Questa non è un’opinione personale, ma un dato di fatto. Il bisogno e il diritto di avere una viabilità sicura per raggiungere Roma accende quotidianamente il dibattito pubblico locale: quello che rimane della SS Pontina, recentemente tornata sotto la gestione nazionale ANAS, non è in grado di garantire l’incolumità dei tanti pendolari e viaggiatori che ogni giorno si mettono in marcia da Latina verso la Capitale e viceversa. Ma il progetto a pedaggio dell’autostrada Roma-Latina è davvero la soluzione migliore alla necessità immediata di una mobilità locale sicura? Sindacalisti e molti politici nazionali e locali si sono posti a sostegno di quest’opera tacendo il suo reale impatto antieconomico e non sostenibile. Il perché? Concepire infrastrutture che distruggono qualsiasi ecosistema con cui entrino in contatto, che siano ambientali o imprenditoriali, equivale ad assumere un atteggiamento in antitesi con l’idea di fondo dell’economia circolare, cioè in contrapposizione con il futuro.
L’infrastruttura a pedaggio che dovrebbe collegare Roma a Latina è frutto della visione dello sviluppo anni ‘90, in cui la consapevolezza dei nuovi modelli economici era ancora embrionale. Ad oggi, il mantra lineare del produci-consuma-butta ha ormai svelato il suo lato marcio anche ai più distratti: più della terra dei fuochi, fanno effetto le immagini iconiche dei rifiuti che invadono i mari, deformano i pesci, intossicano le loro cellule e, infine, anche le nostre. Trent’anni fa, probabilmente per ignoranza, non si sarebbero mosse troppe obiezioni di merito rispetto a un’autostrada a pedaggio come neanche nei confronti dell’utilizzo indiscriminato delle buste di plastica, scelte che si sono poi rivelate venefiche, a discapito dei conti pubblici futuri e del credito a fondo perduto che si è sempre preteso dall’ambiente.
L’autostrada Roma-Latina, quindi, è un progetto che neanche nato ed è già vecchio, vecchissimo.
AUTOSTRADA ROMA-LATINA E ECONOMIA CIRCOLARE
L’economia circolare è un’economia pensata per potersi rigenerare da sola, un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi al fine di ottimizzare i circuiti di utilizzo dei beni e di fruizione dei servizi e, in generale, con l’obiettivo di ridurre al massimo gli sprechi in termini di scarto o di sperpero di risorse.
La Ellen MacArthur Foundation insieme alla società di consulenza internazionale McKinsey e alla fondazione tedesca SUN – think tank, dunque, organico all’establishment economico-finanziario mondiale e al di sopra di ogni sospetto di pauperismo felice -, ha redatto un documento chiamato “Growth within: a circular economy vision for a competitive Europe”, nel quale viene prospettata l’economia circolare, a sua volta suddivisa in tre macro-aree di interesse: sistema alimentare, edilizia e mobilità sostenibili.
Non è detto che grazie alla sua completezza questo documento possa essere considerato la bibbia dell’economia circolare, proprio perché quest’ultima è un dibattito ancora aperto e in divenire; ma la ampia raccolta di informazioni contenute in questo testo dà la possibilità di mettere a fuoco con maggiore nitore i limiti dell’economia lineare, attuale modello dominante, e quindi il deficit di tutti i progetti che ad essa si ispirano.
È impossibile non notare che il costrutto dell’economia circolare è in totale antitesi con un’autostrada pensata per far circolare il maggior numero di auto possibili perché questo è il presupposto dell’esistenza del pedaggio.
MOBILITÀ DI OGGI: QUANTO MI COSTI?
“La famiglia media europea spende 5.800 euro per la mobilità delle auto ogni anno, tasse incluse. Ciò rappresenta quasi il 20% del reddito lordo annuale del lavoratore europeo medio, indicando il valore significativo che un sistema di mobilità più efficace potrebbe creare. Aggiungere il costo del tempo trascorso in congestione e il costo indiretto di opportunità per la società di € 3.500 porta il TOC annuale [ n.d.r: costo totale di proprietà] a quasi € 9.300. In tutta la flotta europea di veicoli, il TOC annuale, compresi i costi di opportunità, è quasi di 2 miliardi di miliardi di euro, pari al PIL dell’Italia e della Svezia messi insieme.” La cifra sottratta al reddito annuale del lavoratore europeo medio si aggira intorno ai € 9.300 riferibile ai soli costi diretti e indiretti relativi alla mobilità della propria auto.
