ABRAMOVICH, SCARAMELLA DA ITRI: ”LA STORIA SI RIPETE”

A cura di Orazio Ruggieri

“La storia si ripete. Mosca perde il pelo ma non il vizio”. È Mario Scaramella, esperto di Intelligence che tentò di salvare l’ex agente russo Litvinenko e che ha la sua residenza a Itri da lustri, a commentare così la notizia del presunto avvelenamento del magnate russo Abramovich: “Anche io contaminato da polonio, veleno roba da guerra fredda” commenta,  subito dopo lo scalpore della notizia, in una dichiarazione rilasciata all’agenzia Adnkronos. “Più che di avvelenamento vero e proprio, che è roba da guerra fredda, mi pare si possa parlare di sintomi di irraggiamento con radiofrequenze… Come se li avessero cotti al microonde”. Mario Scaramella, l’esperto di intelligence che nel 2006 provò a sventare l’omicidio dell’ex agente russo Alexander Litvinenko e che venne lui stesso ricoverato per sospetto avvelenamento da polonio 210.

“Sono alcuni anni che gli agenti delle agenzie di intelligence americane e i diplomatici vengono esposti a questo tipo di ‘avvelenamento’ da microonde – spiega – Io continuo a credere alla vecchia scuola della Cia che a Berlino non solo bollava questa procedura come guerra psicologica ma che alla caduta del muro ottenne conferma che si trattasse di pura disinformazione e condizionamento comportamentale, una sorta di pressione sui nemici. Negli ultimi mesi però gli effetti di queste pratiche sono stati riconosciuti come vera e propria sindrome, con tanto di cause risarcitorie all’amministrazione Usa ‘datore di lavoro’ incapace di proteggere gli agenti e i diplomatici dalla guerra delle radiofrequenze. Molte ambasciate sono state o sono sotto il costante ‘avvelenamento’ elettromagnetico, non solo Mosca ma anche altrove”,.

“I russi – ricorda Scaramella – per anni hanno irradiato con basse frequenze controparti americane a Berlino al solo fine di trasmettere paranoie: preoccupazioni che poi esplodono in eruzioni cutanee, aritmie, congiuntiviti…. Ma l’avvelenamento vero e proprio è una cosa diversa, richiede tempi lunghi di preparazione, sono special activities mirate a un singolo obiettivo e non a gruppi e molto raramente falliscono…”.

Quanto ad Abramovich e alla delegazione Ucraina con cui si è incontrato, “non possiamo escludere anche un veleno chimico da parte dei servizi speciali ma, come successe al generale Trofimov, nostro informatore e capo Fsb a Mosca, in questi casi il sospetto vien preso a mitragliate,  veleno è roba più esclusiva, perché molto più complicata da organizzare”.

“I casi reali – aggiunge l’analista – rimangono meno di una dozzina nella storia dello spionaggio sovietico e russo: il ricino sparato nella gamba di Makrov, il tè al radiopolonio propinato a Litvinienko il 1 novembre 2006 e che lo portò alla morte in 23 giorni. Poi Sergei Skripal, con il Novichok, gas nervino, Navalny e pochissimi altri. Ci sono state in alcuni casi vittime a latere e io stesso rimasi contaminato con alti livelli di polonio 210 per essere stato con il colonnello Litvinenko nella circostanza dell’attacco, ma da qui ad ipotizzare campagne di avvelenamento di gruppo operativamente lo escluderei”.

“Se risultassero sintomi collettivi e oggettivi per i negoziatori ucraini penserei piuttosto ad una tossina alimentare accidentalmente ingerita – spiega Scaramella – Poi, certo, che il Cremlino abbia in conto di avvelenare qualcuno non lo escludo, però si noti che questa era una procedura da guerra fredda, conclusa con l’invasione ucraina: da cinque settimane si sono tolti i guanti bianchi e più che a veleni e ricatti stiamo assistendo a stragi ed esecuzioni”.

Articolo precedente

APRILIA: THE QUEEN RHAPSODY AL TEATRO EUROPA

Articolo successivo

EX COLONIA DI DONATO: CONDANNA ERARIALE RIDOTTA PER DE FILIPPIS

Ultime da Attualità