È stato chiesto il rinvio a giudizio per il noto imprenditore di Cisterna Domenico Capitani per una vicenda di fatture false in Sardegna
A finire sotto la lente degli inquirenti sono l’ex presidente della Torres, la squadra di Sassari, Capitani più il suo braccio destro Manolo Patalano, romano di 49 anni, e Gianni Sanavia, 70enne di Latina, per un periodo – durante la gestione Capitani – nominato amministratore unico della Torres.
La Procura della Repubblica di Sassari, come riporta il quotidiano La Nuova Sardegna, vuole processare l’imprenditore 63enne di Cisterna Latina, con un passato a capo della squadra calcistica della città dei butteri, che aveva rilevato la società rossoblù della Torres nel 2013, per poi cederla tre anni dopo a Daniele Piraino.
Ieri, secondo quanto riporta il quotidiano sardo, gli avvocati Francesco Porcu e Ivano Iai (per Capitani e Sanavita) e Clara Palesse (per Patalano) hanno depositato le nomine davanti al giudice dell’udienza preliminare Giuseppe Grotteria chiamato a decidere se rinviarli a giudizio a metà settembre.
La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati per tutti e tre era stata resa nota a giugno scorso. Gli inquirenti si sarebbero trovati di fronte a decine di fatture emesse tra il 2014 e il 2016 per operazioni inesistenti e un bilancio truccato, in cui erano trascritti crediti con Regione Sardegna e Comune di Sassari da riscuotere per circa mezzo milione di euro. In realtà, sia i crediti che il passivo di bilancio “truccato” sarebbero stati artefatti in modo tale che la società della Torres risultasse appetibile e si potesse concludere l’affare della sua cessione.
Leggi anche:
FATTURE FALSE E BILANCIO DELLA TORRES TAROCCATO: INDAGATO CAPITANI
Gli investigatori del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza hanno appurato che i tre indagati avrebbero commesso, a vario titolo, alcune operazioni illecite, emettendo per anni le fatture sunnominate così da trarre in inganno l’imprenditore siciliano Daniele Piraino (finito anche lui in una vicenda poco chiara afferente a un’estorsione), “inserendo nel bilancio della società due grossi crediti che la Torres non avrebbe in realtà mai potuto riscuotere“.
Il primo di 350mila euro con la Regione e il secondo di poco più di 146mila euro con il Comune. “La Regione – aveva denunciato durante un incontro pubblico la “Fondazione Torres” nel dicembre del 2015 – era risaputo che non avrebbe mai sborsato un centesimo, perché la società di Domenico Capitani, finito sotto inchiesta per una scommessa che quell’anno costò ai rossoblù la retrocessione in serie D, aveva perso la condizione fissata in maniera chiara dall’articolo i della legge regionale: essere una squadra professionistica. Il credito con il Comune di 146.674,00 euro, inserito nel bilancio quale rimborso per la spesa dell’impianto di videosorveglianza dello stadio, era anche quello inesigibile. Il sospetto degli inquirenti è che quella fattura non fosse in realtà mai stata pagata da chi gestiva i conti della società e nel bilancio non esisteva infatti una voce uguale e contraria“.