CAPORALATO: DISSEQUESTRATE DUE AZIENDE A BORGO FAITI. IL PROCESSO PROSEGUE

Caporalato

Caporalato e turni massacranti sul posto di lavoro: sono state dissequestrate le due aziende a Borgo Faiti

Il collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal Giudice Gian Luca Soana, ha dissequestrato le due aziende della famiglia De Pasquale, a Borgo Faiti, interessate dall’operazione della Procura di Latina ed eseguita ad aprile 2020 da agenti della Questura di Latina e del Commissariato di Fondi.

Il provvedimento restituisce alla famiglia De Pasquale, assistita dagli avvocati Ottaviani e Feola, la disponibilità delle due aziende alle porte di Latina, anche sulla base delle dichiarazioni, fornite nell’ultima udienza che si è celebrata la settimana scorsa, da parte del custode giudiziario nominato dal Tribunale stesso. Quest’ultimo ha relazionato sugli stipendi dei dipendenti, ora adeguati alle norme, e sulle condizioni igienico-sanitarie, al momento tornate nella norma.

Il processo, che si sta svolgendo presso il Tribunale di Latina, vede alla sbarra i coniugi Luciano De Pasquale e Roberta Albarello, più altre tre dipendenti dell’azienda vicini, ad ogni modo imparentati con la famiglia.

I reati contestati dalla Procura di Latina, al momento dell’operazione, erano intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro violazioni al testo unico sugli stranieri in materia di Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Latina e condotte da personale della Squadra Mobile e dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico e del Commissariato di Fondi, permisero di far emergere la circostanza per cui le aziende prelevavano, tramite automezzi della ditta stessa, con alla guida dipendenti con funzioni di autista, i lavoratori nei pressi delle loro abitazioni e più precisamente in punti di raccolta ben precisi posti anche nei comuni limitrofi, per condurli prima nell’azienda principale e poi dividerli sui campi, sempre a mezzo degli stessi furgoni.

Sui mezzi di trasporto, secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, venivano stipati i braccianti agricoli, che svolgevano una giornata lavorativa fino a dieci ore, per 25/26 giorni al mese, senza che agli stessi venisse per altro riconosciuto eventuale straordinario per le ulteriori ore prestate, senza alcuna copertura sanitaria, senza alcuna retribuzione aggiuntiva in caso di festività o riposo settimanale e senza presidi antinfortunistici e/o di sicurezza.

I braccianti avrebbero lavorato quindi in difformità a quanto previsto dal CCNL posto che a fronte di 8 ore di lavoro prestate mediamente, gli veniva corrisposta una paga giornaliera di 30-32 euro, non percependo alcuna maggiorazione per il lavoro straordinario. Nella fattispecie i lavoratori percepivano una paga che oscillava fra i 500 e gli 800 euro al mese, nonostante gli stessi prestassero la loro opera per 25/26 giorni al mese, corrispondente a meno di 4 euro all’ora.

La successiva attività di osservazione presso le aziende agricole di proprietà di De Pasquale e Albarello ubicate su una Migliara a Borgo Faiti (Latina), avrebbe fatto riscontrare la presenza di numerosi braccianti agricoli, manodopera rappresentata da cittadini italiani e stranieri, in prevalenza indiani, i quali, mediante furgoni o l’utilizzo di velocipedi o ciclomotori, giungevano in massa presso detta azienda a partire dalle ore 7 circa per poi uscirne alle successive ore 17 circa.

Alle iniziali dichiarazioni rese dal primo lavoratore indiano, si aggiunsero nel corso delle indagini quelle di ulteriori lavoratori tutte univoche nel rappresentare un disarmante quadro di sfruttamento che sarebbe stato creato da De Pasquale e Albarello.

Dalle dichiarazioni acquisite dagli investigatori sarebbe emerso non solo la consapevolezza da parte dei lavoratori dello sfruttamento ma, anche e soprattutto l’impossibilità di rinunciare al lavoro loro offerto per far fronte alle primarie esigenze di sostentamento.

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