Il 3 ottobre la Camera dei Deputati ha approvato la prima versione della legge di modifica della class action. Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale Antitrust, a dieci anni dalla nascita di questo strumento, solo una causa su due viene ammessa al giudizio, e solo una ogni sette riesce a ottenere un risarcimento.
Il principio del danno compensativo impone che il risarcimento debba corrispondere al danno effettivamente subìto dai consumatori, a differenza della giurisdizione americana dove il danno è di tipo punitivo e quindi il risarcimento è un multiplo del danno commesso. Secondo l’articolo 140bis del Codice dei consumatori, che a oggi regola le azioni di classe, sono tutelabili tramite class action “i diritti individuali omogenei dei consumatori” derivanti da “pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali”. Se la nuova proposta di legge dovesse passare anche in Senato, questo articolo verrebbe eliminato dal Codice dei consumatori per entrare nel Codice di procedura civile. Questa rivoluzione permetterebbe di avviare un’azione di classe non solo ai consumatori e utenti di un’azienda ma a qualsiasi gruppo di cittadini che vede lesi i propri diritti “omogenei e individuali”. Potrebbero fioccare diverse cause collettive per il rispetto dei diritti dei lavoratori, per crimini ambientali o contro la salute.
Ma ad oggi, come si è visto per il caso delle partite pregresse, la cautela nell’intentare questo tipo di azioni deve essere massima pena il rischio di esporre il civismo a brutte figure, e la dirigenza di Acqualatina, responsabile di enormi ingiustizie nel corso del suo più che decennale potentato sull’acqua, a facili vittorie.
Latina Tu, di seguito, pubblica l’ordinanza con cui la Corte d’Appello di Roma ha dato ragione ad Acqualatina ai danni dei tanti cittadini che avevano creduto, in buona fede, di essere al riparo da brutte sorprese.
Leggi qui l’Ordinanza di inammissibilità.