CLAN DI SILVIO: FIGLIA E NUORA DI LALLÀ EVADONO E OTTENGONO DALL’INPS IL REDDITO DI CITTADINANZA

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Latina: Operazione del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro – Nucleo Ispettorato del Lavoro di Latina. Le figlie di Armando Di Silvio detto Lallà evadono dai domiciliari per chiedere il reddito di cittadinanza che l’Inps ha concesso loro

Il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Latina, a seguito di verifiche avviate nel settembre 2020 in merito a presunti redditi di cittadinanza indebitamente richiesti da persone residenti nella provincia pontina, ha intrapreso un’indagine nei confronti del Clan Di Silvio, al fine di valutare la legittimità delle domande presentate per i propri nuclei familiari.

Gli accertamenti, nello specifico, vertevano su due domande presentate rispettivamente da Angela Di Silvio e Sara Genoveffa Di Silvio, in archi temporali differenti e relativi a due distinti nuclei familiari, entrambe inoltrate all’I.N.P.S. tramite il patronato “E.N.A.C.” del capoluogo, proprio per il riconoscimento del beneficio. 

Le donne del Clan Di Silvio arrestate nell'operazione Alba Pontina
Le donne del Clan Di Silvio arrestate nell’operazione Alba Pontina. Tra di loro anche Angela e Sara Genoveffa, ora nei guai per aver chiesto il reddito di cittadinanza da ristrette ai domiciliari

Gli accertamenti, però, hanno permesso permettevano di acclarare che:

Angela Di Silvio detta Stella, moglie di Samuele Di Silvio e nuora di Armando Di Silvio detto Lallà, al momento di presentare la domanda, era sottoposta al “regime cautelare degli arresti domiciliari” a causa del provvedimento del Tribunale di Roma richiesto dal pm della DDA di Roma Barbara Zuin e disposto dal gip del medesimo Tribunale Antonella Minunni.
Come noto, si tratta del procedimento penale dell’Antimafia di Roma, connesso all’operazione di polizia denominata “Alba Pontina”.

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In tale ambito, i Carabinieri hanno verificato che nel contesto del proprio nucleo familiare, sempre in esecuzione del procedimento “Alba Pontina”, c’erano ben cinque persone sottoposte a misure cautelari in carcere, mentre altre quattro donne agli arresti domiciliari: ci si riferisce a tutti i componenti della famiglia Di Silvio da Lallà passando per i figli Samuele, Gianluca e Ferdinando detto Pupetto, più le figlie e la moglie Sabina De Rosa.

Tuttavia, nonostante uno dei procedimenti penali più importanti degli ultimi anni a Latina, che contesta reati con aggravante mafiosa e ha già condannato in due gradi alcuni degli appartenenti di quella famiglia/clan, l’Inps ha concesso il reddito di cittadinanza dall’ottobre 2019.

C’è di più. Sara Genoveffa Di Silvio, figlia di Lallà e Sabina De Rosa, anche lei imputata nel processo Alba Pontina (quello che è in corso a Latina), ha presentato separata domanda di Reddito di Cittadinanza, in data 20 settembre 2019, per il proprio nucleo familiare, composto dalla stessa più 3 persone, fra cui il  consorte detenuto in carcere, Federico Arcieri, e sotto processo con lei in “Alba Pontina. Anche in questo caso, nonostante il processo per mafia, l’Istituto previdenziale ha concesso il reddito di cittadinanza dall’ottobre 2019.

Entrambe le domande di reddito – scrivono i Carabinieri in una nota – sono state avviate e concesse in frode al D.L. 28 gennaio 2019 nr. 4, coordinato con la Legge di conversione 28 marzo 2019 nr. 26, recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”, che all’art. 7, comma 1°, prevede che “salvo se il fatto non costituisca più grave reato, chiunque rende o utilizzare dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, ottenendo indebitamente il reddito di cittadinanza, è punito con la reclusione da due a sei anni“.

Entrambe le richiedenti, Angela e Sara Genoveffa (oggi presenti in Aula nell’udienza che si celebrava nella Corte d’Assise del Tribunale di Latina), sono incorse quindi nel reato di evasione di cui all’articolo 385 del codice penale, in quanto detenute al regime degli arresti domiciliari.
Le due donne, infatti, si sono allontanate arbitrariamente dal luogo di restrizione, arrivando presso la sede del patronato “E.N.A.C.” di Latina così per presentare le citate indebite domande finalizzate all’ottenimento del reddito di cittadinanza.

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