Camorra, voti e patrimoni illeciti a Terracina. Ecco tutte le accuse a carico dei coinvolti nell’indagine dei Carabinieri del Nucleo Investigativo, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma
Sono diversi gli indagati, oltreché ai cinque soggetti raggiunti dalla misura cautelare (leggi i loro nomi nel link di seguito), nell’imponente indagine denominata “Porta Napoletana”, eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise. L’inchiesta è stata firmata dalla Direzione Distrettuale Antimafia in quanto ad essere arrestato è Eduardo Marano, 66 anni, detto “Dino”, marito di Patrizia Licciardi, sorella del fondatore dell’omonimo clan, facente parte della sanguinaria Alleanza di Secondigliano. Marano, peraltro, è stato arrestato proprio a Secondigliano dove, dal 2021, si era trasferito insieme alla moglie, per via degli arresti che avevano decapitato il clan Licciardi della Masseria Cardone.
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Articolate le accuse da parte degli inquirenti che non riguardano soltanto i cinque attinti da misura cautelare: Eduardo Marano, Michele Minale, il consigliere comunale di maggioranza Gavino De Gregorio, il commercialista Roberto Carocci e Andrea Belviso, quest’ultimi considerati faccendieri e prestanome di Minale.

Sono 22 i capi d’imputazioni contestati agli indagati. Michele Minale, Eduardo Marano e Patrizia Licciardi, a giugno 2016, sono accusati di turbativa d’asta con metodo mafioso, in quanto avrebbero partecipato all’acquisto dell’immobile del fallimento di Oscarpesca di Terracina, rilevandolo a 155mila euro, per poi rivenderlo a 255mila euro. Minale avrebbe detto agli altri partecipanti all’asta: “Ci sta Patrizia Licciardi, vedi tu adesso come devi fare”, facendo riferimento all’omonimo clan di camorra napoletano.
Una estorsione mafiosa, decisamente più recente, tra il marzo 2022 e l’ottobre 2023, sarebbe stato messa in atto da Minale e Eduardo Marano. Quest’ultimo si sarebbe adoperato per costringere una vittima – nello specifico un imprenditore di Terracina che vende pesce a domicilio – a pagare un debito di 10mila euro, per conto di Minale, sollecitandola ad effettuare il pagamento paventando, sia pure implicitamente, gravi ritorsioni nei suoi confronti dove non avesse mantenuto gli impegni assunti.

Ad essere contestato a Eduardo Marano insieme a Fausto Stefano (per lui la misura dell’obbligo di firma dai Carabinieri) e Sisto Maggi detto Maurizio, anche il reato di trasferimento fraudolento di valori. Marano, infatti, per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione e riciclaggio, a cui era sottoposto dal 2014, avrebbe attribuito fittiziamente a Stefan l’agenzia immobiliare Gabetti con sede legale a Terracina, e un’unità locale a San Felice Circeo, in via Terracina. In quest’ultima unità, in realtà svolgeva il ruolo di socio occulto Eduardo Marano, effettuando anche attività di intermediazione e di gestione aziendale e attribuendosi spettanze a titolo di percentuale sui ricavi dell’attività.
A Maggi, invece, Marano avrebbe instato la titolarità dell’impresa edile denominata Restaurazioni Terracina Maurizio, con sede legale a Sabaudia. A carico di Marano, peraltro, c’è anche un’accusa di usura datata 2019 per aver applicato su un presto da 20mila euro l’interesse del 400%.
Nel capitolo rapporti con la politica, Marano e Gavino De Gregorio sono accusati di voto di scambio politico-mafioso perché l’esponente della Lista Giannetti avrebbe chiesto e ottenuto dall’affiliato al Clan Licciardi la promessa di procurargli voti in occasione di tale competizione elettorale. In cambio, De Gregorio avrebbe promesso la sua disponibilità di soddisfare gli interessi e le esigenze di Marano e dei soggetti a lui vicini sul territorio di Terracina. Alla fine, come noto, De Gregorio è stato eletto consigliere comunale, nominato capogruppo e Presidente della Commissione alle Attività Produttive e al Demanio.
