepay intestata a lei stessa, con la quale sono stati operati movimenti non autorizzati per un ammontare di circa 650 euro spesi in 12 giorni.
Violenze nei confronti dei propri familiari, nei confronti dei quali la stessa vittima si è mostrata reticente fino all’ultimo, al punto di meditare di compiere gesti estremi pur di non rivelare loro la verità dei fatti e delle minacce ricevute: “Comportati bene, noi l’altra gente la squartiamo”, le avrebbero detto i due arrestati al fine di convincere la donna a consegnare, in una delle diverse occasioni, delle somme di danaro, oppure prospettando l’ipotesi che, a causa dei mancati pagamenti, la donna sarebbe andata in carcere e che quindi potesse veder revocata la potestà genitoriale.
In più di un’occasione, sia Soster che De Petris avrebbero minacciato la donna. In particolare, De Petris, spiegandole, di possedere due pistole e che se non avesse assolto alle sue richiesta, avrebbe scaricato i colpi sul marito. E ancora: “Dato che vuoi fare la stronza adesso ti faccio vedere chi sono, ogni settimana vengo a prendermi i soldi”; oppure, rivolto al marito, “Ti sparo, ti ammazzo, ti vengo a cercare“, sferrandogli una testata.
A nulla è valso il tentativo dei due imputati di eliminare le tracce dei contatti avuti con la vittima, cancellando quindi le conversazioni avvenute sui social network ed eliminando altresì profili Whatsapp ed i propri contatti dai numeri salvati in rubrica. Le investigazioni dei militari dell’Arma hanno permesso di venire a conoscenza di tutte le condotte delittuose poste in essere dagli arrestati che hanno permesso dapprima di interrompere questa spirale di minacce e violenza, e finalmente di donare nuovamente serenità alla vittima.