Riceviamo e pubblichiamo dallo studio legale Magnarelli la lettera aperta di Gina Cetrone, imputata nel processo Scheggia
Questa vicenda che sto affrontando mi rende consapevole di come il processo penale sia essenzialmente veicolo di maturazione. Ed allora è mio dovere mantenere ferma la tensione tra la consapevolezza della mia innocenza e la necessità di resistere. Di alimentare la mia forza.
Questo equilibrio mi ha insegnato a collocare ogni singolo evento nel contesto relativo che deve occupare in un divenire dove soltanto la decisione di un terzo imparziale potrà rilevare in tutta la sua autorevolezza ed intangibilità.
Ecco perché nel massimo rispetto di ciò che ho letto in questi giorni in relazione all’udienza del 28.09 mi permetto di evidenziare come sia sia trattato soltanto dell’illustrazione del ragionamento degli investigatori posto alla base di un’ipotesi investigativa a sua volta posta alla base dell’imputazione processuale.
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Ma è un ragionamento che si pone su un piano totalmente distinto ed oserei dire fisicamente distante dai fatti e dalle relative prove.
Io ne prendo atto ma mi piace ricordare che in tale distinzione, in tale distanza, già si sono inseriti altri fatti a tutela della mia innocenza che hanno chiarito come la mia libertà non doveva essere in alcun modo violata.
Resto concentrata, allora, sull’eventualmente utile, non sul suo contrario, nella piena consapevolezza che la riforma della Giustizia in corso veicola finalmente la sensibilità di porre fine all’uso strumentale di etichette che nulla ha a che fare con quello che vuole la Storia in un processo: essere apprezzata soltanto sui fatti. Ma soltanto nei giusti momenti.