ELETTO DIRETTIVO NUOVA SEZIONE ANPI A LENOLA

Scritto e a cura di Orazio Ruggieri

Con una partecipazione che ha visto la presenza di molti simpatizzanti giunti anche da fuori paese, si è svolta, a Lenola, l’assemblea costituente della nuova sezione A.N.P.I. (Associazione nazionale Partigiani d’Italia).

Intitolata al compianto “sindaco partigiano”, Angelo De Filippis, che, nei giorni della lotta all’invasore, assunse il nome di battaglia di “Lucio”, la nuova sezione ha avuto il battesimo della presenza di Vincenzo Calò, della segreteria nazionale ANPI, e di Teresa Pampena, presidente provinciale dell’associazione. Il fertile dibattito, svoltosi sul tema del rilancio dei valori della Costituzione (“Va dove ti porta la Costituzione” era lo slogan pubblicizzato sul manifesto di convocazione dell’assemblea) ha toccato tutti i punti che oggi evidenziano una grave criticità nel mondo e che vanno dalla violenza contro le donne ai rigurgiti razzisti, dalla guerra alla proclamazione di principi divisivi, ecc.

Un segno significativo è rappresentato dalla preminenza della componente femminile nel nuovo quadro dirigente della neonata realtà associativa che, da sabato 9, non fa più parte della sezione intercomunale di Fondi, Lenola e Monte San Biagio e che vive ora di una sua autonomia operativa. Questo l’organigramma dirigente eletto all’unanimità: Pierluigi De Filippis, presidente, Fiorentino Attilio Pietrosanto, Marina Lo Stocco, Giannaelena De Filippis, Mariella Conti componenti del direttivo. Molte le annunciate iscrizioni di nuovi adepti che troveranno conferma e validazione nei primi giorni dell’operatività della sezione. Un toccante momento  è stato, poi,  il ricordo dell’ex sindaco e amministratore per 21 anni, Giovanni Battista De Filippis, figlio del “sindaco partigiano”, socio dell’A.N.P.I. e strenuo sostenitore delle battaglie contro qualsiasi forma di dittatura e di imbavagliamento delle coscienze. Un momento altrettanto toccante, nel corso del dibattito, c’è stato, poi, con l’intervento del parroco di Lenola, don Adriano di Gesù, il quale,  oltre a rimarcare la vita dell’ins. Angelo De Filippis, il “sindaco partigiano” e di evidenziarne il “fulgido esempio di partigiano, di politico, di cattolico e di genitore”, ha parlato intensamente di un altro grande personaggio che ha dato tanto in quel periodo buio della guerra, don Gioacchino Rey, prozio del neo presidente ANPI di Lenola, Pierluigi De Filippis, in quanto fratello della nonna materna. Don Adriano ha ricordato che don Giacchino, nativo di Lenola, dove vide la luce il 26 luglio 1888, si distinse in un esemplare slancio di aiuto ai suoi parrocchiani e alle vittime dei rastrellamenti effettuati a Roma dalle SS nel 1944, mettendo più di una volta, a rischio la sua stessa vita. Parroco di Santa Maria del Buon Consiglio, nel quartiere Quadraro, a Roma, si adoperò per evitare quante più deportazioni possibili  in Germania.

Significativo fu il suo sforzo per salvare vite umane quando, il 17 aprile 1944, dopo il precedente feroce rastrellamento che portò all’eccidio delle Fosse Ardeatine, le SS di stanza a Roma, al comando del tenente colonnello Herbert Kappler, operarono ancora uno dei più violenti atti di cattura di persone, con l’operazione denominata “Balena”, su ispirazione di Himmler. Con questa azione si ricercavano uomini dai 16 ai 55 anni da deportare nelle fabbriche del Terzo Reich a svolgere lavoro coatto. Don Giacchino, dopo essersi offerto come ostaggio al posto dei suoi parrocchiani, fece una spola ininterrotta tra il Quadraro e gli studi cinematografici di Cinecittà, luogo dove erano stati deportati provvisoriamente i rastrellati, portando notizie, informazioni e saluti dai parenti, venendo più volte malamente picchiato dai militari tedeschi per questa sua presenza, tra i prigionieri, che infastidiva le truppe occupanti. Procurò un gran numero di documenti di identità utili a far liberare alcuni rastrellati e raccolse i nomi dei restanti, operazione mai effettuata dai Tedeschi,  anche per censire nominativamente l’assurdo atto criminoso e, quando li vide rinchiusi sul treno che li portava via, li benedisse come ultimo atto d’amore per i suoi parrocchiani. Don Giacchino – ha pure ricordato don Adriano nel suo intervento- spirò a Roma il 13 dicembre 1944, investito da un’auto mentre si recava a compiere l’ultimo suo atto di sacerdotale carità, la visita a un ammalato grave originario di Lenola.

A lui, chiamato, dal sommo Pontefice Pio XII,  anche “Parroco delle trincee” per i compiti di cappellano svolti al fronte durante la prima guerra mondiale, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito la Medaglia d’oro al Merito Civile, il 7 aprile 2017. Il 28 marzo, sempre del 2017, l’arcivescovo di Gaeta, Luigi Vari, inoltrò domanda alla Santa Sede per poter far seppellire le spoglie di don Giacchino nella chiesa di Santa Maria Maggiore, a Lenola, sua cittadina natale. Il permesso venne concesso dal cardinale Beniamino Stella, Prefetto per la Congregazione per il Clero, l’11 aprile del 2017 e dal 23 luglio dello stesso anno le spoglie del “Parroco delle trincee” riposano nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore in località Colle a Lenola.

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