Sul punto dell’arresto ai domiciliari di De Gregorio è intervenuto anche il sindaco Francesco Giannetti: “In merito all’operazione dei Carabinieri di questa mattina che ha riguardato anche Terracina, sono sempre convinto che la Magistratura e le Forze dell’Ordine agiscano nell’esclusivo interesse della collettività, come resto altrettanto convinto che un capo d’imputazione non costituisca una condanna, e che la presunzione di innocenza debba valere per ogni cittadino fino a sentenza definitiva. Esprimo l’auspicio che le indagini possano sollevare il consigliere De Gregorio dalle responsabilità, e confermo l’impegno dell’Amministrazione comunale nel garantire trasparenza, legalità e correttezza nell’azione pubblica. Un’Amministrazione che resta pienamente operativa e continuerà a lavorare con responsabilità e serietà nell’esclusivo interesse della comunità”. A intervenire anche la consigliera comunale d’opposizione, Gaia Pernarella (Sinistra Italiana): “Tutto va bene Madama la Marchesa. Minimizzare, negare e scollegare i rapporti tra politica e interessi economici non proprio limpidi é lo sport più praticato nel Comune di Terracina. Oggi assistiamo all’ennesimo tentativo di far luce su patrimoni illeciti, collusioni imprenditoriali e voti. Speriamo, che al netto dell’evolversi delle vicende giudiziarie, ci sia almeno una presa di coscienza forte da parte della città e di chi continua a non voler affermare collusioni e pantani che relegano la nostra comunità alla miseria a cui siamo condannati da anni”.
Tornando alle accuse, De Gregorio è accusato di estorsione mafiosa in concorso con Domenico Scevola (indagato), titolare della società “Le Terrazze Lido Srl” che aveva avviato un’attività di ristorazione in Piazza Aldo Moro a Terracina. Nella stessa area un altro soggetto aveva una concessione a occupare parte del suolo pubblico per esercitare l’attività di burattinaio ed effettuare spettacoli per bambini. Secondo Scevola, tale attività sarebbe stata d’intralcio, motivo per cui avrebbe voluto tutta la concessione dell’area. È lo stesso Scevola a dire al burattinaio che “lì comandava lui”, alludendo ai rapporti con Marano e il clan Licciardi, minacciando ritorsione e pressando la vittima affinché accettasse lo spostamento in Piazza Garibaldi. Al contempo, a interessarsi della vicenda, ci sarebbe stato Gavino De Gregorio il quale, nel maggio 2024, avrebbe fatto pressioni all’assessore alle attività produttive Gianluca Corradini affinché contattasse il burattinaio e gli proponesse la diversa sistemazione.
Ma Gavino De Gregorio, fedelissimo del sindaco Francesco Giannetti e un tempo dell’europarlamentare Nicola Procaccini (De Gregorio è stato segretario locale di Fratelli d’Italia), entrambi estranei all’indagine, è accusato anche di un’altra estorsione mafiosa con Eduardo Marano. Si sarebbero adoperati entrambi per la restituzione di un prestito da usura che Marano reclamava dalla sua vittima. Quest’ultima sarebbe stata aggredita con un pugno da Marano nell’atrio del palazzo dove si trova l’agenzia assicurativa di De Gregorio. Marano avrebbe detto una frase neanche troppo sibillina: “La mia famiglia è grande”, aggiungendo “ha detto Patrizia che non ti devo picchiare, non ti devo toccare”. Le altre minacce sarebbero state recapitate da De Gregorio per conto di Marano: la vittima sarebbe stato impaurita con la possibilità che l’affiliato al clan Licciardi lo avrebbe accoltellato. L’unica soluzione, prospettata da De Gregorio alla vittima, era quella di andarsene da Terracina. di accoltellare la vittima di usura. Siamo nel marzo 2023, a pochi mesi dalla elezione di De Gregorio come consigliere comunale, dopo che l’amministrazione precedente era caduta sotto i colpi dell’indagine “Free Beach”.
Tuttavia, Marano non si fermerebbe neanche di fronte a personaggi ritenuti legati, come prestanome, a pluripregiudicati del territorio, come nel caso del latinense Gianluca Tuma. Insieme a Paolo Coppola avrebbe provato a estorcere un uomo originario del nord Africa, legato a Tuma, che aveva avviato lavori di ristrutturazione di un locale in via del Porto a Terracina, vicino al locale del medesimo Coppola. Un intralcio quei lavori, tanto che quest’ultimo avrebbe minacciato l’uomo legato a Tuma dicendogli: “Se io voglio ti faccio aprire e chiudere quando voglio, non sarò io a parlarti ma un uomo che sta sopra di me”, riferendosi a Eduardo Marano.
È il novembre 2019. Marano trova una composizione con Tuma, tanto da ripresentarsi presso il locale dell’uomo, facendogli i complimenti e lasciando intendere che poteva continuare i lavori. Insomma, Marano e Coppola si fermano solo perché interviene il pluripregiudicato di Latina Gianluca Tuma, legato da sempre a Costantino “Cha Cha” Di Silvio.

