IL  “FRANCO” TIRATORE: DA ESCLUSO ALLE ELEZIONI A PRESIDENTE DELLA CACCIA

Franco D'Urso
Franco D'Urso

Il tragitto del candidato consigliere comunale escluso dalle elezioni a Formia che diventa Presidente di un Ambito Territoriale della caccia

A settembre 2021 Franco D’Urso fu escluso dalle liste a sostegno dell’attuale Sindaco di Formia Gianluca Taddeo perché, anni prima, aveva patteggiato una pena inerente alla detenzione di armi. Ex Carabiniere, D’Urso fu escluso dalla lista di Forza Italia, non senza polemiche e con il rammarico del consigliere regionale forzista e formiano Giuseppe “Pino” Simeone (leggi approfondimento al link di seguito).

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Ora, D’Urso, consigliere provinciale di Federcaccia, ha un nuovo incarico: Presidente dell’Ambito Territoriale di Caccia – Lt2. A darne notizia è lo stesso consigliere regionale Pino Simeone che si congratula con lui tramite un post su Facebook datato 29 aprile 2022. Sin qui niente di problematico, se non fosse che, come riporta in un articolo pubblicato dal giornalista Adriano Pagano (che viene pubblicato per intero di seguito), come Presidente dell’ambito di caccia vi è un’autocertificazione da compilare in cui su assevera che “non si riportano condanne penali“. Eppure, è lo stesso D’Urso che è stato escluso dall’Ufficio Elettorale del Comune di Formia proprio per averne riportata una di condanna.

Il post con cui Simeone si congratula con D’Urso

“Sentite questa. L’Italia, la nostra Patria, la nostra Penisola, sulle cartine geografiche la si dovrebbe disegnare al contrario, uno scarpone a piè per l’aria, perché siamo proprio un mondo a parte, un Paese alla rovescia.

In questo posto folle – scrive Pagano -, infatti, assistiamo ormai inermi ed assuefatti a tali assurdità per cui potremmo persino mettere a capo di un Ambito Territoriale di Caccia, uno che è stato trovato in possesso di veri e propri arsenali non regolarmente denunciati, oltre che di timbri per il rilascio non autorizzato di porto d’armi, accusato di ricettazione di auto e pure di un giro di prostituzione non debitamente segnalato. Il tutto mentre portava una divisa di carabiniere indosso.
Non solo potremmo farlo, ma lo abbiamo già fatto. Ed è infatti di pochi giorni fa il post entusiasta del consigliere regionale Giuseppe Simeone che, su Facebook, accoglie giubilante l’elezione a presidente dell’Ambito territoriale di caccia “Latina 2”, del suo fedelissimo Franco D’Urso, che Simeone già aveva tentato di proporre come presidente del medesimo ATC, nella categoria “Enti Locali” un paio di anni fa.

Ed è un Simeone rutilante, sfavillante e raggiante di gioia e di goduria, per avere finalmente piazzato D’Urso da qualche parte, dopo averci provato ripetutamente pure con le passate elezioni comunali di Formia dell’ottobre scorso. Anche lì aveva fallito. D’Urso verrà infatti escluso dalla lista di Forza Italia a sostegno del candidato sindaco Taddeo, poi vincitore, a seguito ovviamente di un post del sottoscritto – bene se ne sarebbero guardati infatti altri organi di informazione di sistema – col quale si ricordavano le vicende e il passato giudiziario a dir poco turbolento di D’Urso. Ma se comprensibilmente la questione etica di candidare un tale personaggio veniva letteralmente calpestata, e da parte di certi personaggi non sorprende affatto, restava lo scoglio di quella giudiziaria.
Perché infatti secondo la Legge Italiana – pare che ancora ne esista qualcuna – D’Urso era incandidabile per aver riportato condanne penali superiori a due anni e mezzo. Ma per qualcuno non bastava ciò che D’Urso ha combinato ripetutamente nella sua vita, peraltro mentre rivestiva pure – oltre alla divisa – già incarichi politici (era presidente del Consiglio circoscrizionale di Penitro-Castellonorato già nei primi anni 2000), perché al di là della questione morale come minimo a impedirne l’ineleggibilità doveva esserci appunto una legge brutta e cattiva.

