Processo Scheggia: è ripreso in Aula il dibattimento per il procedimento che vede sul banco degli imputati l’ex consigliera regionale Gina Cetrone. L’ex esponente politica è stata esaminata dai Pm Luigia Spinelli e Corrado Fasanelli
Una nuova udienza del processo “Scheggia”, dopo quella celebratasi il 6 maggio scorso, davanti al Collegio presieduto dalla Presidente Caterina Chiaravalloti, che vede giudicati Gina Cetrone, l’ex marito Umberto Pagliaroli, due Di Silvio – Armando detto Lallà e il figlio Gianluca – più l’attuale collaboratore di giustizia Agostino Riccardo già escusso come testimone. Come noto, l’altro imputato, Samuele Di Silvio, figlio di “Lallà”, è deceduto lo scorso febbraio nel carcere di Agrigento dove era recluso. I reati contestati agli imputati sono estorsione, atti di illecita concorrenza, violenza privata, più gli illeciti connessi alle elezioni amministrative di Terracina 2016, tutti aggravati dal metodo mafioso.
Una nuova udienza che ha visto da una parte l’accusa rappresentata dai Pubblici Ministeri Spinelli e Fasanelli e dall’altra la principale imputata, l’ex consigliera regionale del Pdl Gina Cetrone. Un esame lungo e a tratti teso con aspetti ancora poco chiari ma anche con qualche elemento che potrebbe giocare a favore dell’imputata. Il punto più debole delle risposte di Cetrone è stato sicuramente il non aver chiarito la presenza dell’ex affiliato Di Silvio, ora collaboratore di giustizia, Agostino Riccardo, dentro casa della madre a Capocroce (Sonnino). L’anno era il 2016, mese di aprile, quando, secondo gli inquirenti, si concretizzò di lì a breve un’estorsione ai danni di un imprenditore di Pescara indietro con i pagamenti. Al contrario, il punto forte della difesa della ex consigliera del centrodestra è l’aspetto secondo il quale lo stesso imprenditore – che avrebbe subito l’estorsione, già escusso in aula a Latina quando ha dichiarato di aver dato in soldi per paura – avrebbe proseguito il rapporto di lavoro con Cetrone fino al 2019: ossia tre anni dopo la contestata estorsione. “Questo sempre per ringraziarmi dell’estorsione”, ha detto più volte sarcasticamente in Aula Gina Cetrone. Ma andiamo con ordine.
Nella scorsa udienza era stato concluso il contro-esame del Dirigente della Squadra Mobile di Latina Giuseppe Pontecorvo da parte del collegio difensivo e si era partiti con l’esame degli imputati. Ad essere interrogato dal Pm Corrado Fasanelli della Procura/DDA di Roma l’uomo ritenuto il boss del sodalizio rom di Campo Boario Armando “Lallà” Di Silvio il quale aveva spiegato la sua versione dei fatti, già ribadita più volte nel corso di questo processo.
Lallà aveva dichiarato di non aver mai avuto rapporti con Cetrone e Pagliaroli, evidenziando il suo disprezzo per i collaboratori di giustizia, in particolare per Agostino Riccardo, e negando in sostanza di essere un boss: “Io sono un povero scemo altro che capo. Mai ricevuto denaro da Riccardo e non gli davo confidenza perché era ludopatico e drogato. Ho dato io a Riccardo qualche euro per le sigarette ma li spendeva giocando“.
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Oggi, nella nuova udienza, era previsto l’esame degli imputati Gianluca Di Silvio, Umberto Pagliaroli e Gina Cetrone, oltreché del testimone della difesa Pasquale Maietta (presente in aula), ex deputato di Fratelli d’Italia e un tempo Presidente del Latina Calcio negli anni d’oro tra politica, affari e sport, menzionato più volte dai “pentiti”. Nelle passate udienze, sia il pm Luigia Spinelli che il collega Corrado Fasanelli avevano spiegato che l’ex tesoriere del gruppo parlamentare alla Camera dei Deputati del partito di Giorgia Meloni (nella scorsa legislatura) è indagato per procedimento connesso, accusato di voto di scambio e di aver disposto minacce nei confronti dell’ex consigliere comunale di Terracina Di Mario affinché non si dimettesse e non facesse cadere l’allora Giunta Procaccini nel 2015 (leggi approfondimento di seguito). La sua testimonianza è, però, saltata, considerato che l’esame di Cetrone è durato per più di tre ore fino alle 18,30 circa.
