AGRO PONTINO E PIANA DI FONDI INONDATI DAL MARE TRA MENO DI CENTO ANNI

AGRO PONTINO E PIANA DI FONDI INONDATI

Rilanciata oggi da Il Fatto Quotidiano, ma già da due settimane tornata in voga tra le varie agenzie di stampa, è la notizia che tra meno di cento anni, nel 2100, il Mediterraneo salirà di un metro trasformando alcune zone costiere italiane in novelle Atlantidi. Lidi e città completamente sommersi dall’acqua in uno scenario catastrofico da blockbuster americano. Eppure, non c’è da mettersi seduti e mangiare i popcorn come al cinema.

In realtà, lo studio citato da molte testate e agenzie giornalistiche risale al 2016 a firma di Fabrizio Antonioli, responsabile del Laboratorio modellistica climatica e impatti dell’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Siamo parlando di un ente pubblico di ricerca tra i più autorevoli che ha visto succedersi alla presidenza scienziati di livello mondiale come Umberto Colombo, Nicola Cabibbo e il senatore a vita Carlo Rubbia.

Tra soli 81 anni – dice Fabrizio Antonioli – in assenza di interventi di mitigazione e adattamento l’innalzamento del mare lungo le coste italiane è stimato tra 0,94 metri e 1,035 metri.

Come ricorda Il Fatto, la scorsa settimana con il “Proteggi Italia”, il Governo ha stanziato 11 miliardi di euro per interventi contro il dissesto idrogeologico nel triennio 2019-2021 (3 miliardi solo quest’anno), ma intanto oltre la metà degli italiani è già potenzialmente a rischio di eventi estremi causati dall’innalzamento del livello del mare.
Un pericolo che lamentano da anni gli operatori balneari o le autorità portuali, dimenticando che spesso sono proprio i porti a produrre ciò che noi chiamiamo comunemente erosione costiera.
In quest’ottica devastante, il Presidente dell’Enea inquadra la questione (video sotto).

Antonioli, già nel 2016, spiegava che “in Italia vi sono 33 aree sensibili che, sulla base della loro attuale posizione (oggi depresse, cioè sotto il livello del mare) sono particolarmente vulnerabili al futuro innalzamento del livello del mare: le aree più estese si trovano sulla costa settentrionale del mare Adriatico tra Trieste e Ravenna, altre aree particolarmente vulnerabili sono le pianure costiere della Versilia, di Fiumicino, le Piane Pontina e di Fondi, le Piane del Sele e del Volturno, l’area costiera di Catania e quelle di Cagliari ed Oristano“.
Non deve stupire i pontini che annoverano, tra le criticità più importanti, le loro coste insidiate da un’erosione costiera costante e continuata nel tempo, come si osserva bene in un video (sotto), realizzato con un drone messo a disposizione dagli operatori balneari di Latina che, poco più di 2 anni fa (agosto 2016), paragonava la situazione contemporanea del lido latinense (da Capo Portiere a Foce Verde) con quella di appena 13 anni prima.

Nella scioccante relazione dell’Enea si ripercorrono con riferimenti scientifici le cause e le possibili conseguenze di un fenomeno, quello dell’innalzamento dei mari, prodotto da cambiamento climatico, provocato vieppiù dall’inquinamento, e caratteristiche connaturate alla Terra.
Nel corso delle ere geologiche, infatti, il livello del mare ha sempre subito delle oscillazioni. Tutte queste oscillazioni possono essere connesse a cause astronomiche, climatiche o geologiche; si tratta della sommatoria di variazioni che interessano l’intero globo a cui vanno sommate variazioni locali che differiscono da settore a settore. Durante l’ultimo periodo “caldo” molto simile al nostro, occorso 125 mila anni fa, il livello del mare era più alto di 8 metri dell’attuale.

