La targa intitolata a Bettino Craxi che dà il nome ad una piazza di Bassiano è stata imbrattata con una scritta che ha sostituito la dicitura di “statista” con quella di “ladro”
La condanna appare unanime, il giudizio condiviso su alcuni degli organi d’informazione della provincia pontina: chi ha scritto sotto il nome di Craxi “ladro” è un colpevole. Sdegno, vergogna, indignazione.
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A cominciare, ovviamente, con sculacciate e prediche ai cattivoni, è stato il Comune di Bassiano e il Sindaco Domenico “Memmo” Guidi che, con un post sul profilo ufficiale dell’ente, ha vergato parole che manco il più estremista dei manettari avrebbe potuto. E sì perché, per i difensori revisionisti che inneggiano a quella parola orribile che è garantismo, quest’ultimo, il cosiddetto garantismo, vale solo per loro e per gli amici loro.
E allora giù con la condanna estrema in salsa Savanorala da Strapaese: “Un atto di Inciviltà, di vandalismo e di offesa al decoro pubblico di chi imbratta i beni della collettività – scrive Guidi – Un gesto contro un uomo che oggi viene universalmente riconosciuto come grande Statista – ma da chi? – di cui in questo momento avremmo estremo bisogno – ci manca solo lui!
“Un gesto che offende una popolazione socialista e democratica aperta e solidale e che ha riconosciuto in Craxi un leader indiscusso – mo’ me lo segno – Invito i colpevoli – e qui il tono di Memmo si fa da severo curato di campagna che conosce la colpa e il peccato – a farsi avanti presso il comune per ammettere le loro colpe – e magari camminando in ginocchio sui ceci – e provvedere alla pulizia e al ripristino dello stato originario della targa, visto che con le telecamere presenti in piazza saranno comunque individuati dal comando di Polizia Locale, onde evitare di peggiorare la loro situazione di fronte alla legge – non la scamperete, manigoldi!
“Bassiano – conclude Memmo – non ha mai visto simili comportamenti. E non è intenzionata ad accettarli da adesso“.
Tuttavia, premesso il rispetto che si deve ai morti di qualsiasi colore o ruberia, la dicitura “ladro” è tecnicamente vera. Craxi, al di là delle due condanne in via definitiva per finanziamento illecito ai partiti e corruzione, ottenne dal famigerato conto Fininvest “All Iberian” (il processo andò in prescrizione ma i fatti sono accertati) circa 23 miliardi delle vecchie lire su due conti esteri gestiti da uomini a lui vicini che poi confermarono: il suo ex compagno di scuola Giorgio Tradati e l’ex barista di Portofino Maurizio Raggio. E – si badi bene – furono soldi che Craxi “non mise a disposizione del Partito” (e anche se lo avesse fatto, sempre di mazzetta si trattava), tutt’altro: “la gestione non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi” ma l’ex segretario, che si vuole far passare per statista, seguiva “interessi economici innanzitutto propri“.
Per questi fatti di corruzione e “cagnotte”, Silvio Berlusconi prese due anni e quattro mesi, mentre Craxi quattro anni: l’allora patron di Fininvest versò tra il ’90 e il ’91 quei miliardi dopo l’approvazione della Legge Mammì che diede il via libera, in barba a qualsiasi principio di pluralismo, all’impero monopolistico delle tre reti berlusconiane che poi imperversarono per un ventennio costituendo il braccio armato della propaganda politica dell’uomo di Arcore – a onore del vero quella legge fu approvata quando Craxi non era più Presidente del Consiglio, nonostante contasse ancora tantissimo negli equilibri dell’allora pentapartito.
Uno statista lungimirante, Craxi, in fondo, per Berlusconi lo era sempre stato, come quando promulgò tre decreti, a metà anni Ottanta, per permettergli di trasmettere dalle sue reti Fininvest contrariamente a ciò che avevano deciso i giudici ma le sentenze, si sa, valgono solo per i poveri mortali, mica per statisti e novelli padri della patria. Tuttavia questa è un’altra storia, seppur connessa e che dà la misura dell’uomo, pardon, dello statista.
I reati ascritti al processo All Iberian I si prescrissero, però, in appello, il 26 ottobre del 1999. Prescrizione poi confermata il 22 novembre del 2000 dalla Cassazione, che bocciò la richiesta di assoluzione di Berlusconi. Craxi era già morto ad Hammamet per scampare alle sentenze passate in giudicato che gli avrebbero aperto le porte del carcere. Ma per quest’ultime, vedi su alla voce sentenze.
Nelle motivazioni della sentenza di primo grado All Iberian I, i giudici Marco Ghezzi, Marilena Chessa e Paola Matteucci scrivevano. “In termini soggettivi la responsabilità di Craxi è incontrovertibilmente denotata dal contributo causale apportato alla realizzazione dei fatti-reato come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente del Psi”. E quei soldi non finivano per il partito che fu anche di Pertini e Nenni ma per 15 chili di lingotti d’oro, per l’acquisto di un appartamento a New York o per versare alla stazione televisiva Roma Cine Tivù, di cui era direttrice generale Anja Pieroni, legata a Craxi da rapporti sentimentali, un contributo mensile di 100 milioni di lire. Fu, in seguito, lo stesso Craxi a disporre l’acquisto di una casa e di un albergo a Roma, intestati sempre alla medesima Pieroni.
Per le altre mirabolanti avventure del Craxi statista in odor di santità rimandiamo ad altri capitoli. Lo spazio è poco e ci siamo già dilungati abbastanza, ci vorrebbe un tomo…sperando nella clemenza di Memmo nei confronti dei quattro pericolosi malviventi (immortalati dal Big Brother della tele-sorveglianza bassianese) che hanno chiosato sulla targa di Craxi.
P.s: la targa in onore di Bettino è stata ripulita in men che non si dica, manco fosse uno statista