Da più di tre anni nella zona di Borgo Sabotino molto prossima alla ex centrale nucleare di Latina è vigente il divieto di utilizzo dell’acqua emunta dai pozzi. Eppure, di questa storia dell’ennesima falda idrica contaminata, non se n’è saputo più niente.
Brevemente, pare che nel perimetro della centrale nucleare che sorge proprio nell’area di quello che fu Passo Genovese sia stato seppellito del materiale inquinante che nel degradarsi abbia contaminato i giacimenti idrici millenari che si trovavano in maniera perpendicolare sotto a questi interramenti. La sostanza di cui si parla è il cloruro di vinile, composto organico clorurato ritenuto cancerogeno dalle autorità sanitarie, anche se alcune interpretazioni scientifiche mettono in dubbio che sia proprio il cloruro di vinile a cagionare gli inquinamenti di falda, pure se è quella la sostanza ad esser stata rilevata in maniera anomala nei monitoraggi.
Una vicenda simile, di interramenti di rifiuti industriali, si è verificata in Toscana, vicino Pistoia, dove una falda è stata contaminata anch’essa con cloruro di vinile. La differenza con il caso di Borgo Sabotino è lampante, avendo l’Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana) preso una posizione netta, concludendo addirittura un comunicato pubblico sul proprio sito con queste parole: “Gli enti locali interessati, la ASL e la magistratura sono già state dettagliatamente informate delle nostre analisi e valutazioni“.
IL CASO: ARPAT E CLORURO DI VINILE NEL PISTOIESE
La notizia risale al 15 maggio del 2019, quando l’ARPAT toscana comunica gli esiti del monitoraggio ambientale relativo alle acque sotterranee in una zona nel pistoiese in cui già negli anni precedenti si erano verificati frequenti superamenti delle CSC (concentrazioni di soglia di contaminazione) da cloruro di vinile e dicloroetilene.
Questa contaminazione viene costantemente tenuta sotto controllo e le evidenze sono rese pubbliche di volta in volta. Sul sito dell’ARPAT, inoltre, è presente addirittura una planimetria con i localizzatori dei pozzi utilizzati per i campionamenti, affiancati dai dati relativi alle concentrazioni.
In questo modo è visivamente molto semplice capire quale sia la zona da cui si propaga la contaminazione da cloruro di vinile. “Poiché i risultati analitici delle campagne di campionamento hanno evidenziato che la contaminazione da CV e DCE ha interessato anche alcuni dei pozzi circostanti, è stato deciso di continuare i campionamenti, anche con il contributo della USL, fino all’individuazione di un perimetro che potesse delimitare l’estensione della contaminazione della falda”. Quindi l’ARPAT ha agito di sua sponte, coadiuvato dalla sanità locale, per dare un’idea precisa ed ufficiale della portata della contaminazione da cloruro di vinile.
ARPA LAZIO E LA CONTAMINAZIONE LATINENSE DA CLORURO DI VINILE
Della contaminazione da cloruro di vinile nella zona di Borgo Sabotino limitrofa alla ex centrale nucleare si sa ben poco, anzi le informazioni più dettagliate si apprendono da un articolo scritto a quattro mani dall’attuale Assessore all’ambiente del Comune di Latina, Roberto Lessio, insieme al giornalista pontino Marco Omizzolo. Pubblicato su Il Manifesto il 13 agosto 2014, l’articolo intitolato “Il Borgo dei rifiuti” parte dai ritrovamenti rifiuti abusivi nel perimetro del sito ora gestito dalla Sogin, la società ministeriale deputata al decommissioning delle strutture nucleari italiane, noti dal 2004 grazie a delle inchieste portate avanti da Il Caffè di Latina, giornale cartaceo e online, che ha seguito la vicenda degli interramenti e della contaminazione da cloruro di vinile fino ai primi mesi del 2016.
“Ben nove pozzi su dieci presenti nel sito sono risultati contaminati da cloruro di vinile con valori da due a venti volte superiori a quelli fissati per legge; vale a dire 10,1 microgrammi per litro, al posto dei previsti 0,5. Valori così alti non possono dipendere da un incidente o da una contaminazione casuale“, così scriveva Lessio nel reportage intitolato “Il Borgo dei rifiuti”.
L’unico atto pubblico prodotto dal Comune di Latina sulla vicenda risale al 26 febbraio 2016, un’Ordinanza del Servizio Ambiente Igiene e Sanità di cui, però, non c’è copia nell’Albo Pretorio online del quale è possibile recuperarne un’immagine parziale pubblicata da Il Caffè il 29 febbraio 2016.
Un documento illeggibile al quale è seguita una nota stampa del Comune che ne riprende il contenuto nella quale si spiega a grandi linee la vicenda del cloruro di vinile a Borgo Sabotino, senza entrare nel merito della questione e senza rimandi a dati o ai rilevamenti frutto delle precedenti e fantomatiche (fino a prova contraria) campagne di monitoraggio.