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È iniziato col botto l’esame dell’ex consigliera regionale Cetrone quando, alla prima domanda del Pm Luigia Spinelli, in riferimento alla campagna elettorale del 2013, ha spiegato senza mezzi termini, confermando peraltro quanto aveva detto dal suo punto di vista Agostino Riccardo: “Ho conosciuto Agostino Riccardo tramite il sindaco di Latina Di Giorgi…mi chiese di passare al Comune di Latina, era metà febbraio 2013. Di Giorgi l’ho conosciuto sui banchi del consiglio regionale (ndr: erano stati entrambi alla Pisana). Mi chiese di passare e mi chiese chi si stava occupando della mia compagna elettorale di cui, al tempo, si occupavano giovani universitari assunti col cococo”.
All’epoca Gina Cetrone era candidata come consigliere regionale, carica che aveva rivestito fino al gennaio 2013, e come deputata della Repubblica, nelle fila della lista dell’allora neo-movimento “Fratelli d’Italia” di Giorgia Meloni. “Di Giorgi mi disse – ha proseguito Cetrone, interrogata dal Pm Spinelli – che Agostino si occupava delle campagne elettorali a Latina sia per il centrodestra che per il centrosinistra“. Una sorta di monopolio dell’attacchinaggio dei manifesti elettorali gestito da Riccardo a tal punto che quei ragazzi “squattrinati” (così li ha definiti Cetrone) che facevano campagna elettorale per l’imprenditrice di Sonnino non avrebbero potuto toccare palla nel capoluogo pontino.
Il Pm Spinelli ha ricordato a Cetrone cosa ha dichiarato a verbale e cioè che Di Giorgi le avrebbe detto che Riccardo gestiva i manifesti per centrodestra e centrosinistra “per evitare conflitti“. Al che Cetrone non ha negato e ha specificato di non sapere chi fosse l’allora affiliato dei Di Silvio: “Immaginavo che Riccardo fosse una persona equilibrata. Su Latina la persona preposta all’attacchinaggio era Agostino Riccardo”. E ancora, parlando dell’incontro avvenuto tra lei, Di Giorgi e Riccardo: “In questo incontro c’era anche Maietta (ndr: all’epoca assessore al bilancio del Comune di Latina), ma lui non espresse nessun parere”. Dopo aver appurato della presa di Riccardo sul mondo dei manifesti elettorali a Latina, Cetrone ha chiarito: “Mi cerca Riccardo e così passai il nominativo all’avvocato (ndr: mandatario della campagna elettorale). Non sapevo chi fosse Riccardo essendo di Sonnino e gli affidai alcuni manifesti, 5000 manifesti circa. Ho pagato Riccardo tramite assegni, materialmente li staccava l’avvocato Marigliani”. Una circostanza rintuzzata dall’accusa che ha detto alla interrogata che, a verbale, ha dichiarato che non gli andasse a genio di dover pagare in contanti. Ma l’ex consigliere ha ribadito: “È stato pagato con assegni e sulla causale c’era acquisto manifesti. Per l’attacchinaggio ho speso dei soldi ma non ricordo quanto, posso dire che nel 2013, per la campagna tra regione e parlamento, ho speso 45mila euro“. A verbale, Cetrone avrebbe dichiarato di aver speso solo per i manifesti la cifra di 5mila euro.
Finita la campagna elettorale, Cetrone non venne eletta né in Regione né in Parlamento, eppure pare che Riccardo fosse diventato un po’ di più di un semplice attacchino di manifesti elettorali. “A fine campagna elettorale ho dichiarato che Riccardo è venuto da me e mi disse “ti stanno facendo le scarpe”. Avevo notato scorrettezze da parte di Di Giorgi, Maietta e Calandrini. Alcuni cittadini mi dicevano che da Fratelli d’Italia avevano ricevuto l’imput di sostenere Calandrini…al termine della campagna si presentò Riccardo e mi disse che a Roma era successo un casino”. In sostanza, il partito aveva scelto Maietta che ancora non eletto nello scranno di Montecitorio, lo sarebbe stato di lì a breve: l’attuale Vicepresidente della Camera dei Deputati della Repubblica Italiana Fabio Rampelli, che nel 2013 era stato eletto in entrambi i collegi del Lazio, scelse Roma pur di fare entrare in Parlamento l’allora Presidente del Latina calcio Maietta (primo dei non eletti).