Reati da colletto bianco sono contestati a Michele Minale che, per eludere le misure di prevenzione patrimoniale di cui è stato destinatario nel 2010 (un maxi sequestro da 10 milioni, poi in parte restituiti), avrebbe intestato fittiziamente diversi immobili alla compagna Silvia Giuliani. Immobili che si trovano tra Terracina (per lo più), Priverno e San Felice Circeo. Ad Andrea Belviso, invece, destinatario dell’obbligo di firma, Minale avrebbe intestato una Smart Coupe e la proprietà immobiliare in Strada Campolungo a Terracina con un giro vorticoso. Belviso avrebbe acquistato l’immobile di 9 vani versando i soldi alla società Cieffegi, con un mutuo fondiario di 206mila euro presso l’Istituto di credito Intesa San Paolo. Il bene sarebbe stato lasciato nella disponibilità del titolare di Cieffegi, con l’accordo che quest’ultimo versasse mille euro al mese a favore di Minale.
Di trasferimento fraudolento di valori è accusato, insieme a Minale e alla figlia Marika, anche il commercialista Roberto Carocci, interdetto per un anno con la misura cautelare eseguita oggi, 17 dicembre. A Marika Minale sarebbe stati attribuiti diversi immobili anche con il contributo fattivo del commercialista: ben due locali a Terracina nella centralissima Via Roma; un fabbricato a San Vito; un’abitazione sulla mediana vecchia a Terracina; un B&B in via Scalette a Terracina; un’altra abitazione e una cantina in Via Veneto a Terracina, un garage e un deposito in via Baia del Circeo e in via Bottasso a Terracina.
A Marika Minale sarebbe stata intestata anche una casa in via Astolfi a Borgo Hermada, camuffando un acquisto in un’asta presso il Tribunale di Latina. Un immobile, quello di Via Astolfi, che sarebbe frutto di una turbativa d’asta compiuta da Michele Minale, così da farlo acquisire a Marika Minale al prezzo di 22mila e 850 euro e minacciando un uomo interessato all’acquisto. Stesso meccanismo di intestazione fittizia anche per un immobile a San Felice Circeo, attribuito all’indagato Luca Cimmino. Tutto, chiaramente per eludere la misura di prevenziofne a suo carico e il fatto che Minale è ancora imputato in un processo per estorsione e usura dinanzi al Tribunale di Latina.
A Mario Di Sauro, invece, Michele Minale avrebbe intestato la proprietà dei beni della società Emme Emme Imobiliare, tra cui beni quali due magazzini, un terreno seminativo, un’abitazione e un vigneto, nonché i ricavi tratti dalla messa a frutto del bene di Piazza Palatina concesso in affitto a terzi.
Nell’indagine ci sono anche contestazioni di reati tributari come quelli contestati a Domenico e Paolo Scevola, Antonio Dei Giudici e Assunta Mari, i quali “al fine di sottrarre la società CPLS Srl al pagamento delle imposte IRES e IRAP pari ad euro 79.865,57 effettuavano contratti di affitto di azienda al fine di sottrarre i beni aziendali alla procedura di riscossione”.
Sempre gli Scevola, Dei Giudici e Paolo Coppola sono indagati con la medesima accusa in ordine ad un’altra società, la 9.90 Srl. Per sottrarre dal pagamento delle imposte la stessa società, Scevola e altri due indagati “costituivano in data 15 giugno 2023 la società Tritone Invest Srl nella quale conferivano il ramo di azienda rappresentato dal ristorante “Il Nazzareno MMXX”, sito a Roma, in Largo del Nazzareno, per poi cederlo, il 12 ottobre 2023, alla società MAPICA Srl di al prezzo di 350.000 euro”.
Infine, Cristofaro, Pasquale e Vincenzo Pariota, insieme a Iolanda Iavarone, sono indagati per estorsione mafiosa commessa a ottobre 2019 perché, per conseguire un profitto, dopo avere festeggiato presso la ludoteca “Fantasylandia” il compleanno di un familiare, con violenza e minaccia avrebbero costretto i titolari a non pretendere il pagamento del conto, ammontante a circa 500 euro. Iolanda Iavarone avrebbe detto alla titolare che a Terracina comandavano loro, arrivando persino a schiaffeggiarla così da farla cadere a terra. I tre Pariota, invece, arrivarono a picchiare il titolare di “Fatansylandia”, causandogli un trauma facciale e al torace, con una prognosi di 10 giorni. I due titolari furono minacciati per distogliere loro dalla possibilità di fare denuncia. I quattro indagati si sarebbero vantati di far parte della famiglia campana “I Magisti”, vicina a clan di camorra e originaria di Secondigliano.
