ALEPPO I, IL REGIME AL MOF DI FONDI: CONDANNATO A PIÙ DI 11 ANNI GIUSEPPE D’ALTERIO

Tribunale di Latina

Operazione “Aleppo I”: giudicato dal Tribunale di Latina Giuseppe D’Alterio, detto ‘O Marocchino, dopo l’assoluzione per “Aleppo II”

A inizio mese di aprile, nonostante la richiesta di condannarlo a 7 anni da parte del Pm Luigia Spinelli per atti di concorrenza violenta e tramite minaccia, D’Alterio è stato assolto dal Collegio del Tribunale presieduto dal Giudice Gian Luca Soana. Si trattava del processo scaturito dall’inchiesta denominata Aleppo II finalizzata a marzo 2020 dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e dai Carabinieri del Comando Provinciale di Latina. In Aleppo I, D’Alterio era accusato di estorsione, autoriciclaggio, concorrenza illecita e intestazione fittizia di beni, reati contestati con l’aggravante del metodo mafioso.

Un’operazione, quest’ultima, che era diretta conseguenza della prima inchiesta sfociata in arresti e condanne col rito abbreviato, dal nome “Aleppo I”, la quale, per un paradosso di tempi della giustizia, ha visto emettere il suo verdetto processuale nei confronti del suo principale imputato, per l’appunto Giuseppe D’Alterio, dopo quella che era a tutti gli effetti una sua appendice. La sentenza per D’Alterio in “Aleppo I”, in sostanza, è arrivata dopo “Aleppo II”.

Giuseppe D'Alterio detto 'O Marocchino
Giuseppe D’Alterio detto ‘O Marocchino

Per la prima operazione “Aleppo I”, sono stati condannati già in quattro che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Chiara Gallo, il 19 luglio 2019, ha condannato la moglie di Giuseppe D’Alterio detto ‘O Marocchino, Anna D’Avia, a due anni di reclusione, con sospensione condizionale della pena, e i figli Luigi D’Alterio a 6 anni e 4 mesi, Armando D’Alterio a 3 anni, 6 mesi e 20 giorni, e Melissa D’Alterio a 3 anni e 4 mesi.

All’epoca della succitata operazione tra Fondi, Terracina e Mondragone – siamo nel settembre 2018 -, fu scoperchiato dalla DDA di Roma un sistema che funzionava senza intoppi ed era riconosciuto e accettato da tutti. Un sistema che la famiglia D’Alterio, nonostante le inchieste e i sequestri degli anni passati, era riuscita a ricostruire intorno alla ditta La Suprema srl e a controllare l’indotto legato ai trasporti da e per il Mercato ortofrutticolo di Fondi. Un giro d’affari da centinaia di migliaia di euro che si improntava su una “tassa” imposta a tutte le altre ditte che riuscivano a prendere qualche commessa e a trasportare merci dal Mof: dai 100 a ai 500 euro a viaggio (a seconda del valore della commessa) ma solo dopo aver chiesto l’autorizzazione ai D’Alterio.

Nell’inchiesta “Aleppo I”, emersero anche diverse minacce nei confronti di un imprenditore della provincia di Viterbo, preso di mira “per tornare in possesso di beni che il medesimo aveva acquistato a un’asta pubblica, dopo che erano stati sottratti agli stessi D’Alterio in esecuzione di una misura di prevenzione”. Secondo gli inquirenti, gli approfondimenti investigativi avrebbero comprovato il condizionamento ambientale imposto con metodo mafioso dalla famiglia D’Alterio sull’indotto del M.O.F. di Fondi, ottenuto grazie anche a radicati collegamenti con i clan camorristici casertani.

Da quello che si evinceva, al Mercato ortofrutticolo di Fondi, sarebbe stata vigente la legge dei D’Alterio. Peppe D’Alterio, secondo anche quanto raccontato dai collaboratori di giustizia, avrebbe dimostrato negli anni di avere contatti con clan casertani e con i clan sinti di Latina, su tutti Cha Cha e il figlio Renato Pugliese (circostanze confermate da quest’ultimo nel processo Alba Pontina).

Ad ogni modo, il Pm Luigia Spinelli, così come per Aleppo II, ha chiesto la sua condanna: stavolta per un ammontare di dieci anni di reclusione. La condanna per ‘O Marocchino da parte del Collegio del Tribunale di Latina presieduto dal Giudice Francesco Valentini è stata vieppiù pesante: 11 anni e 4 mesi. Esclusa l’aggravante mafiosa, ad ogni modo alcune posizioni di altrettante vittime sono state inviate al vaglio della Procura poiché si suppone siano state reticenti e abbiano mentito in qualità di testimoni. Anche questo era il clima che si respirava al Mof e nelle aule di Tribunale.

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