Scarcerati per il Coronavirus i due fratelli Maurizio e Stefano Botticelli: furono protagonisti, insieme al congiunto Enrico, del famigerato duplice omicidio avvenuto presso il distributore Eni di Sezze Scalo nel 2012. A morire, a causa dei colpi sparati, furono Tiziano Marchionne ed Alessandro Radicioli
Lo scontro a sangue, come noto, fu causato per problemi legati allo spaccio di droga nel feudo dei Lepini e oltre. In primo grado Enrico (considerato autore materiale) e lo zio Stefano Botticelli furono condannati all’ergastolo e il padre di Enrico, Maurizio, a 20 anni di reclusione.
La Corte d’Assise d’Appello di Roma, a cui i tre fecero ricorso, escluse la premeditazione e ridusse le condanne: ad Enrico 20 anni di reclusione, a Stefano 15 e a Maurizio 12. A maggio di tre anni fa, nel 2017, la Corte di Cassazione rese definitiva la condanna: “I Botticelli erano consapevoli della pericolosità di Radicioli, tanto da essersi recati al convegno con costui – scrissero gli ermellini – Essi non attuarono alcuna forma di prevenzione, per esempio rivolgendosi alle forze dell’ordine. Accettarono con piena consapevolezza di risolvere il contrasto con il Radicioli prevedendo il ricorso alla violenza e la possibilità di sopprimere gli avversariUna sentenza ora definitiva“.
Ora, sia Maurizio (63 anni) che Stefano (53 anni) sono stati considerati detenuti a rischio a causa del loro stato di salute (patologie respiratorie), come riporta Latina Oggi che dà la notizia. La data prevista per il loro rientro in carcere, in modo da scontare definitivamente la pena, dovrebbe essere a fine ottobre. Per ora, si trovano entrambi agli arresti domiciliari, mentre il più giovane dei tre, il 34enne Enrico, rimane ristretto in carcere.
Il duplice omicidio del 2012 segnò una data importante per il narcotraffico pontino. A scampare a quell’assalto, in cui si regolarono conti di anni, fu Gianluca Ciprian che per ben due volte, nella stessa circostanza, riuscì a passarla liscia.
Ciprian, in seguito, a quanto sostengono dagli ex affiliati del Clan Di Silvio, Agostino Riccardo e Renato Pugliese, è divenuto un vero e proprio punto di riferimento per la droga in provincia, capace di rifornire il sodalizio rom e altre organizzazioni in provincia. Una tesi comprovata non solo dall’inchiesta denominata Arco (2014) ma, sopratutto, quando, a gennaio 2020, Ciprian è stato arrestato in Spagna in una maxi operazione internazionale anti-droga in cui vennero sequestrati circa 5 quintali di sostanza stupefacente.
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