Tuttavia, nonostante D’Urso fosse circondato e sospinto da potenti politici esperti, nessuno sembra si sia accorto del suo passato giudiziario roboante, (pare che abbiano controllato sulle Pagine Gialle), o almeno così affermava Simeone con perentoria sicurezza: “come Partito abbiamo effettuato, essendo a conoscenza di quanto accaduto ormai quasi venti anni fa, ma soprattutto della persona che Franco oggi è, del suo rigore, del suo impegno per Formia e per le persone che la vivono, ogni verifica richiesta andando anche oltre. Dalle verifiche effettuate, nel rispetto di quanto previsto dalla legge, e dai casellari giudiziari, a livello europeo, e non locale, che abbiamo ricevuto, non è emerso nulla che potesse ostacolare, impedire o annullare la candidatura a consigliere comunale a Formia di Franco”.

Conoscendo ovviamente le capacità di scegliersi la classe dirigente di taluni, le verifiche di plastica di Simeone e dei suoi amici sono state del tutto inutili e infatti l’ufficio elettorale del Comune di Formia escluderà D’Urso dalla lista proprio a causa della sua incandidabilità “secondo legge”.

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire quali siano stati questi piccoli e frivoli errori di gioventù di Franco D’Urso. Già nell’agosto del 2003 D’Urso verrà arrestato perché “trovato in possesso di timbri della Procura della città campana (Santa Maria Capua Vetere, ndr) per il rilascio del porto d’armi. Servivano per apporre il segno “negativo” sui documenti necessari per attestare che la persona che richiedeva il porto d’armi non aveva carichi pendenti in grado di influire negativamente sul rilascio”, a proposito di dichiarazioni penali. “Nell’abitazione formiana dell’uomo arrestato ieri con l’accusa di ricettazione – leggiamo dalle cronache – i carabinieri hanno sequestrato un vero e proprio arsenale formato da “cinque fucili detenuti illegalmente, 4.000 cartucce da caccia e 300 da pistola”. Peraltro verrà fermato “nei pressi di un centro commerciale, mentre era alla guida di un’auto risultata rubata a Guidonia”. E lo arresteranno proprio mentre oltre a fare il carabiniere, guarda un po’, era stato eletto presidente di circoscrizione Penitro-Castellonorato proprio nella lista della coalizione di Forza Italia e ovviamente con candidato sindaco di Formia Giuseppe Simeone, ottenendo 107 voti, alle elezioni del 2003.

Passano appena due mesi e D’Urso torna ai domiciliari perché secondo le indagini del Nor “l’uomo è responsabile di una seconda ricettazione d’auto e di tentativo di inquinamento delle prove”. Ma non erano certo i primi problemi per D’Urso visto che nel 1996, “D’Urso – secondo le accuse della Procura di Santa Maria Capua Vetere – avrebbe omesso di denunciare l’esistenza di un giro di squillo in un piccolo albergo nei pressi della stazione di Caserta, frequentato dallo stesso carabiniere ed altri suoi colleghi”.

“Anzi, con una delle ragazze avrebbe intrattenuto addirittura dei colloqui telefonici finiti nel registro delle intercettazioni. Successivamente – leggiamo sempre dalle cronache – D’Urso sarebbe stato anche oggetto di un’indagine relativa a telefonini clonati risalente allo stesso periodo dell’indagine sul giro di prostituzione. In quel periodo il militare prestava servizio al Nucleo Informatico del comando provinciale ed è per questo, forse, che custodiva a casa alcuni timbri recanti la scritta del Casellario Giudiziale della Procura sammaritana e quelli relativi ai nulla osta per il porto d’armi”.

Ora, al di là del penalmente rilevante o meno, degli strascichi, delle riabilitazioni e dei casellari giudiziari, e dopo aver tentato di farlo entrare in Consiglio comunale anche se non poteva, ma mettere uno così a capo dell’ambito di caccia è da fuori di testa o no? Che a uno così venga concessa la redenzione, il perdono, e gli venga augurato ogni bene come uomo e – secondo quanto afferma la moglie – come ottimo padre, non può che trovare tutti d’accordo ed io gli auguro sinceramente, come uomo e come padre quale sono anche io, ogni fortuna. Ma che con tutte le ostinazioni del caso si cerchi di piazzarlo dovunque sia possibile a far parte di una istituzione è inspiegabile, strano, inaccettabile moralmente ma soprattutto incomprensibile legalmente.

