Nel sud pontino a dominare i clan che agiscono come i sodalizi di camorra: nel 2016 tra Santi Cosma e Scauri è stata sfiorata una faida tra il Clan Antinozzi e il Clan Scotto
L’episodio è contenuto nell’inchiesta dei Carabinieri di Formia, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, denominata “Anni 2000”: l’operazione che ha posto agli arresti i vertici e i sodali dei due clan Antinozzi e Mendico che controllano la zona di Santi Cosma e Damiano e Castelforte con propaggini a Minturno, Formia e altri Comuni.
Una vicenda di cui si conoscono solo le premesse e che è stata inserita non a caso dagli investigatori per testimoniare la mafiosità, per struttura, prerogative e dinamiche, del Clan Antinozzi, quello emergente nato dopo la rottura con il Clan Mendico-Riccardi.
La faida avrebbe potuto esplodere, in tutti i sensi, con il Clan dei fratelli Scotto stabilitisi sul lungomare di Scauri e protetto dall’alleanza con clan di camorra a Secondigliano: i fratelli Domenica e Raffaele Scotto, infatti, erano legati prima al gruppo della Masseria Cardone, regno incontrastato del Clan Licciardi, in seguito connessi al clan Sacco-Bocchetti.
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Clan Scotto e Clan Antinozzi nei confronti dei quali i Carabinieri, già nel 2016, conoscevano traffici e movimenti. Da ciò che si appura ad oggi, infatti, i militari indagavano a SS Cosma e Damiano ma al contempo lo facevano anche a Scauri: le inchieste “Touch&Go” e “Anni 2000″ si dipanano, infatti, negli stessi anni. Suppergiù dal 2015 al 2020.
Ed è proprio da questa concomitanza che gli investigatori scoprono che tra il Clan Scotto e il Clan Antinozzi non scorreva buon sangue. Motivo? Gli interessi comuni nel mondo della droga. E sì che gli Scotto erano riusciti a imporre la loro “roba” persino fino a Ponza tramite un loro sodale: il formiano Giovanni Nocella.
Siamo nella primavera del 2016, maggio. “Le modalità di agire dell’associazione e l’acquisizione del controllo del territorio – scrive il gip romano D’Auria – emergono anche dalla reazione armata ideata da Antonio Antinozzi, Antonio Reale e Agostino Di Franco (tutti e tre arrestati nell’operazione Anni 2000)”.
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Ma da dove nasce il proposito di “reazione armata”? Era successo che un affiliato al Clan Antinozzi, Giancarlo Di Meo detto “Braschetta”, 35enne, formiano di nascita ma minturnese, coinvolto sia nell’operazione “Anni 2000” che in quella denominata “Touch&Go”, viene aggredito dal gruppo riconducibile al Clan Scotto di Scauri. Di Meo, che per gli Antinozzi si occupa di cessione di droga, subisce un’aggressione per questioni legate, infatti, al traffico degli stupefacenti.
Il Clan Antinozzi che vede perdere il controllo di una fetta del territorio del sud pontino – la remunerativa Scauri – non accetta lo sgarbo nei confronti di un loro sodale e progetta la vendetta.
Come risulta dalla conversazione del 18 maggio 2016, i tre indagati – Antonio Antinozzi, Antonio Reale e Agostino Di Franco – discutono di architettare una reazione armata con l’uso di due fucili al fine per gambizzare quattro o cinque persone, ossia il nucleo di vertice del gruppo avverso: gli Scotto e i suoi più stretti affiliati.
Antonio Antinozzi rivolto a Di Franco: “Passà un altro guaio stasera, speriamo di no!“.
Di Franco: “Perché?“
Antinozzi: “Giancarlo (ndr: Di Meo), perché quei cornuti di Scauri hanno fermato a lui ed al padre, ed hanno dato uno schiaffo al padre“.
Di Franco “Ma chi?”
Antinozzi: “Quelli là….quei quattro cornuti…quei scemi! Ma io glielo avevo detto prima…ho detto..prepariamo una macchina, partimo una sera, li gambizziamo tre, quattro, quattro o cinque…dove stanno tutti 4 o 5 che sono 4-5? Con due fucili in mano, la rosa sai come si apre!!!“
Di Franco, a questo punto, commenta: “Però zi Antò…il discorso sai qual’è che lui là te ricordi aveva…la parola?…Col padre?!“
Al che Antinozzi risponde citando Giuseppe Fedele, detto “Geppino” o “Geps” o “‘o viecchio”, personaggio di Scauri, più legato ai clan tradizionali, il quale, infatti, era entrato in rotta di collisione con gli Scotto per il controllo del territorio: “Geppino mò ha fatto nuovi accordi con…..“.
Di Franco: “Eh, me lo ha detto ieri“.
Entrambi concordano sul ruolo di Geps, più vicino a loro: “E questo sta a piglia nuova forza.. “. Una circostanza che rassicura il Clan Antinozzi che con Fedele poteva riprendere il controllo di Scauri.
Ma è chiaro che ad Antinozzi, che si ritiene un boss ed è rispettato da tutti nell’ambiente, uno sgarbo come quello subito da Di Meo e dal padre di questo non può andare giù.
Ecco perché, nonostante la nuova forza di Fedele considerato più avvicinabile, Antinozzi dice a Di Franco “Guarda..se Giancarlo stasera li sistema a quei due..,stasera o domani sera quando èh…, io mó…mo ci vado io, sistemo e prendo Geppino….se non cominci, se non cominci a lavora’ per me ti metto la capa dentro il cesso e non muovere più“.
Propositi che detti da un personaggio come “Trippetta” (Antonio Antinozzi), condannato per un omicidio, come quello del carrozziere Andrea Di Marco, non possono passare inosservati. Questa è gente che spara e l’omertà che emerge dalle due inchieste a Scauri e a Santi Cosma e Damiano fa capire che di strada ce n’è ancora tanta da fare, a cominciare dalle Istituzioni: non è sfuggito che il Sindaco di Santi Cosma e Damiano, Franco Taddeo, non ha proferito verbo dopo gli arresti della DDA. Assenza preoccupante.
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