ANNI 2000: IL PIZZO DEL CLAN ANTINOZZI IMPOSTO ALLE AZIENDE DEL SUD PONTINO

anni 2000

Operazione anni 2000: gli attentati subiti dalle aziende nel corso degli anni. Il sodalizio capeggiato da Antinozzi in prima linea

Erano diventanti il terrore delle imprese i guappi di Antinozzi, soprattutto nei comuni di Minturno, Santi Cosma e Damiano e Castelforte (ma non solo); al contempo il clan Mendico era concentrato più sullo smercio di droga come si evince dai numerosi episodi citati nell’inchiesta, tra cui alcuni molto efferati: chi non pagava il debito di droga poteva anche essere sequestrato, malmenato e terrorizzato con una pistola puntata in faccia. In puro stile camorristico.

Ma ciò che colpisce, forse di più, nelle dinamiche messe a punto dai clan, è la facilità con cui il gruppo Antinozzi si muoveva senza problemi tra le aziende del sud pontino a caccia di pizzo ed estorsioni. E soprattutto che l’unico ad ammettere di aver subito una tentata estorsione è stato l’imprenditore Enrico Giuliano. Gli altri hanno sempre negato. Ecco alcuni esempi.

ECOCAR – L’azienda specializzata nel servizio d’igiene urbana lo ha gestito, come noto, sia a Gaeta che a Minturno. E non che non abbia mai avuto problemi, la Ecocar, essendo stata destinataria persino di interdittiva antimafia e oggetto di indagini giudiziarie. Eppure, come si scopre dall’inchiesta dei Carabinieri di Formia, coordinati prima dalla Procura di Cassino e poi dalla DDA di Roma, la Ecocar è stata costretta a corrispondere, alla maniera di un pizzo, 15mila euro, a fronte di una richiesta di 30mila euro, al clan Antinozzi. Siamo nel 2016, quando Antinozzi insieme a due suoi uomini avvicinò alcuni dipendenti della società romana. “Vedete di sistemare le cose qui dentro” disse loro. Evidentemente il “consiglio” del boss non fu afferrato poiché di lì a breve ci fu un autocompattore incendiato.

AMBROSELLI – A Castelforte, Enrico Giuliano, impegnato sempre nell’ambito dei rifiuti, subì due attentati in due mesi, datati 31 agosto 2014 e 17 ottobre 2014. Il primo direttamente contro la sua villa: tre colpi di fucile; il secondo con l’esplosione colpi di arma da fuoco verso l’abitazione dei genitori, il padre Antonio e la madre Maria Assunta Ambroselli. Gli Antinozzi, per il tramite prima di Antonio Reale (delineato dagli investigatori anche come assaggiatore di sostanze stupefacenti ufficiale della consorteria), e poi attraverso altri due del clan, Agostino Di Franco e Vincenzo De Martino, chiedeva a Giuliano la somma di 10mila euro. Richiesta mai assolta da Giuliano.

Dipendente del Centro servizi ambientali e della societò “Tecnoambiente srl” di Castelforte, Giuliano, ad agosto 2014, aveva denuciato anche il furto dell’auto a Scauri. Successivamente, dopo un’altra intimidazione subita il 6 marzo 2016 (auto attinta da colpi di arma da fuoco), Giuliano riuscì a riconoscere, con l’aiuto dei Carabinieri, i suoi aguzzini: Gianluca Di Meo, Alessandro Forcina e Sergio Canzolino.

I soldi richiesti a Giuliano, si scopre ora, sarebbero dovuti servire per pagare l’avvocato a Giuseppe Viccaro, nipote di Antonio Antinozzi. Motivo per cui a Giuliano fu proposto di acquistare anche un immobile appartenuto a Viccaro.

FORMIA – Antinozzi è accusato di aver appiccato il rogo ad un escavatore in un cantiere presso una ditta di Formia, la Simar, impegnata, nel 2016, nella sistemazione del cimitero di Santi Cosma e Damiano per la somma di oltre centomila euro. Ad essere minacciato un operaio della ditta che avrebbe dovuto comunicare la richiesta i denaro al titolare della ditta Antonio Migliorato.

COFIS – Il 2 novembre 2015 un dipendente della “Cofis” di Roma fu avvicinato nei pressi della scuola materna di Castelforte in località Piloni. Un uomo in motorino si fermò vicino al dipendente e, dopo essersi tolto il casco, gli disse: “Dì al tuo capo che si mette a posto… altrimenti”. Il soggetto aveva un passamontagna.

Questa mattina, alcuni degli arrestati nell’operazione Edoardo Parente, Francisco Parente, Fabio Buonamano, Maurizio Mendico, Giancarlo Di Meo, Vincenzo De Martino e Maria “Marica” Messore sono comparsi davanti al Gip del Tribunale di Roma, Laura Caramico D’Auria, e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. A seguire anche gli altri indagati ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere: si tratta di Ettore Mendico, Pierluigi Mendico, Ciro Bonifacio, Sergio Canzolino, Decoroso Antinozzi, Antonio Reale, Antonio Antinozzi, Giuseppe Sola, Agostino Di Franco, Gianluigi Mendico e Adolfo Pandolfo.

Giuseppe Sola, arrestato anche a dicembre 2020, e poi rimesso quasi subito in libertà, ha rilasciato spontanee dichiarazioni.

È attesa la decisione del Gip romano per gli arrestati che si trovano nelle carceri laziali e campane.

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