La guerra delle mascherine si sposta in Regione Lazio con l’interrogazione presentata dalla consigliera di Fratelli d’Italia Chiara Colosimo: che fine hanno fatto le 10 milioni di mascherine ordinate?
Il motivo del contendere sono le agognate mascherine FFP2 e FFP3, i facciali filtranti utilizzati in ambiente ospedaliero e assistenziale per proteggere medici e infermieri da agenti esterni (anche da trasmissione di infezioni da goccioline e aerosol). Gli strumenti dirimenti per la sicurezza degli operatori sanitari sono certificati ai sensi di quanto previsto dal D.lgs. n. 475/1992 e sulla base di norme tecniche armonizzate (UNI EN 149:2009).
La norma tecnica UNI EN 149:2009 specifica i requisiti minimi per le semimaschere filtranti antipolvere, utilizzate come dispositivi di protezione delle vie respiratorie, ai fini di garantirne le caratteristiche di efficienza, traspirabilità, stabilità della struttura attraverso prove e test tecnici.
Ogni altra mascherina reperibile in commercio non è un dispositivo medico né un dispositivo di protezione individuale. Ecco perché per medici, infermieri, autisti d’ambulanza e operatori della sanità diventano un dispositivo di cui non si può fare a meno.
Tante le polemiche in Italia e anche in provincia di Latina sulle mascherine, tanto è che lo Stato italiano e l’Agenzia delle Dogane hanno iniziato anche a requisirle per essere sicuri che siano indirizzate a chi è più esposto e ha realmente bisogno.
La consigliera Colosimo, ieri, in un accorato video (di seguito), ha denunciato la situazione della Regione Lazio chiedendosi se non ci sia stata addirittura una truffa. Secondo la consigliera di Fratelli d’Italia, che ha presentato un’interrogazione, la Regione ha revocato un paio di determine di affidamento per il reperimento di circa 10 milioni di mascherine FFP2 e FFP3 “perché se non si è trattato di una truffa, siamo lì“. La società a cui sono stati affidati gli acquisiti dei dispositivi di protezione ha un capitale sociale di 10mila euro mentre la commessa ha un valore di oltre 35 milioni di euro: 11 milioni del totale sono stati dati in anticipo tramite determine regionali. “Dove sono finiti questi soldi? – si chiede la Colosimo – “ma sopratutto dove sono finite queste mascherine?“. Infatti, la consigliera sostiene che queste mascherine non sono mai arrivate nel Lazio. Scomparse. Prova ne è il fatto che la Regione, come detto, ha revocato le determine ma, come sottolinea ancora la politica di Fratelli d’Italia, non ha presentato alcuna denuncia nei confronti della società affidataria.
Ma come si chiama questa società che avrebbe dovuto fornire le preziose mascherine? Il suo nome è Eco.Tech srl. con sede a Frascati specializzata in lampade a Led, partecipata al 51% da una srl dei Castelli romani e al 49% da Pan Hongyi, un cittadino cinese residente nella città di Ningbo.
Come rivela Il Fatto.it, “l’individuazione della Eco.Tech quale fornitore delle mascherine è avvenuta data la disponibilità della società, formalizzata il 15 marzo, “rilevato che i tempi di fornitura proposti sono immediati e che tale circostanza rappresenta caratteristica essenziale della fornitura stessa”.
Tempi che in realtà non sono stati così immediati se di queste mascherine, non una ma 10 milioni, non ve ne è la benché minima traccia.
Intanto la vicenda è finita sia in Procura che all’Anac. In particolare, sotto la lente dei controllori, ci sono le tre determine firmate dal Direttore dell’Agenzia Regionale Protezione Civile Carmelo Tulumello datate 16 marzo (le prime due) e 20 marzo (la terza), dove vengono disposti gli affidamenti in deroga alla Eco.Tech srl.
Il 16 marzo, infatti, partono i primi due ordini: un milione e mezzo di mascherine FFP2 al prezzo di 3,60 euro l’una e un milione di FFP2 a 3,90 euro al pezzo per la prima commessa; un milione di FFFP2 e un milione di FFP3 al medesimo prezzo, oltre a 2 milioni di mascherine “triplo strato” a 0,58 euro l’una. I DPI (così vengono chiamate tecnicamente le mascherine) sarebbero dovuti arrivare a Roma entro il 18 marzo. Poi, sebbene ci fosse un’inadempienza dalla società affidataria e delle mascherine neanche l’ombra, il 20 marzo è arrivato, con l’ultima determina, un terzo ordine che prevedeva un altro milione di FFP2 e 2 milioni di FFP3 sempre allo stesso prezzo, per un totale di 9,5 milioni di mascherine e un importo totale di 29,3 milioni di euro più Iva, di cui 11,7 milioni di euro già anticipati, come da accordi presi alla stipula della convenzione con la società cino-romana.
