Omicidio di Sumal Jaghsheer a Borgo Montello: è iniziato il processo a carico dei nove arrestati dalla Squadra Mobile di Latina
È iniziato il processo davanti alla Corte presieduta dal Giudice ValentinI, a latere il Giudice Nadile, e alla giuria popolare chiamata in causa perché al centro del procedimento c’è un omicidio.
Sul banco degli imputati colui che è considerato il capo della banda Singh Jiwan e Singh Devender, Singh Ranjit, Sohal Gurvinder Singh, Singh Harmandeep e Singh Surjit. Risultano tuttora latitanti e già tornati in patria gli altri destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita ad aprile scorso dalla Squadra Mobile di Latina, che ha svolto le indagini coordinate dal sostituto procuratore di Latina Marco Giancristofaro, oggi presente in Aula come Pubblico Ministero. Si tratta di Singh Parampal, Singh Gurpinder e Singh Harinder.
Un processo difficile che deve fare luce sulla mattanza di Via Monfalcone datata 30 ottobre 2021 quando la banda di indiani fece irruzione all’interno dell’abitazione di un loro connazionale dove si tenevano dei festeggiamenti e, armati di pistola e mazze di ferro, aggredirono i presenti causando la morte di Sumal Jagsheer e il ferimento di altri uomini sempre di nazionalità indiana.
Nell’udienza odierna che apriva il processo, oltreché ai sei imputati, due dei quali video-collegati dal carcere di Frosinone, c’erano le parti offese (non tutte presenti) che hanno disposto la loro costituzione di parte civile accolta dalla Corte. Si tratta dei congiunti del 29enne Sumal Jagsheer, pestato e ridotto alla morte nel podere di Borgo Montello, a due passi dalla discarica. Le parti civili sono difese dall’avvocato Simone Rinaldi. Il collegio difensivo degli imputati è composto dagli avvocati Coronella, Righi, Rocci, Ercolani, e Palmieri.
E a rendere complicato il dibattimento che si è aperto quest’oggi c’è anche un altro particolare: sia gli imputati che alcuni dei testimoni hanno bisogno degli interpreti, nominati dal Tribunale. Un particolare non di poco conto perché tutto ciò che si dice in aula viene mediato da un traduttore, tanto è che la prima eccezione che formula l’avvocato Coronnella è quella di uno degli imputati che parlerebbe punjabi ma non saprebbe leggero. Alla fine, il Tribunale rigetta l’eccezione perché l’imputato non aveva mai palesato questa difficoltà, ma è solo l’incipit ad alcuni misunderstanding che si sono palesati in aula.
Ad iniziare il dibattimento, interrogati dal Pm Giancristofaro, due testimoni dell’accusa, ossia due giovani che abitavano con la vittima nell’ex podere “Piciacchia” a Borgo Montello. Entrambi erano presenti in quel maledetto giorno di fine ottobre quando, prima della morte del 29enne che festeggiava la nascita del suo bambino in India, c’era stato un vero e proprio raid le cui conseguenze erano evidente dal lascito: sedie e porte completamente frantumate all’ex podere dopo la furia della banda intervenuta.
Erano circa 35 gli uomini della banda, ha dichiarato il primo dei testimoni che non parla italiano e deve farsi tradurre dall’interprete. Alla festa del 30 ottobre 2021, iniziata alle 16 del pomeriggio, c’erano 50 persone prima della furia della banda. È alle 22,30, secondo quanto riferito in aula dal testimone, che arrivano i componenti del commando e il teste conosceva tutti, così come conosce gli imputati che durante il dibattimento identifica. Il primo ad essere identificato è l’uomo ritenuto il ras della banda: Singh Jiwan, presente in Aula, vestito di una maglietta rossa. Tra i presenti come spettatore anche la compagna, e indagata a piede libero, con cui gestisce un negozio di alimentari a Borgo Bainsizza. E sarebbe proprio l’esercizio commerciale del borgo al centro dei primi motivi di rivalsa: il deceduto (ex componente del sodalizio di Jiwan), infatti, insieme agli amici, non andava più ad acquistare i generi elementari nel negozio di Borgo Bainsizza gestito dalla moglie di Jiwan, preferendo un altro a pochi metri il cui titolare è un connazionale presente la sera della festa e scampato miracolosamente alla mattanza di Via Monfalcone (il suo furgone fu danneggiato).
