Ampliamento stabilimento Fassa Bortolo: l’azienda dopo la sentenza del Tar ha fatto appello in Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza del Tar dopo il ricorso presentato dall’azienda Fassa Bortolo, assistita dagli avvocati Alberto Bianchi, Sandro Trevisanato, Andrea Zoppini e Giorgio Vercillo. Secondo i giudici di Palazzo Spada va accolto il primo motivo di doglianza dei ricorrenti in riferimento al Paur (Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale). L’azienda lamentava infatti che Via e Aia fossero stati impugnati da comitati e comuni contrari al progetto oltre il termine di 60 giorni decorrente dalla data di pubblicazione sul bollettino della Regione Lazio. In sostanza il ricorso al Tar sarebbe stato inammissibile perché presentato dal Comune di Cori oltre i tempi.
È stato il sindaco di Artena, Felicetto Angelini, a dare per primo la notizia sui social in merito all’accoglimento del ricorso presentato dalla Fassa Bortolo. “Credo sia doveroso dare notizia della pubblicazione in data 11.6.2024 della sentenza N.05241 emessa dal Consiglio di Stato sulla questione dell’ ampliamento dello stabilimento Fassa. Il Consiglio di Stato – spiega Angelini – ha, di fatto, ribaltato completamente la precedente sentenza del TAR Lazio del novembre 2023. Come potrete leggere nel frontespizio della sentenza, il Comune di Artena non si è neanche costituito, per lasciare la più ampia libertà di giudizio all’ alto consesso oltre a risparmiare soldi.
Fassa potrà ampliare lo stabilimento di Artena così come autorizzato dalla Regione Lazio nel pieno rispetto delle norme urbanistiche e di tutela ambientale. Viene così confermata, una volta di più, la correttezza degli amministratori comunali, che si sono succeduti negli anni, dei molti enti coinvolti e degli uffici comunali e regionali che hanno rispettato fino in fondo le procedure di legge nella disamina del progetto.
Ora coloro che negli anni hanno applicato con metodo scientifico, senza alcuno scrupolo e con evidente successo, la politica della demonizzazione e criminalizzazione degli avversari politici, sottoponendo a critiche ingiuste e inventate sindaci, assessori e funzionari pubblici, facendo perdere alla collettività tempo e soldi preziosi, hanno due strade davanti a sé: la prima, impugnare la sentenza del Consiglio di Stato; la seconda, chiedere pubblicamente scusa a tutti. Ma le due cose prevedono coraggio personale e coerenza politica. Aspetteremo con serena pazienza”,.
A gennaio scorso, l’azienda aveva rinunciato alla sospensiva e, dunque, il ricorso si è discusso direttamente nel merito della vicenda che vedeva contrapposti la società privata contro enti e comitati cittadini. In relazione all’ampliamento dell’impianto di Artena, la Fassa Bortolo si era costituita in giudizio innanzi al Consiglio di Stato per l’annullamento della sentenza del Tar Lazio arrivata nello scorso autunno.
A novembre scorso, infatti, la sentenza del Tar aveva stabilito il “niet” alla realizzazione dell’inceneritore della Fassa Bortolo. Nonostante le ferme opposizioni della stessa Fassa Bortolo, della Regione e del Comune di Artena, il Tribunale Amministrativo Regionale aveva deciso di annullare direttamente l’autorizzazione della società.
L’ampliamento è stato avversato dai comitati cittadini di Colleferro, Giulianello, Carventum, Lariano e dai Comuni di Cori e Valmontone e, ad opponendum, dal Comitato Uniti per la Salvaguardia dell’Ambiente e della Salute. Il Comune di Cori – difeso a Palazzo Spada dagli avvocati Tommaso Conti, Mariantonietta Di Noia e Francesco Salvi -, già a giugno 2018, aveva espresso già parere negativo all’aumento di produzione dell’impianto Fassa S.r.l. sul territorio comunale di Artena così da tutelare e preservare il patrimonio e la salute dei suoi cittadini. L’impianto si trova a circa 1 chilometro dal Monumento Naturale Lago di Giulianello riconosciuto e tutelato dalla Regione Lazio.
L’ampliamento, secondo comitati e enti, comporterebbe l’aumento dell’inquinamento ambientale con conseguente ripercussione sulla salute pubblica, la compromissione dell’area, destinata alla produzione dei prodotti agricoli locali mettendone a rischio la qualità degli stessi; infine, il congestionamento del traffico per le strade di transito di Cori e Giulianello, scaturendo in maggiore inquinamento oltre all’aggravarsi della gestione e relativa manutenzione delle vie di comunicazione.
Nella memoria di costituzione in giudizio formulata dall’avvocato Guglielmo Raso, che difende alcuni dei comitati cittadini, più il Partito Comunista del Lazio, veniva ripercorsa in sintesi tutta la vicenda, partendo dal ricorso con cui il Comune di Cori ha chiesto e ottenuto dal Tar l’annullamento dei provvedimenti della Regione Lazio che hanno approvato e autorizzato il progetto di ampliamento dello stabilimento Fassa di Artena.
Secondo i comitati, il motivo di appello della Fassa al Consiglio di Stato era inammissibile e infondato, evidenziando di come già il Comune di Cori aveva censurato al Tar, che gli ha dato ragione, il provvedimento autorizzatorio regionale – il cosiddetto Paur – per non aver la Regione “tenuto per nulla in considerazione quanto rilevato, espresso, contestato e prescritto da Arpa in merito all’esternalità negativa principale del Progetto: l’inquinamento atmosferico”.
I comitati ricordavano che l’Arpa, a gennaio 2023, aveva evidenziato la necessità di aggiornare – ossia, riformulare – lo studio di dispersione delle emissioni, in quanto effettuato con un modello diverso da quello previsto dalle norme di attuazione del Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria, e ciò con la seguente motivazione. Il parere, per i comitati, aveva natura indubitabilmente obbligatoria: “nel rilasciare il PAUR l’autorità regionale avrebbe dovuto richiamare, anche in estrema sintesi i seguenti elementi: il contenuto del parere obbligatorio dell’ARPA; il contenuto delle “integrazioni” prodotte dalla società appellante; le ragioni per le quali il parere dell’ARPA potesse essere considerato non ostativo al rilascio del PAUR“. Invece, il parere sarebbe stato “del tutto obliterato”.
I comitati chiedevano al Consiglio di Stato che la sentenza del Tar mantenesse la sua esecutività, impendendo l’ampliamento della struttura, altrimenti, in caso contrario, si “determinerebbe un grave ed irreparabile nocumento ai superiori interessi pubblici della tutela della salute e dell’ambiente (in primis) e del governo del territorio”.