A quanto riporta Il Fatto.it, l’ultima fornitura doveva essere pronta e consegnata il 30 marzo in un deposito dell’associazione Vigili del Fuoco alla Cecchignola. La Protezione civile regionale, come detto anche dalla consigliera Colosimo, ha provveduto a revocare due atti su tre, in attesa della terza disdetta visto che anche l’ultima scadenza del 6 aprile non è stata fin qui rispettata. Nella revoca all’ordine del 20 marzo (la determina è datata 28 marzo) si legge che “nella intercorsa corrispondenza e-mail tra la soc. Eco.Tech. srl emerge un continuo susseguirsi di rinvii e della consegna, sino a comunicare il numero di un volo aereo con il quale la merce sarebbe dovuta arrivare ma che, invece, non era in alcun modo presente sul volo indicato”. Tanto è che lo stesso dirigente della Protezione Civile laziale, che ha firmato le tre determine denunciate dalla Colosimo, si è rivolto ad un’altra società ottenendo addirittura un prezzo inferiore per le mascherine FFP2 (2,60 euro a pezzo contro i 3,60 euro assicurato dalla società cino-romana).
Nella serata di ieri, la Regione Lazio ha replicato: “In merito all’interrogazione presentata da Fratelli d’Italia è bene premettere che non ci troviamo di fronte ad alcuna truffa. La protezione civile della Regione Lazio, nella stretta osservanza della normativa nazionale emanata nel contesto emergenziale, e dopo aver effettuato tutte le verifiche del caso, ha ordinato presso un’azienda tre forniture per Dispositivi Individuali di Protezione, anticipando come espressamente previsto dalle suddette norme, un acconto sul prezzo“.
“L’azienda – prosegue la nota – al momento non è stata in grado di adempiere a due delle tre forniture richieste e per questo è stata avanzata l’immediata richiesta formale di restituzione dell’anticipo. La società, a differenza di quanto sostenuto, non è sparita nel nulla ma è quotidianamente in contatto con la protezione civile. Quanto sopra, per altro, trova piena corrispondenza con gli atti amministrativi adottati dalla protezione civile e che rivelano, oltre a quanto diffuso nell’interrogazione, la realtà dei fatti e la piena legittimità delle procedure seguite”. Anche se poi, secondo Il Fatto.it, che ha sentito anche la Eco.Tech srl (hanno promesso un chiarimento futuro), la medesima Regione Lazio ha dichiarato che “è stato dato mandato all’avvocatura di valutare la revoca in danno”, una procedura che prevede “non solo la restituzione dell’anticipo ma anche una penale per il forte disagio ricevuto”.
Parole, queste ultime, che in parte smentiscono il comunicato ufficiale nella sua parte iniziale e tendono a dare ragione alla denuncia della consigliera Colosimo.
È certo che la mancanza di Dispositivi di Protezione Individuale ha ormai assunto i contorni del dramma tra gli operatori sanitari che non sanno più come tutelarsi essendo i lavoratori più esposti nell’Italia della pandemia. È di ieri l’appello della presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Latina (OPI), Annunziata Piccaro, a nome del Consiglio dell’Ordine, che ha inviato alla Regione Lazio, ai direttori generale, sanitario e amministrativo della ASL di Latina, alle strutture sanitarie convenzionate del territorio e a tutte le rappresentanze sindacali di settore, una missiva per sollecitare e fare presto. Occorre, infatti, secondo la Presidente Piccaro, “una fornitura di DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) appropriata, secondo le diverse esigenze operative, così da contrastare il rischio di contagio” poiché “il personale infermieristico resta il più colpito da questo fenomeno che ormai sta assumendo una rilevanza numerica non più trascurabile. A tutti gli infermieri va il plauso ed il sostegno del nostro Ordine Professionale per l’impegno, la competenza e l’umanità che profondono quotidianamente nello svolgimento del proprio lavoro sempre, ma ancor più nei momenti che richiedono maggiore impegno e determinazione come nello scenario attuale. Gli Infermieri che vengono contagiati dal virus, ancor più se asintomatici, rischiano di divenire essi stessi inconsapevoli veicoli di contagio. Ad oggi purtroppo la categoria infermieristica annovera quasi 6000 professionisti positivi e 25 morti in tutto il territorio nazionale, numeri destinati inesorabilmente a crescere se non si interviene in modo tempestivo e circostanziato“.
Ecco, di fronte, all’ennesimo grido di dolore, è imperdonabile da parte delle classi dirigenti incorrere in problemi che, se sopportati (spesso a torto) nella vita di tutti i giorni, diventano intollerabili durante la pandemia che fa dell’Italia, ad ora, la prima nazione al mondo per numero di decessi tout court, e in riferimento a coloro – gli operatori sanitari – che vengono retoricamente glorificati ma dannatamente, e spesso, lasciati soli contro il nemico invisibile.