ARRESTATI MARCHETTO, I FIGLI E FAVERO: L’ESTORSIONE CHE CONFERMA L’OMERTÀ DI LATINA

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Operazione “Tacita Muta”. Estorsione, stalking e lesioni personali: di nuovo in carcere i pluripregiudicati Fabrizio Marchetto, più i figli, e Remo Favero

Questa mattina, all’alba, la Polizia di Stato di Latina, in collaborazione con il Reparto Prevenzione Crimine Lazio, ha eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Latina Giorgia Castriota, su richiesta dei sostituti procuratori della Procura di Latina Claudio De Lazzaro e Giorgia Orlando, nei confronti del 48enne Fabrizio Marchetto (classe 1973), Angelo Marchetto (classe 1997), Luca Marchetto (classe 1993) e Remo Favero (classe 1978), già pregiudicati, e a vario titolo indagati dei reati di estorsione, lesioni personali e stalking.

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L’attività d’indagine è stata svolta dalla locale Squadra Mobile, coordinata dalla Procura di Latina, e trae origine dalla denuncia presentata lo scorso luglio da un uomo di Latina, Marco C. (ndr: il cognome lo puntiamo) e con la quale il medesimo aveva riferito di essere stato vittima di una aggressione posta in essere dal pluripregiudicato Fabrizio Marchetto e dai suoi due figli, i quali dopo averlo incontrato all’interno di una tabaccheria lo avevano colpito con calci e pugni, e alla cui furia era poi scampato dopo essersi rifugiato in un esercizio commerciale.

In tale circostanza – prosegue la nota della Questura di Latina – prima di trovare riparo, l’uomo è stato inseguito dai suoi aggressori e uno di questi ha cercato di investirlo con una auto, procurandogli varie lesioni giudicate guaribili in 15 giorni.

In sede di denuncia, oltre che durante diverse escussioni cui è stato successivamente sottoposto, la vittima ha manifestato timore e palese reticenza nel riferire le effettive ragioni della violenta aggressione, affermando di conoscere Fabrizio Marchetto solo di vista e di non sapersi dare una ragionevole spiegazione dell’aggressione.

L’attività persecutoria della famiglia Marchetto è proseguita nei mesi a seguire, quando prima hanno minacciato la persona offesa per il tramite di un amico di infanzia, e dopo gli hanno fatto recapitare una lingua di bue all’interno della sua cassetta delle lettere quale chiaro atto intimidatorio. La scoperta dell’atto intimidatorio risale all’ottobre scorso – 11 ottobre – quanto la vittima trovò nella cassetta delle poste del condomino dove abita, situato nella zona di via Garigliano, alle spalle dello stadio “Francioni”, un pezzo di carne sanguinante. Un simbolo che “richiama modalità tipiche – scrive il gip nell’ordinanza – di organizzazioni criminali più strutturate, dimostrando di portare avanti le proprie pretese persecutorie, evidentemente connesse a un assurdo e pervicace programma di vendetta“.

Il mese scorso, inoltre, Fabrizio Marchetto e il figlio Angelo hanno inseguito la stessa vittima, appena uscita di casa, mentre era a bordo della propria auto, e, nel tentativo di speronarlo, sbarrandogli la strada e tentando di farlo fermare, gli hanno mostrato il segno della pistola urlandogli che lo avrebbero ucciso.

Le indagini nel frattempo intraprese dalla Squadra Mobile, anche attraverso l’ausilio di servizi tecnici di intercettazione, facevano luce sulla intera vicenda, facendo emergere un antefatto che chiamava in causa anche il pluripregiudicato Remo Favero, anche lui, come Marchetto, noto alle cronache criminali sin dalla metà degli anni Novanta, quando non ancora maggiorenne fu arrestato per la prima volta dalla Polizia per lesioni. In seguito, è stato più volte arrestato per diversi reati che vanno dal furto alla rapina, dallo spaccio di sostanze stupefacenti al porto abusivo di arma da fuoco. .

La vicenda che ha visto coinvolto quest’ultimo nasce nel 2018, da una presunta truffa assicurativa rispetto alla quale Favero pretendeva indebitamente il provento ottenuto da un giovane, dipendente di una pizzeria, ritenuto essere l’autore di tale frode da 18mila euro: un incidente taroccato.

Secondo quanto ricostruito, le stesse pretese sono poi continuate, almeno per tutto l’anno 2018, sino al momento in cui il giovane non ha fatto perdere le proprie tracce in città, visto che Favero lo aveva più volte incontrato a Latina e costretto a corrispondere piccole somme di denaro.

