“CI BRUCIAVA CON GLI OCCHI DI GHIACCIO”, L’EX AFFILIATO AI CLAN ROM RACCONTA BARDELLINO E FORMIA

Angelo Bardellino
Angelo Bardellino

È passato quasi un anno dalle perquisizioni che interessarono la famiglia Bardellino e i loro sodali tra Formia, il sud pontino e San Cipriano d’Aversa

Era il 26 luglio 2023. In quella data, un dispiegamento imponente di forze dell’ordine eseguì su ordine della Distrettuale Antimafia di Roma e Napoli diverse perquisizioni che interessarono la famiglia Bardellino, i loro sodali e, soprattutto, il bunker al Villaggio del Sole, successivamente meglio noto come il covo di Antonio Bardellino, il boss e fondatore del clan dei Casalesi, ufficialmente giustiziato in Brasile nel 1988 dalla fazione vincente dei clan di Casale. Una morte che è presto diventata un mistero fitto fitto e che probabilmente, se avvenuta, non si può ricondurre alla fine degli anni Ottanta.

A fine luglio 2023, l’operazione ha visto la collaborazione di Polizia di Stato (Squadra Mobile di Latina e Commissariato di Gaeta), Carabinieri (Nucleo Investigativo di Latina e Compagnia di Formia), Ros e Dia. In poche parole tutti i massimi vertici dell’investigazione locale, con il supporto degli organi nazionali, per scavare sia nel tentato omicidio di Gustavo Bardellino (al momento non è ancora chiusa l’indagine a carico dell’ex compagno della Bidognetti e dell’imprenditore insospettabile) avvenuto nell’autosalone di Gianola nel febbraio del 2022, sia nei nuovi assetti della camorra al di qua e al di là della linea del Garigliano, con un focus ben preciso che riguarda i Bardellino. Di che affari si interessano? Con chi hanno a che fare? Senza contare, come detto, il mistero di un bunker e tutti i suoi risvolti (leggi approfondimento nel link di seguito), e una incognita che potrà essere dirimente: il pentimento e la collaborazione con lo Stato da parte di Francesco Schiavone detto “Sandokan”, a cui è impensabile che gli inquirenti, dalla primavera scorsa, non abbiano rivolto più di una domanda sul destino di Antonio Bardellino.

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L’interesse investigativo sui Bardellino, però, viene da lontano e, anzi, c’è sempre stato. Al di là di inchieste e processi che hanno riguardato, negli anni, la famiglia sanciprianese (da Formia Connection all’operazione Golfo), di stanza a Formia ormai da quasi quaranta anni (dopo che Zio Antonio aveva perso la guerra con Schiavone, Bidognetti e Zagaria), è evidente che la Direzione Distrettuale Antimafia capitolina volesse capire, almeno dal 2018, quali fossero le nuove dinamiche criminali dei Bardellino.

A dare conferma di questo, ci sono i verbali della DDA che hanno per protagonista il collaboratore di giustizia di Latina, Agostino Riccardo. Il 41enne pontino, infatti, dopo la decisione di collaborare con lo Stato arrivata nel 2018, fu ascoltato in almeno due occasioni dai magistrati della DDA sulla famiglia Bardellino. È elemento noto, infatti, che Riccardo ha dichiarato di conoscere Giovanni Luglio, condannato con sentenza passata in giudicato con Angelo Bardellino e altri due soggetti per l’estorsione ai danni di un imprenditore (si tratta del processo “Formia Connection”). Riccardo spiegò ai magistrati che la provincia di Latina era divisa per zone d’influenza e per Formia, chiunque, nel mondo criminale, volesse compiere affari, doveva chiedere il lasciapassare a loro, ai Bardelino.

Tuttavia c’è di più in quelle dichiarazioni ed è possibile capirlo dalle migliaia di pagine di verbali (in un discreto numero coperto da omissis) che la DDA ha deposito qualche settimana fa agli atti del processo “Reset”, in corso di svolgimento e che vede alla sbarra per associazione mafiosa il clan di origine rom Travali/Di Silvio.

In quanto ex affiliato al sodalizio di Latina, Riccardo parlerà come testimone al processo, solo dopo l’escussione dell’altro collaboratore, Renato Pugliese, figlio di Costantino “Cha Cha” Di Silvio (quest’ultimo imputato nel processo Reset, padre putativo dei Travali, poi soppiantato dalla sete di leadership di Angelo Travali)

Riccardo racconta, come noto, tante cose sul clan Travali, sulla droga, sui rapporti con la politica, sugli affari criminali e persino su cellule di clan di camorra che si sono stabilizzate a Latina, praticamente nell’ombra, senza dare nell’occhio. Dopo Latina, però, gli inquirenti chiedono a Riccardo, rivolgendosi all’ex affiliato ai Travali e ai Di Silvio in questo modo: “Passiamo a Formia”. Segno che sulla città del sud pontino c’era grande attenzione da parte dell’Antimafia romana, come fosse un fascicolo a parte da investigare nel profondo.

È il 30 novembre 2018 e Riccardo inizia a raccontare che “questi”, i Bardellino, “li ho conosciuti proprio bene”. Fu Giovanni Luglio a presentargli Angelo e Calisto Bardellino e pure il padre Ernesto, fratello del boss Antonio Bardellino.

Ora, ci si domanderà cosa ci facesse uno come Agostino Riccardo con i Bardellino. Lo racconta proprio lui: “Era molto prima dell’operazione Don’t Touch (nda: 2015), nel 2013. Noi dovevamo fare delle estorsioni su Formia e Bardellino c’aveva mandato a dire, tramite Giovanni Luglio, “mo’ vi faccio sape’, almeno fate queste estorsioni su Formia perché noi non ci possiamo muovere“.

