Operazione Tacita Mua: i quattro indagati non rispondono all’interrogatorio del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Latina
Fabrizio Marchetto, i figli Angelo e Luca, e Remo Favero, hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Giorgia Castriota.
L’operazione Tacita Muta ha confermato un clima di omertà nella città di Latina nei confronti di soggetti ben radicati nella mala come i Marchetto e Favero.
L’attività d’indagine è stata svolta dalla locale Squadra Mobile, coordinata dalla Procura di Latina, e trae origine dalla denuncia presentata lo scorso luglio da un uomo di Latina, Marco C. (ndr: il cognome lo puntiamo) e con la quale il medesimo aveva riferito di essere stato vittima di una aggressione posta in essere dal pluripregiudicato Fabrizio Marchetto e dai suoi due figli, i quali dopo averlo incontrato all’interno di una tabaccheria lo avevano colpito con calci e pugni, e alla cui furia era poi scampato dopo essersi rifugiato in un esercizio commerciale.
Prima di trovare riparo, l’uomo è stato inseguito dai suoi aggressori e uno di questi ha cercato di investirlo con una auto, procurandogli varie lesioni giudicate guaribili in 15 giorni.
L’attività persecutoria della famiglia Marchetto è proseguita nei mesi a seguire, quando prima hanno minacciato la persona offesa per il tramite di un amico di infanzia, e dopo gli hanno fatto recapitare una lingua di bue all’interno della sua cassetta delle lettere quale chiaro atto intimidatorio. La scoperta dell’atto intimidatorio risale all’ottobre scorso – 11 ottobre – quanto la vittima trovò nella cassetta delle poste del condomino dove abita, situato nella zona di via Garigliano, alle spalle dello stadio “Francioni”, un pezzo di carne sanguinante. Un simbolo che “richiama modalità tipiche – scrive il gip nell’ordinanza – di organizzazioni criminali più strutturate, dimostrando di portare avanti le proprie pretese persecutorie, evidentemente connesse a un assurdo e pervicace programma di vendetta“.
L’antefatto della vicenda chiama in causa anche il pluripregiudicato Remo Favero e nasce nel 2018, da una presunta truffa assicurativa rispetto alla quale Favero pretendeva indebitamente il provento ottenuto da un giovane, dipendente di una pizzeria, ritenuto essere l’autore di tale frode da 18mila euro: un incidente taroccato.
Secondo quanto ricostruito, le stesse pretese sono poi continuate, almeno per tutto l’anno 2018, sino al momento in cui il giovane non ha fatto perdere le proprie tracce in città, visto che Favero lo aveva più volte incontrato a Latina e costretto a corrispondere piccole somme di denaro.
Remo Favero, quindi, in quel periodo, incrociò la vittima dei Marchetto e, sapendo che quest’ultimo vantava rapporti di amicizia e frequentazione con il giovane dipendente della pizzeria, gli chiese informazioni in merito all’abitazione.
L’uomo si rifiutò di fornire informazioni e ne nacque una discussione verbale in cui irrompeva, con modalità violente ed improvvise, Fabrizio Marchetto.
Da quel punto in avanti l’incubo per la vittima destinataria della lingua di bue.
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