Secondo lo studio, i quattro diversi contributi che concorrono all’attuale sollevamento di livello dei mari italiani sono: lo scioglimento dei ghiacci, il riscaldamento superficiale delle acque, l’isostasia (ndr: un fenomeno di equilibrio gravitazionale terrestre) e i movimenti tettonici verticali (ndr: in parole semplici, fenomeni che interessano la crosta terreste come attività sismica, i vulcani ecc.).
L’Italia è un paese geologicamente “vivo” dove vulcani, terremoti e bradisismi (ndr: lenti movimenti locale della crosta terrestre, diretto dall’alto al basso o dal basso verso l’alto) si manifestano con grande frequenza anche in aree costiere. A scala locale i movimenti geofisici costieri indotti dalla situazione geologica locale costituiscono una componente da tenere presente nel computo delle variazioni relative del livello marino. Questi movimenti geofisici possono, infatti, sollevare o abbassare le coste italiane. È vero che non si tratta di variazioni dovute a oscillazioni climatiche, ma il loro effetto, nel computo del rischio futuro della costa, assume una grande importanza. Si può facilmente dedurre come nelle aree costiere site in zone tettonicamente attive si instaurino movimenti tettonici di sollevamento o abbassamento i cui tassi oscillano fra -1 mm all’anno e +2.4 mm all’anno.
La subsidenza, quel lento e progressivo sprofondamento del fondo di un bacino marino o di un’area continentale, nelle pianure costiere, come ad esempio la nostra pianura pontina, può essere correlata sia a cause naturali (costipamento dei sedimenti), sia connessa con le attività antropiche come la bonifica idraulica (nelle nostre città di fondazioni, compreso il capoluogo pontino, qualcosa ne sappiamo), l’estrazione di fluidi, lo sfruttamento degli idrocarburi. Con buona pace degli estremisti della trivella.
Antonioli porta come esempio la fascia costiera emiliano-romagnola che ha fatto registrare tassi di subsidenza che hanno raggiunto i 70 mm/anno, di cui quelli riconducibili ad attività umane, per estrazione di gas ed emungimento di acqua, sono pari a 10-30 mm/anno.

Erosione costiera a Latina
Erosione costiera a Latina

Nel 2004 fu pubblicata una ricerca multidisciplinare che ha evidenziato come il livello del mare non ha mai subìto accelerazioni così alte come quella avvenuta in questo secolo. Questa affermazione si basa sui dati archeologici relativi alla quota di piscine di allevamento di pesci di epoca romana (2000 anni fa), oggi sommerse a -1,20 m nel mare Tirreno, e sull’analisi dei mareografi italiani. Le previsioni di quanto si alzerà il livello marino nel prossimo futuro (anno 2100) sono basate sul riscaldamento del pianeta, sulle ricostruzioni paleoclimatiche, sui dati mareografici, sulle variazioni storiche della temperatura media della Terra, sulle masse di ghiaccio potenzialmente in scioglimento e sull’effetto dell’espansione termica degli oceani connesse al riscaldamento globale e conseguente concentrazione in CO2 (anidride carbonica, ossia inquinamento).
Il rapporto dell’IPCC 2013, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’ONU, ha affrontato lo studio dei cambiamenti climatici in atto, lo sviluppo di scenari futuri, la definizione della vulnerabilità dei sistemi naturali e sociali, nonché le strategie di adattamento e di mitigazione secondo i diversi scenari di emissione considerati, a seconda dei possibili modelli di sviluppo socio-economico mondiale. Secondo l’IPCC , tra l’aumento della temperatura globale, lo scioglimento dei ghiacciai perenni e l’innalzamento dei mari, ci restano ancora 12 anni prima di superare il punto di non ritorno, ossia fare in modo che i cambiamenti climatici in atto non diventino irreversibili.

Un monito piuttosto eloquente che sculaccia la nostra consapevolezza, prossima allo zero, del pericolo che stiamo correndo. Senza contare le continue passerelle che, come sappiamo in provincia di Latina, avvengono tra politici, amministrazioni locali e regionali che promettono piani per l’erosione costiera che non partono mai, diatribe su quali tecniche utilizzare e leggi, oltreché piani e regolamenti, che più di aiutare ad amministrare con intelligenza il fenomeno del depauperamento costiero, lo rendono ingovernabile.

 

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