Tratto in arresto dalla Squadra Mobile il 41enne di Latina Mario Esposito in esecuzione di un Provvedimento emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma
L’uomo deve scontare un residuo di pena che ne prevede la carcerazione sino al dicembre del 2023 per reati contro il patrimonio ed in materia di armi.
Il noto pregiudicato fu condannato a 13 anni di reclusione (sentenza passata in giudicato nel 2017), per i fatti risalenti del 2010. Tutta la complessa vicenda, riassunta nell’espressione “guerra criminale pontina”, è stata oggetto del noto processo “Caronte” che ha portato alla condanna di esponenti dei Clan Ciarelli e Di Silvio per oltre 200 anni di carcere.
Organico al clan Di Silvio, Esposito fu parte attiva nello scontro armato che contrappose i Ciarelli/Di Silvio, per l’occasione alleati, al gruppo dei cosiddetti non rom capeggiati da Mario Nardone e Massimiliano Moro (ucciso in quella faida a gennaio 2010).
Il 41enne salì alla ribalta delle cronache quando venne arrestato insieme ad altri due pregiudicati legati al clan Di Silvio, Giuseppe Di Silvio e Giuliano Papa, nel tentativo di uccidere Gianfranco Fiori ritenuto l’esecutore materiale del tentato omicidio del boss del Pantanaccio Carmine Ciarelli avvenuto il 25 gennaio 2010.
L’uomo, già detenuto ai domiciliari, è stato condotto presso il carcere di Velletri per scontare la pena residua.
I FATTI DI “CARONTE” – L’allora 23enne Gianfranco Fiori rischiò la vita il 6 giugno 2010, dopo sei mesi dagli spari contro Carmine Ciarelli, e a distanza di sette giorni dal tentato omicidio di Francesco Annoni. Undici anni fa, infatti, una pattuglia dei Carabinieri, a Borgo Sabotino, notò arrivare, nei pressi del locale denominato “Alta marea”, una moto rubata con due persone a bordo, Giuliano Papa e Mario Esposito. Raggiunti da Giuseppe Di Silvio, detto Ciappola, ai due fu consegnata una pistola che Papa ripose nella cintola dei pantaloni. Al che i Carabinieri, intervenuti immediatamente, riuscirono a bloccare Di Silvio ed Esposito mentre Papa fuggì cercando di disfarsi della pistola che, prontamente recuperata dai militari, risultò essere rubata. Per il porto di arma tutti e tre i protagonisti dell’episodio furono condannati in primo grado, sentenza riformata in sede di appello con l’assoluzione di Esposito e Di Silvio.
Sulla base del contenuto di alcune intercettazioni ambientali e telefoniche, però, prima, durante e dopo tale fatto, gli inquirenti giunsero alla conclusione secondo la quale la sera dell’arresto di Esposito, Di Silvio e Papa, questi ultimi fossero in procinto di eseguire l’omicidio di Fiori (presente nello stabilimento adiacente al citato locale “Alta marea”), perché ritenuto esecutore materiale del tentato omicidio ai danni di Carmine Ciarelli. L’agguato sarebbe stato organizzato Carmine Di Silvio, su istigazione di Carmine Ciarelli, ma avrebbe dovuto essere eseguito in modo da non coinvolgere comunque, nel fatto, i Di Silvio, da cui il rimprovero di Costantino “Patatone” Di Silvio allo zio Carmine per avere invece coinvolto nell’agguato anche Ciappola.