Senza un nuovo paradigma di riferimento, un percorso di sviluppo basato solo sull’ottimizzazione in termini di costi e convenienza, e sulle ali delle scoperte tecnologiche dirompenti, potrebbe senza dubbio evolvere rapidamente la tecnologia automobilistica migliorando l’esperienza del cliente (es. guida autonoma), ma soffocherebbe l’appetibilità del trasporto pubblico. Quindi, se nulla dovesse mutare, il progresso tecnologico porterebbe sì generici risparmi dovuti alle migliorie di fabbrica a cui sarebbero soggette le vetture tradizionali, ma rinuncerebbe a una vastità di benefici: “La sfida principale sono i rifiuti incorporati nel sistema di trasporto. L’auto europea è parcheggiata (spesso in costose aree interne della città) il 92% delle volte. Quando l’auto viene utilizzata, solo 1,5 dei suoi 5 posti sono occupati. […] meno del 20% della benzina spinge le ruote. Con un rapporto inerziale di circa 12:1, solo l’1-2% dell’energia sposta le persone. Circa il 50% delle terre interne è dedicato alla mobilità (strade e parcheggi); ma, anche nelle ore di punta, le auto occupano solo il 10% della strada europea media. Il costo della congestione si avvicina al 2% del PIL di città come Stoccarda e Parigi”.
Lasciato da parte per un momento il dibattito sul pedaggio, perno del progetto autostradale, verrebbe comunque da osservare che un’infrastruttura così pensata e progettata non risolverebbe un grande problema che rimarrebbe tale e quale: la congestione del traffico. Dove? A Borgo Piave (in entrata e in uscita da Latina) e all’altezza dell’ingresso a Roma e al Grande Raccordo Anulare perché le intersezioni in accesso e in uscita della Roma-Latina sono escluse dal progetto dell’autostrada a pedaggio e questo significa incoraggiare la stessa, se non peggiore, tendenza al “tappo”.
Nel capitolo “Sistema di mobilità integrato, automatizzato, multi-modale e on-demand” dello studio succitato, si legge che anche solo “un aumento del 5% del volume del traffico rende la congestione molto peggiore. In risposta, le città potrebbero intraprendere diverse azioni: rendere più attraente il trasporto pubblico, sviluppare sistemi di mobilità intermodale e gestire il volume nelle aree congestionate”.
PERCORSO DI SVILUPPO ATTUALE
La tecnologia automobilistica si evolverebbe rapidamente, riducendo i costi e migliorando l’esperienza del cliente (ad esempio, la guida autonoma), così che l’auto individuale rimarrebbe la modalità di trasporto principale a discapito di un trasporto locale competitivo e della mobilità on demand.
MOBILITÀ DI DOMANI: COSA CI GUADAGNO?
“Un sistema di mobilità circolare offrirebbe più scelte e sarebbe condiviso, elettrificato, autonomo, multimodale e in loop. La mobilità individualizzata sarebbe fornita come servizio. Una migliore integrazione del sistema renderebbe la maggior parte dei viaggi multimodali. Questi cambiamenti combinati tra loro significherebbero un minor numero di auto, con effetti positivi a cascata come meno congestione, meno suolo e investimenti impegnati in parcheggi o strade, e meno inquinamento atmosferico. In questo sistema, il costo per passeggero medio-km potrebbe diminuire fino all’80% entro il 2050”.
Oltre ai tanti comitati di cittadini che combattono contro infrastrutture viarie scollegate dalle realtà locali, anche gli autorevoli autori di “Growth within” (non “uno di quei comitati che dicono NO a tutto”, e neanche i magistrati del Consiglio di Stato e/o i tecnici di Bankitalia che, proprio qualche mese fa, hanno annullato la gara d’appalto dell’autostrada Roma-Latina) affermano che l’economia circolare tenderà a ottimizzare e razionalizzare i flussi di veicoli per garantire una mobilità più scorrevole, un ambiente cittadino ed extraurbano più salubre e mirerà a sottrarre spazi alla eccessiva cementificazione dedicandoli invece al verde urbano e al verde agricolo di maggiore qualità, a beneficio di una migliore salute collettiva. Lo scenario circolare relativo alla mobilità presenta una visione, oltre che di sviluppo, più funzionale, in cui amministrazioni cittadine, città insieme alle micro e piccole imprese riconosceranno l’enorme potenziale della mobilità circolare. Il sistema fornirebbe un servizio migliore di quello che un veicolo personale potrebbe offrire solo collegando in maniera integrata opzioni di mobilità alternativa alla proprietà del veicolo.
