È stato depositato dalla Regione Lazio il ricorso in Consiglio di Stato per chiedere la riforma o l’annullamento dell’ordinanza del Tar del Lazio sul tema dei tamponi eseguiti dalle strutture private
Il Tribunale amministrativo Lazio, infatti, accolse il ricorso presentato da Altamedica contro la Regione Lazio per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dei provvedimenti che limitano per le strutture sanitarie private lo svolgimento dei tamponi nasofaringei e orofaringei per la diagnosi del virus SARS-CoV-2″.
L’errore in cui cade l’ordinanza oggetto di impugnazione – scrive oggi in una nota la Regione – è quello di confondere una questione di sanità pubblica, con una limitazione alla libera concorrenza. Il test per il COVID non è un ordinario test diagnostico, ma si tratta di un test che, in caso di positività, ha importanti implicazioni sulla sfera delle libertà individuali, sulla circolazione e movimento. Nonché sulla salute come interesse della collettività, finanche, in caso di focolai, sulla determinazione delle cosiddette ‘zone rosse’. In altri termini se un cittadino risulta positivo al COVID scattano limitazioni alla sua libertà personale (quarantena) e indagini epidemiologiche sui contatti che ha avuto al fine di limitare la diffusione del virus.
Non solo ma vi è l’obbligo di notifica anche al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e queste sono prerogative esclusivamente di sanità pubblica. Peraltro – conclude l’Ente regionale – dallo stesso monitoraggio condotto dal Ministero della Salute risulta oggi nel Lazio un tempo medio tra la data di inizio sintomi e la data di diagnosi (tampone) pari a 48h. Pertanto non vi è tecnicamente alcuna esigenza di rivolgersi ai laboratori privati per eseguire questi test che vengono fatti gratuitamente dalla rete del Servizio sanitario regionale. Auspichiamo che il Consiglio di Stato voglia accogliere l’istanza della Regione Lazio al fine di non compromettere la gestione coordinata dell’emergenza sanitaria.