Un aggiornamento lo offre Il Messaggero, il quale il 2 agosto 2016 riporta gli esiti del dialogo tra la nuova amministrazione targata Coletta e la Sogin. La società per il decommissioning potrebbe non fornire materiale utile alla comprensione del fenomeno perché pare che abbia la facoltà di coprire alcune informazioni (supervisionate comunque dall’Ispra) con il segreto istituzionale dovuto a ragioni relative alla sicurezza nazionale, e ovviamente questo vale per i dati collezionati all’interno del perimetro della ex centrale. Al contrario, i dati relativi ai monitoraggi portati avanti al di fuori del perimetro della Sogin dovrebbero essere competenza dell’Arpa Lazio, quindi non coperti da segreto istituzionale.
Per circoscrivere l’area borghigiana contaminata e mettere questa definizione spaziale ad uso e consumo dei cittadini, è possibile solo fare riferimento alle poche informazioni ufficiose che si leggono sugli articoli dell’epoca che menzionano il Comprensorio Santa Rosa e Strada del Bottero, dove pare si siano riscontrate le contaminazioni più importanti da cloruro di vinile al di fuori della perimetrazione della ex centrale.
L’INQUINANTE POTREBBE NON ESSERE CLORURO DI VINILE
Nel comunicato dell’ARPAT toscana del maggio di quest’anno viene data un’informazione in merito agli inquinanti che non cambia la sostanza della vicenda che, però, dona una percezione diversa: “Dai dati emersi dall’indagine conoscitiva si può ipotizzare che l’attuale contaminazione derivi dalla degradazione di inquinanti primari costituiti da organoalogenati, quali percloroetilene (PCE) e/o tricloroetilene (TCE), sostanze comunemente utilizzate nell’industria tessile e metalmeccanica, al contrario del cloruro di vinile monomero e dicloroetilene che hanno invece impieghi industriali molto circoscritti e poco frequenti”.
I tecnici dell’ARPAT deducono che i dati analitici derivanti dalle campagne di monitoraggio portate avanti a partire dal 2010 hanno mostrato che la contaminazione da cloruro di vinile nel pistoiese dovrebbe risalire ai primi anni 2000, perché così suggerisce l’andamento dei rapporti tra cloruro di vinile e il suo precursore percloroetilene.
Ça va san dire, i confini di quest’area della provincia di Pistoia saranno monitorati per valutare l’evoluzione del fenomeno anche in conseguenza delle variazioni stagionali degli acquiferi e saranno svolte verifiche sulla presenza di pozzi miscelanti tra le due falde. Ovviamente, nell’area vige il divieto di utilizzo dell’acqua dei pozzi, salvo verifica analitica favorevole, dei comuni che coprono l’area contaminata. Lo stesso divieto è stato attivato nell’area limitrofa alla centrale nucleare di Borgo Sabotino, ma non esistono aggiornamenti pubblici su durata, ampliamento spaziale o soppressione che sia totale o parziale di questa misura precauzionale.
SARCOMA DEI TESSUTI MOLLI: ECCO DA DOVE PARTE L’INDAGINE TOSCANA
Un articolo de Il Fatto Quotidiano “Salute, i tumori si possono ricollegare alle alterazioni ambientali. Altro che ‘malattia genetica’” di Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo e membro dell’Isde, parla di alcuni dati che emergono da indagini sui tumori che colpiscono i più giovani in zone afflitte da contaminazioni da cloruro di vinile: un preoccupante cluster di sarcomi, considerati “tumori sentinella” di esposizioni ambientali a taluni inquinanti.
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Anche a Casalguidi, nome della frazione pistoiese coinvolta nella contaminazione da cloruro di vinile, è stato osservato un picco di sarcomi, una tipologia di tumori molto difficile da classificare che colpisce prevalentemente i tessuti molli. “Le certezze insomma latitano. Proprio come quelle che oggettivamente si hanno su questi sarcomi. Lo scopo di queste indagini dovrà servire solo ad escludere alcune possibili cause, esaminati tutti gli elementi a disposizione. Molti cittadini sono intervenuti durante l’assemblea, sottolineando senza mezzi termini l’ansia e la delusione per una vicenda che ancora non ha una causa e un colpevole. I rappresentanti di Asl e Arpat hanno cercato di rimanere equilibrati, non sminuendo il fatto ma neanche creando allarmismi. Di fronte però ad un timore così diffuso, la loro trattazione poteva certamente essere più diretta al nocciolo della questione” scrivono i giornalisti di un portale di informazione locale che riporta la notizia del confronto pubblico tra istituzioni locali e cittadinanza.
In conclusione, non è dato sapere l’andamento dei superamenti di soglia della contaminazione di Borgo Sabotino, visto che dal 2016 ad oggi nessun comunicato di Arpa Lazio, Comune di Latina, Sogin o addirittura Ispra ha chiarito la situazione attuale alla cittadinanza latinense. Questa assenza di informazioni determina l’impossibilità di capire la portata della contaminazione, l’area precisa e l’eventuale necessità di controlli e indagini mirate di tipo sanitario ispirate al modus operandi delle autorità toscane.
In Toscana l’Arpat dice che “Gli enti locali interessati, la ASL e la magistratura sono già state dettagliatamente informate delle nostre analisi e valutazioni“. Quindi, Arpa Lazio, per quanto di competenza, se ci sei è ora che batti un colpo.