Considerati dalla Direzione Distrettuale Antimafia prestanome dei D’Alterio, il Tribunale di Roma li ha entrambi assolti
Entrambi, Matteo Simoneschi e Giuseppe Salemme, dovevano rispondere dinanzi al Tribunale di Roma del reato di trasferimento fraudolento di valori poiché secondo la DDA di Roma, che aveva ottenuto il loro rinvio a giudizio, fungevano da prestanome della famiglia D’Alterio, in particolare di Giuseppe D’Alterio, assolto di recente nel processo Aleppo II ma condannato nel processo gemello Aleppo I.
I due imputati erano emersi nella prima indagine come persone in grado di far eludere le posizioni di D’Alterio e dei figli Melissa, Luigi e Armando (condannati anche loro in primo grado nel processo Aleppo I) in merito alle attività della società “La Superma Srl”, la ditta che controllava l’indotto legato ai trasporti da e per il Mercato ortofrutticolo di Fondi.
Un giro d’affari da centinaia di migliaia di euro che si improntava su una “tassa” imposta a tutte le altre ditte che riuscivano a prendere qualche commessa e a trasportare merci dal Mof: dai 100 ai 500 euro a viaggio (a seconda del valore della commessa) ma solo dopo aver chiesto l’autorizzazione ai D’Alterio. In sostanza, secondo la DDA, Simoneschi e Salemme erano i soci/prestanome fittizi della srl ma a controllare la ditta “La Suprema” rimaneva la famiglia D’Alterio, nonostante il rappresentante legale fosse Mauro Di Marino.
Il Tribunale di Roma ha assolto, però, sia Simoneschi che Salemme, assistiti dagli avvocati Oropallo e Mastrobattista, da ogni accusa perché il fatto non sussiste e vieppiù ha scagionato anche la ditta, accusata di autoriciclaggio.