ASSOLTO, MA NON PUÒ AVERE I SOLDI DELLA INGIUSTA DETENZIONE: KO BIS PER CRUPI

Fu assolto per associazione per delinquere, ma la Cassazione gli nega di nuovo i soldi dello Stato per l’ingiusta detenzione

Rocco Crupi, imprenditore calabro trapiantato a Latina, ha fatto un nuovo ricorso in Cassazione “non per la riparazione dell’errore giudiziario”, sebbene per “il conseguimento della equa riparazione”. Ecco perché, secondo la terza sezione penale della Corte di Cassazione, non ha diritto ai soldi della ingiusta detenzione che ha patito dal 28 settembre 2015 al 14 dicembre 2015 in carcere e da tale data sino al 5
giugno 2019 in regime di arresti domiciliari.

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Così si è pronunciata la Suprema Corte sul ricorso che Crupi, assistito dall’avvocato Giuseppe Belcastro del Foro di Roma, aveva avanzato contro la sentenza n. 25579 del 24 maggio 2023. Secondo tale pronuncia, non può valere un’assoluzione in Appello per il capo d’accusa dell’associazione per delinquere, a fronte di una condanna di primo grado a 21 anni di reclusione, perché ci sono alcuni elementi che non consentono allo Stato di risarcirti per una ingiusta detenzione da settembre a dicembre 2015. Questa era la ragione della Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso presentato da Rocco Crupi, personaggio accusato di esser vicino, insieme alla sua famiglia, alla ‘ndrangheta dei Commisso.

A maggio 2015 Crupi fu arrestato per reati inerenti al traffico di droga. In primo grado, all’esito di giudizio immediato, il Tribunale di Latina lo condannava a 21 anni, successivamente, nel 2019, la Corte d’appello assolveva Crupi dal reato associativo perché il fatto non sussiste e dai reati scopo per non aver commesso il fatto.

Il Giudice della riparazione, però, dopo avere ripercorso la vicenda processuale e, dopo avere richiamato i principi informatori della materia, aveva ritenuto di rigettare la richiesta, individuando, nei comportamenti serbati dal ricorrente una colpa grave ostativa al riconoscimento dell’indennizzo.

La Cassazione, nel 2023, confermava in toto quanto stabiliva il Giudice della riparazione che menzionava il rilevante flusso di denaro che transitava per l’intera penisola e dall’Italia verso l’Olanda, consistente in buste piene di contanti, e che, pur se giustificato ab origine nell’attività di acquisto all’estero di materiale florovivaistico svolta dal Crupi, ben poteva celare, sia pure in parte, una causale di natura illecita, quale appunto il traffico di stupefacenti, non essendo peraltro mai stata fornita la prova circa la corrispondenza tra il denaro inviato in Olanda e quello utilizzato per l’acquisto dei fiori.

Anche i giudici di appello, dopo aver ricostruito questo flusso di denaro avevano peraltro evidenziato che detta corrispondenza non avrebbe potuto essere accertata se non dai diretti interessati, ovvero i soggetti di provenienza e quelli di destinazione tra cui appunto Crupi. Ugualmente veniva posto in rilievo, quale ulteriore profilo condizionante, l’anomalia del sistema utilizzato per far transitare il denaro per l’Europa, ben lontano dai comuni canali di finanziamento e la palese non conferenza della tesi difensiva secondo cui si sarebbe trattato di un sistema più veloce.

Per queste ragioni, la Cassazione aveva respinto il ricorso di Crupi che non solo non avrebbe avuto i soldi per la detenzione patita, ma avrebbe dovuto pagare anche le spese. Lo stesso destino ha trovato l’ulteriore ricorso in Cassazione che ha condannato Crupi al pagamento di 3mila euro di spese.

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