“Il sistema al suo interno disporrebbe di molteplici opzioni di trasporto (come la bicicletta, il trasporto pubblico, ride-sharing e il car-sharing) e incorporerebbe il trasporto individuale automatizzato come soluzione flessibile, prevalentemente rispetto alle esigenze dell’ultimo miglio. […] Le grandi e piccole città dovrebbero investire nella mobilità non motorizzata e in un trasporto pubblico più agile. I governi dovrebbero rimuovere gli ostacoli giuridici ai programmi di condivisione auto/transito e stimolare la concorrenza tra i fornitori di mobilità in tutte le economie europee. Ciò richiederebbe l’implementazione di una serie di politiche come la tassa di congestione, tasse di sottoutilizzo, corsie preferenziali per veicoli condivisi ad alto utilizzo e trasporti pubblici, e determinazione del valore o disvalore delle esternalità”.
SCENARIO CIRCOLARE
Il sistema di mobilità offrirebbe molteplici opzioni di nel suo complesso e incorporerebbe la mobilità automobilistica on demand, la più flessibile, ma prevalentemente come soluzione dell’ultimo miglio. Queste circostanze disincentiverebbero il mantenimento dell’auto di proprietà.
AUTOSTRADE A PEDAGGIO E QUALITÀ DELLA VITA
“Perdita di salute e qualità della vita a causa dell’inquinamento acustico. Almeno 125 milioni di europei sono stati esposti a livelli elevati di rumore del traffico stradale nel 2011 e fino a 20 milioni hanno avuto un’esposizione simile a quella ferroviaria, aeromobili e rumore industriale. Tale inquinamento acustico è stato collegato ad un aumentato rischio di malattie, in particolare malattie cardiovascolari. Ad esempio, il carico ambientale europeo di malattie dovuto all’inquinamento acustico causato dal traffico stradale nel 2006 è stato stimato come una perdita annuale di almeno un milione di anni di vita. Nel 2000 le emissioni di protossido di azoto, ossidi di azoto e ammoniaca nell’aria e l’azoto nell’acqua hanno causato danni stimati nell’UE-27 di 70-320 miliardi di euro. Ciò corrisponde a una perdita di benessere pro capite di € 150-750, pari allo 0,8-3,9% del reddito medio disponibile. Circa il 60 percento di questi costi per danni sono relativi alla salute umana, il 35% alla salute dell’ecosistema e il 5% agli effetti sul bilancio dei gas serra. […] Le emissioni europee pro capite di CO2 hanno raggiunto il picco nei primi anni ’70, ma da allora non sono diminuite sufficientemente. Le emissioni europee di gas serra sono 3-4 volte superiori a quelle che dovrebbero essere per mantenere il cambiamento climatico al di sotto della soglia dei 2 ° C. In Europa tali conseguenze si riferiscono principalmente a eventi meteorologici estremi, come il freddo estremo e ondate di calore, cambiamenti nella distribuzione di malattie sensibili al clima e cambiamenti nelle condizioni ambientali e sociali. […] L’accettazione di tali parametri sembra essere in crescita, dal momento che più operatori del settore privato stanno incorporando nei loro prezzi contabili i prezzi ombra, come per l’acqua o il riciclaggio”.
L’Italia ha il triste primato di 84.400 morti premature all’anno dovute dalla cattiva qualità dell’aria nella Ue, e questo è un costo in termini di vite oltre che sanitario, senza dimenticare che: “Gli incidenti provocano 30.000 vite europee ogni anno e provocano quattro volte più lesioni permanenti invalidanti. Questi sono numeri sorprendentemente alti per un settore maturo e ottimizzato come pochi altri. L’innovazione del prodotto da sola non può ridurre i numeri. Questi problemi richiedono un approccio sistemico per ripensare la mobilità in Europa“.
ECONOMIA CIRCOLARE E LAVORO
Il sistema di mobilità avrebbe al suo interno molteplici soluzioni tra le quali, prima o poi, farà il suo debutto la mobilità on demand (forse anche senza pilota) più flessibile rispetto al trasporto pubblico locale, più adatta alle soluzioni dell’ultimo miglio ed economicamente più sostenibile dell’auto di proprietà.