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Il partito di Fratelli d’Italia, secondo quanto raccontato da Cetrone e prima di lei da Riccardo, aveva scelto di appoggiare Calandrini in Regione e Maietta in parlamento. “Io feci presente le parole di Riccardo – ha detto Cetrone – ai vertici di Fratelli d’Italia. Dopo poco mi dimisi dal partito. Decisi di abbandonare la politica pur avendo avuto proposte per far parte di uno staff europeo a Bruxelles”. A Cetrone, infatti, non era andato giù il fatto di essere stata praticamente abbandonata in campagna elettorale – peraltro Riccardo racconta nei verbali che i voti della curva del Latina Calcio andarono in blocco al suo rivale di partito alla Regione Lazio, Nicola Calandrini – e, successivamente, di essere stata snobbata per la costruzione della linea di partito. Dettero precedenza, infatti, secondo quanto raccontato da Cetrone, all’imprenditore di Cisterna Tintisona che “alcuni cittadini mi dissero sarebbe stato arrestato…e per di più alle politiche del 2013 aveva appoggiato le liste di Ingroia”.
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Sul rapporto con Maietta. “L’ho incontrato a una partita del Latina Calcio, a febbraio 2013. In tribuna d’onore c’erano diverse persone appartenenti alla Guardia di Finanza. Poi sono stata invitata a una cena dove c’era Paola Cavicchi, il figlio (nda: Fabrizio Colletti), Calandrini e Di Giorgi”. Cetrone fu invitata da Di Giorgi e Maietta a recarsi presso lo studio dell’imprenditrice Cavicchi, all’epoca con ruolo apicale nel Latina Calcio. “Andai con il mio ex marito Pagliaroli nello studio della Cavicchi, che si presentò come una imprenditrice nel settore petrolifero, e mi aprì la porta il figlio che ci chiese i cellulari. Un comportamento che non ci piacque. Mi chiesero se ero interessata all’acquisto del Latina Calcio ma pochi giorni dopo, in seguito a una telefonata di Di Giorgi che mi chiedeva se lo fossi, risposi di non essere interessata”.
Sul rapporto con Riccardo. “Riccardo si era comportato bene perché dopo la campagna elettorale del 2013 non mi aveva più contattato. A distanza di un anno e mezzo, due anni, mi vidi arrivare richiesta di amicizia su Facebook da Riccardo. Agostino mi chiese di candidarmi su Latina ma io risposi che Latina è complessa e speravo che a guidare la città ci andasse un civico e non un “fratellino d’Italia“.
Eppure il Pm Spinelli e successivamente il Pm Fasanelli hanno insistito riguardo a molti messaggi che testimoniano come i rapporti tra i due, Cetrone e Riccardo, fossero piuttosto informali. Addirittura Cetrone avrebbe detto a Riccardo di dover cambiare casa. “Mi fece vedere la foto della bambina e mi disse che la compagna era direttore dell’ufficio postale di Sabaudia“.
Nel 2016 Riccardo sapeva già che si sarebbe candidata a Terracina, le ricorda il Pm Spinelli. “Anche nel 2016 non ho mai contattato Riccardo per la campagna elettorale”. All’epoca, nel 2016, Cetrone ha tenuto a ricordare che il suo ex marito Umberto Pagliaroli aveva problemi con la società “Pagliaroli vetri”, nel frattempo gestita dall’imprenditore Luciano Iannotta (con il quale Pagliaroli stesso avrebbe avuto uno scontro quasi fisico, stoppato dagli allora affiliati al Clan Di Silvio, Agostino Riccardo e Renato Pugliese). “Creai la Special Glass (nda: un’altra società) vendendo parte del patrimonio della mia famiglia nonché firmando fideiussioni. L’azienda si occupava di bottiglie di vetro e tappi”. È qui che si lega la contestata estorsione all’imprenditore di Pescara che secondo l’accusa fu perpetrata da Agostino Riccardo, i Di Silvio, con il beneplacito di Pagliaroli (che li accompagnò in Abbruzzo) e l’impulso di Cetrone. “L’azienda dell’imprenditore di Pescara era debitrice con me di circa 100mila euro. Ho fornito il materiale alla sua azienda ma l’imprenditore sparì per un anno. Iniziai a fare azioni legali per avere 50mila nel 2014“.