Per “Noi”, ovviamente, Riccardo intende il clan retto dal pontino Angelo Travali, considerato dalla DDA e processato in “Reset” come il capo del sodalizio latinense omonimo. Alla fine quelle estorsioni, su mandato dei Bardellino, non si fecero più, secondo quanto ricostruito da Riccardo. Il motivo? “Un altro clan, praticamente i figli di un personaggio di Casale, no “Sandokan”, erano andati a vivere su Formia e Angelo in quel periodo stava un po’ tutto agitato, perché comunque erano clan rivali loro e queste estorsioni non le facemmo più, però ci incontrammo e parlammo”.

A presentare Luglio a Riccardo ci aveva pensato Angelo Travali. Luglio, secondo quanto spiegato da Riccardo, “era una persona di fiducia, da quello che ho capito c’aveva intestato tutto lui, penso. C’aveva lo yacht, c’aveva il Maranola Calcio, Rolex, Ferrari, c’aveva il “California, c’avevano negozi, ristoranti”. In particolare, “Luglio è persona di fiducia di Angelo Bardellino che ho conosciuto a Formia“.

Il pentito spiega di aver conosciuto anche “Calisto il fratello e mi ricordo che c’era il padre, però non diede confidenza a nessuno, un coso alto così”. Una descrizione che combacia con le fattezze fisiche di Ernesto Bardellino, di statura bassa: “è alto un metro e 50”. “Quelli – scandisce Riccardo alla DDA – so’ squadrati proprio“.

I Bardellino con Angelo Travali e Agostino Riccardo si sarebbero visti in un bar di Formia: “Era il loro perché non hanno pagato…facevano come gli pareva, come facevamo noi a Latina”. Il locale, definito “lussuosissimo”, sarebbe stato di fronte a un negozio di scarpe costose in Via Vitruvio. Si era negli anni tra il 2013 e il 2014, vale a dire quando il clan Travali era all’apice nella città di Latina dopo che i sodalizi dei Di Silvio e dei Ciarelli erano stati infiacchiti per via di arresti e processi derivanti dalla cosiddetta guerra criminale del capoluogo dove perirono, per loro mano, Massimiliano Moro e Fabio Buonamano detto “Bistecca”.

Il senso dell’incontro nel bar lussuosissimo lo specifica sempre Agostino Riccardo: “Dovevamo fare delle estorsioni sul territorio di Formia”. Presenti, oltreché Riccardo, “Giovanni Luglio, Angelo Bardellino, Calisto Bardellino e Angelo Travali, però il padre (nda: Ernesto) non c’entrava niente. Sicuramente lo sapeva di quello che stavamo a parla’, però non si avvicinò”.

Erano estorsioni che Angelo Travali avrebbe fatto a Formia “tramite loro”, i Bardellino”. Dopo un paio di settimane, Travali e Riccardo tornarono a Formia ma sarebbero stati proprio i Bardellino a fermare tutto: “Ci dissero “no, sono venute delle famiglie“. Secondo il pentito pontino, erano famiglie di Casal di Principe e le estorsioni ai danni di due caseifici non furono più eseguite: “Si parlava di 100mila euro di recupero”. Dove, per recupero, si intende il cosiddetto recupero crediti che, nel linguaggio criminale, non è altro che un’estorsione. Ma perché i Bardellino avrebbero chiamato proprio il gruppo di Angelo Travali? “Lo sapevano che noi facevamo le estorsioni e eravamo forti“.

E allora perché le estorsioni saltano? Secondo Riccardo, al secondo incontro con i Bardellino, c’erano altri due soggetti, di fiducia della famiglia sanciprianese, “due facce brutte”. “Ci disse che momentaneamente non si poteva fare niente perché la figlia di questo Bitionetti (nda: Bidognetti) era andata a abità a Formia. Se non vado errato Katia”. Quindi, secondo Riccardo, le estorsioni commissionate dai Bardellino ai Travali sarebbero state bloccate dalla presenza di Katia Bidognetti, figlia di Cicciotto ‘e Mezzanotte. Praticamente un clan, quello dei Bidognetti, a cui non si sarebbero potuto fare sotto il naso azioni criminali nella città in cui vivevano, ossia Formia.

“Giovanni Luglio – ribadisce Riccardo – disse: “fermiamo tutto, Angelo (nda: Angelo Bardellino) mi ha detto di fermare tutto perché ci stanno cose più delicate“. Stavano un po’ preoccupati, molto preoccupati. Parlavano di cose molto delicate successe quando, penso, ancora dovevo nasce io”.

Sarebbe stato Angelo Bardellino, quindi, a imporre il niet alle due estorsioni perché, secondo Riccardo, erano intervenuti equilibri da preservare o, forse, regolamenti tra i vecchi Casalesi da concretizzare. Fatto sta che dai racconti di Riccardo, sarebbe proprio Angelo Bardellino, divenuto imprenditore nel ramo di musica e cinema, ad essere il leader della famiglia sanciprianese a Formia: “Angelo Travali mi disse “Agosti’, guarda ‘sto Angelo Bardellino quando ci guarda pare che c’ha gli occhi di ghiaccio”, ci stava a brucia’ con gli occhi di ghiaccio…ci bruciava con quegli occhi. C’aveva occhi trasparenti, proprio celesti, celesti. Parlava e a me pareva un parlamentare, tutto vestito bene, però lo sapevamo che era un criminale“.

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