Remo Favero, quindi, in quel periodo, ha incrociato la vittima dei Marchetto e, sapendo che quest’ultimo vantava rapporti di amicizia e frequentazione con il giovane dipendente della pizzeria, gli ha chiesto informazioni in merito all’abitazione.
L’uomo, però, si è rifiutato di fornire tali informazioni e per questo ne sarebbe nata una discussione verbale in cui irrompeva, con modalità violente ed improvvise, Fabrizio Marchetto. Un parapiglia accaduto in un bar a Via Villafranca, una zona che Marchetto considera di sua influenza.

Il fatto che la vittima non sia stata aiutata – scrive il gip – da nessuno nel bar, nemmeno dall’amico che in quel momento si trovava con lui, viene da lui interpretato come uno stato di terrore vissuto dai cittadini nei confronti dei due pregiudicati (Remo Favero e Fabrizio Marchetto), in grado di agire spregiudicatamente in pieno giorno senza che alcuno intervenga in soccorso della persona“.

La reazione della vittima, che ha resistito all’aggressione sino a prevalere fisicamente su Marchetto, ha ingenerato evidentemente in quest’ultimo un profondo astio nonché un desiderio di vendetta e rimostranza, considerato che una reazione plateale e pubblica come quella opposta dall’uomo ad un’azione violenta di un soggetto dall’alto spessore criminale, conosciuto e temuto in città, aveva di certo costituito un affronto che quest’ultimo, nella logica criminale, avrebbe dovuto prima o poi espiare. “Questa sera vengo a casa, te sparo a te, tutta la famiglia tua, a tuo padre e sparo a tuo figlio” – ha detto Marchetto alla vittima.

Per questi fatti, il malcapitato non ha sporto alcuna denuncia a carico di Favero e Marchetto, assoggettandosi evidentemente all’omertà di chi teme di incorrere in ben più gravi conseguenze, poiché conosceva la caratura criminale degli odierni indagati che al momento dei fatti erano sottoposti alla misura della sorveglianza speciale, così dimostrando totale spregio delle prescrizioni loro imposte.

In tale contesto, inoltre, è da ricordare che Marchetto incrocia varie storie dirimenti per le vicende criminali della città di Latina. Fabrizio Marchetto annovera tra le condanne quella relativa alla gambizzazione di Luca Troiani, cognato di Ferdinando Di Silvio detto il Bello , avvenuta nel giugno del 2003 con l’esplosione di numerosi colpi d’arma da fuoco.

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Nel marzo del 2010, inoltre, lo stesso Marchetto era stato oggetto di un tentato omicidio nell’ambito della cosiddetta guerra criminale. Un omicidio commissionato dal gruppo rom Di Silvio-Ciarelli, all’epoca uniti dopo gli spari a Carmine Ciarelli detto Pochettone, e per il quale sono stati condannati Andrea Pradissitto e Simone Grenga, gregari dei citati sodalizi zingari poiché facenti parte della famiglia Ciarelli perché legati alle nipoti del suddetto Porchettone: il primo compagno di Valentina Ciarelli, figlia di Ferdinando “Furt” Ciarelli e Rosaria Di Silvio, il secondo compagno di Valentina Veronica Ciarelli, figlia di Luigi Ciarelli.

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Alla luce di quanto emerso, e ricostruiti i fatti del 2018, la Polizia ha ricostruito la genesi dell’aggressione all’odierna parte offesa della scorsa estate e soprattutto il timore e la reticenza nel raccontare quanto di sua conoscenza. Solo al culmine delle aggressioni e vessazioni subite – conclude nella nota la Questura – l’uomo ha deciso di rivolgersi alla Polizia di Stato. Nel momento in cui, la vittima ha percepito, in effetti, un pericolo imminente per la propria incolumità e quella dei propri familiari.

La continua minaccia – osserva il giudice nell’ordinanza di custodia cautelare – la costante presenza invasiva e violenta nella vita di un’altra persona, la vera e propria persecuzione, sono solo alcune delle diverse forme in cui si manifesta la violenza psicologica di questo delitto“.

Sia Marchetto che Favero erano gravati da sorveglianza speciale. “Appare allarmante – scrive il gip Castriota – l’ulteriore circostanza costituita dal fatto che entrambi all’atto della consumazione del reato erano sottoposti alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, dimostrando in questo caso totale spregio delle prescrizioni dell’autorità giudiziaria e rendendo evidente l’assoluta inidoneità di misure diverse dalla custodia cautelare in carcere“.

Nella mitologia romana Tacita Muta (così si chiama l’operazione di Polizia odierna) o Dea Tacita è la dea degli inferi che personifica il silenzio. Veniva onorata durante le Parentalia il 18 febbraio o il 21 febbraio.

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