CAMORRA E COVID PIÙ PIZZA, COZZE E BABÀ: L’ANTIMAFIA INDAGA ANCHE UN PONTINO

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La faida dei fratelli Cuomo di Nocera con i rivali di Piedimonte sconfina a Firenze e tocca anche Latina: indagato anche un commerciante trapiantato a Latina nell’operazione che ha messo in evidenza il desiderio dei clan di camorra rispetto ai contributi Covid

La maxi operazione della DDA di Firenze, coordinata dalla Direzione Nazionale Antimafia, ha visto in tutto 10 arresti (7 in carcere e 3 ai domiciliari) più tre indagati tra i quali un uomo trasferitosi ormai da tempo nella provincia di Latina. Le indagini sono state condotte da Polizia di Stato e Guardia di Finanza.

Molti degli arrestati sono personaggi già finiti nelle cronache per fatti inerenti alla criminalità organizzata della provincia di Salerno, e di Nocera Inferiore in particolare. Si tratta, come emerge dall’indagine, di una rivalità accesa tra il clan Cuomo e un gruppo di Piedimonte. Tra gli episodi lumeggiati nelle carte dell’indagine ci sono dinamiche camorristiche tra violenza, illegalità diffusa e – novità pandemica – le mani dei clan sui fondi per il Covid destinati alle imprese ed esportati a Firenze e nella sua provincia. Tra i coinvolti, infatti, anche due colletti bianchi: un professionista di Nocera Inferiore e un altro di Prato, entrambi colpiti da una misura interdittiva per la loro attività.

Ad essere arrestati, come disposto dal provvedimento del Gip Angelo Pezzuti, i fratelli Michele (capo dell’organizzazione criminale) e Luigi Cuomo, 41 e 39 anni, quest’ultimo titolare della pizzeria in “franchising” di Firenze “Pizza Cozze e Babà” (davanti all’ingresso, lo scorso 22 febbraio, esplose una bomba carta); Domenico Rese, 35 anni; Filippo Boffardi e Gennaro De Prisco, 43 anni. Tutti originari di Nocera Inferiore e appartenenti al gruppo dei Cuomo.

Arrestati anche Sabato Mariniello, 29 anni e Luigi D’Auria, 28 anni, considerati appartenenti alla fazione criminale di Piedimonte (frazione di Nocera Inferiore).

Finiti ai domiciliari il figlio di Luigi Cuomo, Michele (omonimo dello zio), Vincenzo Rufolo, 40 anni di Salerno, compagno della madre dei fratelli Cuomo e Umberto Riccio, 42 anni, di Nocera ma residente a Firenze. Interdetti per la durata di 12 mesi il ragioniere Saverio D’Antonio di Nocera Inferiore e Alessandro Maltiniti di Prato. Tra gli indagati anche un minore collocato in una comunità, un cittadino del Bangladesh, Shahin Kazi, residente a Firenze, e un commerciante di LatinaDiodato Civale, che nel 2013 ha aperto a San Felice Circeo la nota pizzeria “Pizza Cozze e Babà”, divenuto poi un brand che, come noto, è presente anche nel capoluogo di provincia. Civale è indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina con l’aggravante del metodo mafioso perché, secondo la DDA, avrebbe assunto falsamente immigrati per lo più bengalesi.

Il blitz, diretto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze guidata dal procuratore Giuseppe Creazzo, sotto il coordinamento dalla Direzione Nazionale Antimafia, è scattato nel capoluogo toscano e in alcune località delle province di Salerno, Prato, Latina, Verona e Potenza. È stato disposto il sequestro preventivo di conti correnti e somme di denaro.

I reati contestati agli indagati sono quelli di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa per aver agevolato il clan camorristico dei fratelli Cuomo, presente a Nocera Inferiore e nella provincia di Salerno, legato al clan Mazzarella di Napoli. L’associazione era finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio, ricettazione, furto, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco ed esplosivi, violazione della normativa in materia di immigrazione, all’indebita percezione di erogazioni pubbliche, nonché al riciclaggio e al reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

Le indagini, avviate nel luglio 2020, hanno permesso di accertare che due fratelli avevano creato a Firenze un’associazione criminale che si è resa responsabile di molti illeciti, commessi in diverse occasioni. Il gruppo aveva scelto una pizzeria di Firenze – Pizza, cozze e babà – acquisita all’indomani dell’inizio della pandemia Covid, come sede dove incontrarsi per stoccare e ricettare il provento di attività illecite e anche per commettere una serie di altri reati. Tra i quali quelli della commissione di furti: due quelli registrati dagli inquirenti, tra i quali una mountain bike elettrica, rubata proprio davanti al locale fiorentino.

La licenza commerciale del ristorante, secondo gli inquirenti, era stata ottenuta grazie a false dichiarazioni circa la sussistenza dei requisiti di onorabilità del richiedente, uno dei fratelli Cuomo che invece era sottoposto alla sorveglianza speciale comminatagli dal Tribunale di Salerno.

La medesima falsa attestazione è stata utilizzata affinchè la società di gestione della pizzeria riuscisse ad ottenere indebitamente contributi a fondo perduto e finanziamenti con garanzia statale per 32mila euro, sfruttando le previsioni normative del decreto di emergenza Covid 2020 per le misure a sostegno delle imprese in difficoltà.

La rapidità delle indagini ha tuttavia impedito che l’organizzazione potesse progredire in questa pratica di illecito “autofinanziamento”, ottenendo ulteriori erogazioni garantite per circa 90mila euro già richiesti a due distinti Istituti di credito. Le linee di credito sono state bloccate nel corso delle indagini.

Sono stati registrati alcuni violenti episodi che i due gruppi si sono inflitti a vicenda, in una logica di ritorsioni: alla vigilia del Natale 2020 e nei primi mesi del 2021. Il gruppo di “Piedimonte” inviò a Firenze Sabato Mariniello e Luigi D’Auria i quali, la notte del 23 febbraio 2021, fecero esplodere due bombe carta nei pressi della pizzeria.

Tra i business che i fratelli Cuomo avevano organizzato anche quello dell’immigrazione clandestina. Secondo l’accusa, avrebbero tentato di procurare illegalmente l’ingresso sul territorio nazionale di cittadini extracomunitari, attraverso l’indebito sfruttamento della normativa del luglio 2020 (DPCM 7 luglio 2020 e relativa Circolare applicativa del 12 ottobre successivo in tema di flussi migratori).

Quaranta i cittadini, provenienti dal Bangladesh, che avrebbero dovuto regolarizzare, dichiarando che avevano un domicilio stabile a Firenze – in realtà le abitazioni non erano nella disponibilità del clan – e che avrebbero lavorato presso il loro ristorante o come badanti. Il business sarebbe consistito nel chiedere ad ognuno di loro 1.500 euro per ogni finta pratica di assunzione. Il sodalizio aveva la disponibilità di oltre un centinaio di copie di documenti di identità di cittadini extracomunitari, predisponendo falsi contratti di assunzione che indicavano, quale presunto luogo di svolgimento dell’attività lavorativa, sia la pizzeria, sia altri esercizi commerciali fiorentini, nell’unica finalità di consentire la presentazione delle domande da parte di imprenditori compiacenti.

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