E sì, perché prima di diventare presidente dell’ATC, come annunciato da Simeone, Franco, come tutti i delegati delle diverse realtà associative facenti parte dell’ambito, ha dovuto compilare e presentare una documentazione nella forma dell’autocertificazione. Ora succede che tra i moduli da riempire, c’è ovviamente anche quello dove si deve dichiarare ed autocertificare che non “sussistono cause di ineleggibilità previste dalla legge”, e che “ai sensi dell’art. 46 del medesimo DPR non si riportano condanne penali (…)”. Ma se D’Urso è stato escluso dalle liste elettorali del Comune di Formia per le sue o la sua condanna penale, come è stato possibile che abbia poi firmato un modulo del genere? E non ce lo chiediamo solo noi, ma se lo sono chiesti anche altri membri dell’ambito di caccia, che all’oscuro del passato di Franco fino al caso emerso nel settembre scorso, si sono poi rivolti al direttore tecnico dell’Atc per avere ragguagli.

La risposta arrivata è a dir poco allucinante se non esilarante: “Non è nei nostri poteri acquisire certificati penali, chiedete al Comune di Formia”. Che cosa? E cosa diavolo ci state a fare lì? E se qualcuno afferma il falso? E se nell’assemblea partecipano soggetti sgraditi o che per legge non possono partecipare? Ma soprattutto se c’è chi vi segnala un fatto presumibilmente illegale, avete o no il dovere morale ed etico di controllare o investire le autorità competenti di farlo? Quindi secondo l’Ambito di caccia, bisognerebbe chiedere al sindaco di  Formia se c’è stata qualche “infiltrazione di malcostume (cit.)”, o magari proprio a Simeone, che nella lista con la quale è stato eletto proprio il sindaco di Formia, il D’Urso ce lo aveva messo senza accorgersi di nulla e ce lo voleva mettere a tutti i costi. Ma vi rendete conto del delirio di questa vicenda e di ogni risvolto che prende ogni giorno che passa?
Come se non bastasse Franco D’Urso risulterebbe essere anche consigliere provinciale di Federcaccia, magari lui stesso potrebbe confermarcelo. Se così fosse però, D’Urso potrebbe anche spiegarci come fa a ricoprire un tale ruolo se al punto 14.3 dello statuto di Federcaccia leggiamo: “Non possono ricoprire incarichi coloro che abbiamo riportato condanne definitive per delitto doloso se non intervenuto provvedimento di riabilitazione (…)”.

L’articolo dello Statuto di Federcaccia che pone il discrimine alle persone che hanno riportato condanne definitive

L’ambito di caccia è sì gestito da una associazione diciamo così privata, ma persegue e cura finalità e interessi pubblici (come recentemente confermato dal Consiglio di Stato), oltre che gestire un bilancio da oltre 350mila euro l’anno. Si tratta dunque di una organizzazione seria, e che tratta una materia delicata come la regolamentazione dell’uso di armi da fuoco per la caccia per chiunque ne abbia i requisiti e li dimostri affermando il vero.

Franco D’Urso non ha a mio modo di vedere nè lo spessore né la credibilità politica ed istituzionale per ricoprire un ruolo del genere, anzi ne è proprio l’antitesi. Inoltre un universo di dubbi e di domande senza risposte costellano il suo passato ma soprattutto il presente e il futuro suo, della caccia, della politica e di alcune importanti istituzioni locali e regionali.

Troppi dubbi, e speriamo qualche chiarimento, incombono circa le sue possibili limitazioni giudiziarie, a cominciare dallo stesso ATC che pure gli chiedeva già sul modulo di autocertificazione se “avesse condanne penali”, e che lui ha firmato.
Insomma come un vero e proprio cacciatore di opportunità, D’Urso entra non si capisce bene in che modo – visti i precedenti – come delegato del Comune di Formia all’interno dell’assemblea dell’Atc, mentre Simeone già tentava di farlo diventare presidente come candidato nella categoria “enti locali”, e già durante la passata amministrazione. Non riuscendoci allora è passato nella categoria “ambientalisti”, e da lì ha scalato la piramide associativa fino alla presidenza, ovviamente con la potenza di fuoco di un intero partito regionale alle spalle.

Ora, il tempo sarà pure galantuomo – come afferma Simeone, ed io sono d’accordo con lui – ma certe ostinazioni invece assumono le caratteristiche di una caccia aperta. Si salvi chi può!”.

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