Aprilia, il Comune dice no a un’attività di demolizione autocarri perché troppo inquinante e vicina a centri abitati
È la determina del Settore Ecologia e Ambiente del Comune di Aprilia, firmata dal Dirigente Marco Paccosi, a certificare il no della conferenza dei servizi nei confronti del progetto per la realizzazione ed esercizio di un impianto per il trattamento di autocarri fuori uso in Via dei Cinque Archi.
L’istanza era stata presentata dalla società “Centro Autocarri srl” presso il Comune di Aprilia lo scorso 31 marzo 2020. Al che, il 2 novembre scorso, è stata convocata una conferenza dei servizi decisoria sul progetto a cui erano invitati, oltreché al Comune di Aprilia, nella fattispecie Settori “Urbanistica” e “Lavori pubblici”, la Direzione Rifiuti della Regione Lazio, Arpa Lazio, Provincia di Latina, Vigili del Fuoco e Asl di Latina,
Su sette enti, dapprima Provincia e Vigili del Fuoco hanno chiesto alla società proponente documentazione integrativa sul progetto, adempimento assolto il 22 dicembre con l’invio dei documenti della srl da parte del Comune ai due enti succitati; successivamente, a conferenza chiusa, solo un ente e mezzo ha espresso parare.
L’Arpa Lazio che, con nota del 17 dicembre, ha comunicato una serie di valutazioni tecniche su scarichi dell’acqua, deposito dei materiali, recinzione arborea per mitigare l’impatto visivo dell’impianto.
E il Comune di Aprilia, solo il settore Urbanistica, che ha espresso parere contrario al progetto in quanto “il lotto interessato dall’intervento non è compatibile con l’attività richiesta poiché ricade all’interno di un’area perimetrata dalla variante speciale ed identificata come “tessuto residenziale saturo con alta densità abitativa“.
Al momento, infatti, come stabilisce il tecnico incaricato dal Comune, l’attività presente è quella di riparazione degli autocarri che non produce inquinamento, mentre se passasse il progetto vi sarebbe un’attività di demolizione autocarri fuori uso che comporterebbe l’ingresso di un quantitativo di rifiuti, su base annuale, pari a 750 tonnellate con conseguente fabbisogno di specifiche aree anche esterne per il deposito/stoccaggio. Tutto in un’area satura dal punto di vista abitativo e quindi molto impattante sulla popolazione. Secondo un decreto ministeriale risalente al 1994 si tratterebbe di “industria insalubre di prima classe“, ossia attività che “debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni“.
Pur mancando il parere di enti importanti come Regione o Asl, la conferenza dei servizi – si legge nella determina del Settore Ecologia e Ambiente – non può che concludersi in maniera negativa per la società proponente. Al netto di possibili ricorsi al Tribunale amministrativo entro 60 giorni a partire da oggi 22 gennaio.