“Hanno distrutto le macchine con bastoni e hanno preso a bastonate le persone – dice in aule il primo dei testimoni – E poi ho sentito sparare e ho visto i bossoli, ma non so chi avesse in mano la pistola. Minacciavano di uccidere: vi uccidiamo, hanno detto”.
Poi, ricostruisce di come scappò insieme Jagsheer e a un altro amico presente alla festa nel piano superiore del podere, nascondendosi chi in cucina, chi in bagno. “Abbiamo fatto le scale, siamo entrati in cucina, c’era anche un terzo che si rinchiuse nel bagno. Sono entrati in casa spaccando la porta di vetro e invece la porta della cucina l’hanno aperta spingendo, minacciando e insultando, armati di spranghe e bastoni”. Sarebbe stato proprio Jiwan il più minaccioso. È stato lì che il 29enne è stato colpito alla testa con un bastone di metallo: una circostanza che lo ha portato alla morte.
“Prima colpirono la testa della vittima con il bastone di metallo. Anche Jagsheer aveva un bastone in mano – spiega il testimone che è anche parte civile – ma non sa da dove lo aveva preso”. Il teste ricorda di essere stato schiacciato tra la porta e il muro e che poi fu trascinato fuori per essere picchiato.
Alla domanda del Pm Giancristofaro che tentava di far spiegare il movente della mattanza, il testimone risponde: “Quando i 35 uomini sono arrivati, non c” stato nessun litigio: sono arrivati e hanno distrutto auto e furgone“.
I FATTI RICOSTRUITI DALL’INDAGINE – Gi arresti scattarono ad aprile scorso su disposizione della Procura Della Repubblica di Latina. La Squadra Mobile diede esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Latina nei confronti di nove persone gravemente indiziate, a vario titolo, di reati ai reati di omicidio volontario, porto illegale di pistola, lesioni personali aggravate e rapina aggravata.
L’ordinanza fu l’epilogo di una attività di indagine che aveva avuto origine a seguito della violenta aggressione perpetrata il 30 ottobre 2021, quando la banda di indiani fece irruzione all’interno dell’abitazione di un loro connazionale dove si tenevano dei festeggiamenti e, armati di pistola e mazze di ferro, aggredirono i presenti causando la morte di Sumal Jagsheer e il ferimento di altri uomini sempre di nazionalità indiana.
Nell’immediatezza dei fatti, fu sottoposto a fermo Singh Jiwan ritenuto appunto responsabile per l’omicidio Jagsheer, deceduto quella notte a seguito dell’aggressione posta in essere in Strada Monfalcone. Le successive indagini coordinate dalla Procura di Latina e condotte dalla Squadra Mobile, attraverso l’ausilio di intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno permesso di ricostruire la dinamica degli eventi occorsi e ricondurre la commissione dei fatti ad un gruppo di cittadini indiani, capeggiato da Singh Jiwan, che con violenza e minaccia, secondo l’accusa, aveva compiuto la spedizione punitiva.
Secondo inquirenti e investigatori, emerge come l’azione sia stata preordinata per punire alcune delle persone presenti ai festeggiamenti, ritenuti colpevoli di essersi allontanate dal sodalizio, oltre che per incutere timore e paura nei confronti di esercenti commerciali, sempre appartenenti alla comunità indiana.
Al riguardo, la misura cautelare fu disposta anche per una rapina commessa lo scorso 2 ottobre 2021 ai danni di un esercente commerciale, di nazionalità indiana, a cui è stata sottratta la somma contante di 3500 euro.
Oltreché a Singh Jiwan, furono destinatari della misura cautelare il 38enne Singh Gurpinder ad oggi latitante; il 40enne Singh Devender detto “Binda”, già ristretto nel carcere di Velletri; Singh Ranjit (41 anni) detto “Mika”, anche lui in carcere a Velletri; Singh Parampal (32 anni) detto “Bhuryal” e “Pureval”, ad oggi latitante; Sohal Gurvinder Singh (33 anni) detto “Harry”, già ristretto nel carcere di Rebibbia; Singh Harmandeep (38 anni); Singh Surjit (36 anni) detto “Sunny” e Singh Harinder (32 anni). Risultava indagata a piede libero anche la 35enne Mandeep Kaur, compagna di Singhi Jiwan.
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Singh Jiwan detto “Gighen”, Singh Rajit e Singh Devender sono stati condannati a fine giugno per episodi di rapine e violenze tra Latina e Aprilia. Circostanze emerse grazie a un’altra indagine dei Carabinieri.