I “produttori di apparecchiature originali” avrebbero forti motivazioni per investire in brevetti e offrire servizi nel settore della mobilità; inoltre, i tassi di utilizzo più elevati di un mezzo non più parcheggiato per il 92% del tempo ma messo in loop, indirizzerebbero la progettazione del veicolo verso obiettivi di rigenerazione, durata, efficienza e manutenzione più semplice. E questo sì che sarebbe l’aspetto più tangibile di una nuova era economica, senza propagandistiche promesse al rintocco dello slogan “venite gente: posti di lavoro al cantiere delle nuove infrastrutture”.
DAL TELELAVORO ALLO SMARTWORKING: DEMATERIALIZZAZIONE DELLA STRUTTURA AZIENDALE
Una delle voci che entrano nelle statistiche dei viaggiatori sulla Pontina corrisponde a quella dei pendolari che a Roma svolgono differenti mestieri, tra cui sicuramente quelli di ufficio o comunque da un terminale video. Proprio queste modalità d’impiego cozzano con un’organizzazione tradizionale che si è fermata alla presenza fisica del dipendente come testimonianza del proprio impegno aziendale, ed evidenziano la contraddizione di fatto che c’è tra schemi ormai superati e il far finta che non sia così.
Il lavoro agile (smartworking) è l’obiettivo della Legge n. 81/2017, che lo introduce nell’ordinamento giuridico con la finalità di promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti. Nel prossimo triennio, ogni amministrazione dovrà adottare misure che permettano alla soglia minima del 10% dei propri dipendenti (che lo richiedono) di avvalersi delle più moderne modalità spaziali e temporali di svolgimento della prestazione lavorativa.
È chiara la direzione in cui si sta muovendo la società: anche la politica riconosce che non bisogna difendersi dai cambiamenti ma bisogna ottimizzarli e volgerli a proprio favore. Smartworking significa dipendenti che lavorano per obiettivi e che beneficiano del tempo sottratto allo spostamento fisico per raggiungere una sede operativa. Una possibilità di vita qualitativamente migliore, garanzia di un positivo riflesso su politiche sanitarie e sociali che si tradurrebbero in una migliore spesa. Tutto questo, in sostanza, significa anche meno pendolari che si spostano da città a città.
AUTOSTRADA ROMA-LATINA E SCENARI FUTURI
Un futuro che prosegue il percorso di sviluppo attuale, senza svolte, andrebbe dritto incontro a un’autostrada a pagamento da Latina a Roma e le uniche alternative gratuite rimarrebbero strade come la Nettunense o l’Appia che, a loro volta, sono già e saranno sempre molto congestionate perché ognuno continuerà a prendere la propria auto anche per l’assenza di un buon piano di trasporto locale, mai decollato. Fine.
Invece, in uno scenario futuro alternativo, la soluzione circolare sarebbe una Strada Statale pubblica senza pedaggio, sottoposta ad un adeguamento in sicurezza secondo la norma vigente e secondo le logiche di intermodalità, che disincentiva l’utilizzo dell’auto di proprietà tramite un miglior sistema di trasporto pubblico locale con corsie dedicate, su gomma ma meglio su ferro.
Incluso il rifacimento del manto stradale e della massicciata sottostante, sono queste le azioni che depongono a favore di una visione in prospettiva dello sviluppo economico e ambientale sostenibile di un determinato territorio, soprattutto estendendo l’adeguamento alla Pontina in tutta la sua lunghezza (fino a Terracina) e non solo al tratto che, forse, muove più voti che pendolari. Così si comporta la Politica con la P maiuscola, e non solo per questa grande arteria del territorio pontino ma per tutta la fitta rete capillare di strade pubbliche locali che, come la rete ferroviaria su cui si muove un’altra grande fetta dei pendolari pontini, sono al collasso perché abbandonate a sé stesse senza manutenzioni ordinarie e straordinarie i cui fondi sono stati evidentemente perduti nelle maglie di chissà cosa. Se qualcosa è stato fatto, non è palpabile.
In sostanza, mettendo per un secondo da parte le ripercussioni sulle tasche dei pendolari che loro malgrado viaggiano su gomma da e verso Latina, e al di là dell’insostenibilità dei piani economici e finanziari di questa opera nata vecchia, questo modo di concepire le infrastrutture si manifesta totalmente agli antipodi con l’economia circolare perché le opere pubbliche devono essere funzionali ai cittadini e al loro futuro.
Chi appoggia uno sviluppo più sostenibile alzi la mano.