Racket ed estorsioni per gli stabilimenti balneari a Gaeta: cadono le accuse al Tribunale del Riesame di Roma. Rigettato l’appello proposto dal sostituto procuratore di Cassino Roberto Bulgarini Nomi che si era visto respingere dal Gip del Tribunale di Cassino Salvatore Scalera la richiesta di misure cautelari formulata a carico di 2 imprenditori e 2 dipendenti. Insussistenti i gravi indizi di colpevolezza
Il pm di Cassino aveva chiesto per i quattro indagati alcune misure cautelari, quali il divieto di dimora da Gaeta, l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria e il divieto di avvicinamento alle due donne (madre e figlia) che avevano denunciato Damiano Vellozzi e Filippo Nocella come esecutori degli atti intimidatori, insieme ad Annunziata Smeraldi e Antonio Buttaro considerato dagli inquirenti come istigatore dei comportamenti di violenza e minaccia. La vicenda, come noto (leggi approfondimento nel link di seguito), riguarda due donne titolari di una concessione da parte del Comune di Gaeta per un tratto di spiaggia libera di 25 metri quadrati che si trova tra un paio di stabilimenti gestiti da una società che fa capo a due dei quattro indagati: Buttaro e Vellozzi.
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Ci sono voluti 38 giorni per conoscere l’esito dell’appello cautelare promosso dal Pm Bulgarini Nomi contro l’ordinanza di rigetto della richiesta di misure cautelari ai danni di 2 imprenditori di Gaeta e due ex loro dipendenti, tutti operanti nel settore dell’intrattenimento turistico e, in particolare, degli stabilimenti balneari.
Accolte pienamente le richieste difensive dei quattro operatori balneari, con conseguente rigetto nel merito dell’appello cautelare promosso per i reati di estorsione in concorso, tentata estorsione, furto aggravato ed atti persecutori.
Il Tribunale del Riesame di Roma – Presidente Agrimi, con a latere i giudici Tomei e Guaraldi – recependo integralmente le posizioni esposte dal collegio difensivo degli indagati, composto dagli avvocati Renato Ciamarra, Felice Belluomo e Vincenzo Macari, ha ritenuto insussistente, se non del tutto inconsistente, la gravità indiziaria, essendo taluni episodi rimasti assolutamente privi di riscontro ed altri pienamente rientranti nella mera dialettica civilistica.
All’esito di una consistente ed articolata attività di indagine condotta dalla Polizia di Stato sono emersi, sostiene il Tribunale del Riesame nelle sette cartelle fitte di considerazioni, appena meri sospetti ai danni dei quattro operatori balneari. Difatti, pur attestando l’esistenza di una conflittualità tra le parti ed un comune interesse degli indagati alla gestione di un tratto di spiaggia libera, non è in alcun modo emersa l’esistenza di un piano criminoso articolato di cui gli stessi fossero parte. Cadono anche le accuse dei tre atti vandalici subiti direttamente e indirettamente dalle due donne.
Come documentato dalle difese con le rispettive memorie, corredate da decine di documenti, l’intera vicenda, conclude il Tribunale del Riesame, deve essere ricondotta ad un mero rapporto civilistico esistente tra denuncianti e denunciati (tra le parti c’era stato, nel 2017, un accordo di subingresso degli indagati nell’attività delle due donne che poi non si realizzò), risultando le azioni di questi ultimi determinate unicamente dalla volontà di realizzare il preteso diritto all’adempimento degli accordi contrattuali intervenuti con le due denuncianti, consacrato finanche in un rogito notarile che sanciva puntualmente il contenuto degli accordi ai quale sarebbero state proprio le denuncianti ad essere venute meno nel corso dei mesi successivi alla stipula.
Moderata soddisfazione è stata espressa dal pool difensivo di avvocati. “Riconosciuta la integrale correttezza dell’operato degli assistiti e restituita loro la mai discussa dignità imprenditoriale e professionale” – fanno sapere i legali.