Poi, ha spiegato Cetrone, “l’imprenditore mi rassicurò dicendo di essersi aggiudicato un bando regionale…alla fine era esposto con me per 82 mila euro”. Un debito nei confronti di Cetrone che si protrae nel tempo tanto è che nel 2016 l’imprenditore chiede all’ex consigliera di non incassare un assegno per non mandarlo protestato. “Posso anche non incassare l’assegno, gli dissi, ma devi farmi un bonifico da 15mila euro per non compromettere il mio rating con le banche“. Di lì a breve, ad aprile 2016, l’imprenditore di Pescara raggiunse a casa della madre Gina Cetrone, in località Capocroce a Sonnino. “Ero lì dopo intervento chirurgico che avevo subito e nelle fasi della separazione da mio marito. Ci trovavamo sulla veranda di casa e accogliemmo l’imprenditore. Gli chiesi di spostare la macchina all’imbocco dell’azienda agricola perché passavano gli operai. Così portò la macchina davanti al giardino di casa”.
È in quel momento che appare alle loro spalle Agostino Riccardo con una terza persona che, secondo Cetrone, come ha detto oggi in aula, era il marito Pagliaroli ma che, a verbale, menziona come “un’altra persona”. “Fu Riccardo a dirmi che voleva pensarci lui ai debiti dell’imprenditore di Pescara, ma io gli chiesi come mai sapeva di trovarmi lì in casa di mia madre…pochi minuti dopo sentii parlare l’imprenditore e Riccardo del cognome Ciarelli, e dissi loro di andare fuori a parlare di zingari“.
Riccardo era interessato anche alla sua campagna elettorale del 2016 poiché sapeva che Cetrone si sarebbe candidata Sindaco. Sul punto dell’incontro a casa della madre, il Pm Spinelli ha incalzato Cetrone poiché a verbale aveva detto di essersi trovata di fronte a Ricardo e a “un’altra persona”. Gli animi si sono scaldati e Cetrone ha ribadito: “Non ho mai dichiarato che ci fossero persone di etnia rom”. Tuttavia, l’ex consigliera non riesce a spiegare chi era quest’altra persona, così come aveva dichiarato il 30 gennaio 2020 nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al Giudice per le indagini preliminari. Quell’altra persona “era il mio ex marito. Io parlai così per tutelarlo perché sapevo che quello che ci aveva coinvolto era una situazione politica”. Una tesi che non ha convinto la pubblica accusa.
Sulle telefonate che sarebbero intercorse con i Di Silvio, Cetrone ha spiegato “Non conoscevo Samuele Di Silvio…faccio le mie condoglianze alla famiglia”. Dai tabulati, così come spiegato nella scorsa udienza dal Dirigente della Squadra Mobile Pontecorvo, risultano contatti con l’utenza in uso a Samuele: uno da parte di Cetrone, gli altri due in senso opposto. Un aspetto che l’avvocato dei Di Silvio, Oreste Palmieri, contesta in Aula affermando che non è stato dimostrato che il telefono fosse in uso a Samuele Di Silvio.
Ma Cetrone non ha sorvolato su questo punto: “Non sono mai stata contattata dalla famiglia Di Silvio, andrò in fondo a questa storia”. Eppure, come ricorda Spinelli, al di là della famiglia Di Silvio, risultano 190 contatti tra Riccardo e Cetrone, compresi i messaggi su Facebook.
Interrogata dal Pm Fasanelli sulle fasi politiche che vanno dal 2013 al 2016, Cetrone ha spiegato: “Fu il senatore Fazzone a dirmi di appoggiare Corradini alle elezioni comunali di Terracina. I miei rapporti con Fazzone erano cordiali”. Eppure, nei verbali, la stessa Cetrone aveva dichiarato di essere uscita dal Pdl proprio per Fazzone.
“Io creai una lista a Terracina con professionisti”. A quel punto, dopo 3 anni, ossia dalla campagna elettorale del 2013, sarebbe stato Riccardo a presentarsi di sua volontà nel suo ufficio a Terracina dicendo ai collaboratori di Cetrone di essere stato delegato dal lei ad attaccare manifesti. “Riccardo mi tempestava col suo cellulare e col numero di altri cellulari e alla fine gli diedi 100 manifesti pagandolo 300 euro. Gli dissi di affiggere negli spazi preposti, ma non non lo fece e gli dissi che non gli avrei più dato nulla…minacciò anche mio nipote…io mi arrabbiai con Riccardo perché oltreché a estorcermi non metteva manifesti a La Fiora. Ho capito in quei momento che il mio ex marito Pagliaroli era sotto qualche estorsione”.