Nella scorsa estate, c’è stato un caso che ha fatto piuttosto scalpore a San Felice Circeo.
Siamo in località “Quarto Caldo”, Via delle Batterie, esattamente nell’area del promontorio del Circeo che tutti i cittadini sanfeliciani conoscono come Le Casette, un tempo punto di ritrovo delle signore in vacanza che utilizzavano alcune costruzioni di fortuna per la prova costume e il tuffo nelle acque della Riviera di Ulisse.
Proprio a Le Casette, una signora romana, che di cognome fa Chiais, proprietaria della villa prospiciente il mare (intestata in realtà alla società di cui lei stessa è amministratrice), aveva pensato bene di costruire la sua personale spiaggia privata in un’area, lo ricordiamo, che appartiene al demanio pubblico. Occupata la scogliera, occupata l’affascinante insenatura da scenografia cinematografica, tutto in ragione di una concessione che la signora Chiais ha sbandierato per l’intera estate a chiunque (cittadini, ma non gli enti preposti) ponesse il dubbio che vi fosse tale diritto.
La signora romana e i suoi amici, in linea con altri abusi che tempestano il promontorio di San Felice, avevano disposto una decina di sdraio compresi lettini per la tintarella, una catena di ferro lungo la scogliera per delimitare il passaggio, due piscine in muratura da Basso Impero, uno spogliatoio scavato nella roccia con tanto di porta e una scaletta utilizzata per la discesa e la salita dalla scogliera al mare. Come ciliegina sulla torta: due bodyguard a presidio dell’area che, prima delle accorate proteste di cittadini e attivisti politici, impedivano non solo la sosta nell’area occupata dalla signora, ma persino il passaggio costringendo i turisti a circumnavigare a nuoto la zona.
Tra le diverse manifestazioni di protesta spontanee di cittadini e attivisti nell’estate 2018 (in prima fila il meetup di San Felice Circeo), c’è stata, in una una di queste, l’intervento di due agenti della Polizia insieme a due Vigili Urbani del Comune di San Felice, i quali hanno intimato ai cittadini riunitisi lì, godendo dell’area, di andare via. Alle resistenze dei cittadini, gli agenti hanno risposto che, a detta loro, si ravvisava addirittura il reato di violenza privata ai danni della signora romana.
Noncuranti dell’avvertimento da codice Rocco, che sembrava quantomeno arrischiato, i cittadini medesimi hanno risposto che allora, se veramente gli agenti fossero convinti del reato che si consumava, potevano/dovevano procedere alla denuncia, certi delle loro ragioni. In soldoni, in quel momento, lo Stato, invece di difendere dei cittadini che reclamavano il loro diritto a spendere le loro vacanze in uno dei luoghi più suggestivi del promontorio del Circeo – un luogo pubblicissimo e parte della storia sanfeliciana -, venivano invero accusati, solo a parole (la denuncia non è stata inoltrata), di un reato penale ai danni di un privato.
In seguito, il sostituto procuratore di Latina Dr. Giuseppe Miliano ha riaperto un’inchiesta per vederci chiaro sulla concessione, evidenza del fatto che ad avere ragione da vendere sui dubbi di quell’occupazione non erano dei “violentatori privati” ma cittadini con la schiena dritta e il sano diritto a godersi la natura.
Su richiesta del pm Miliano, l’area è stata sottoposta a sequestro a fine agosto, convalidato dal gip Dr. Cario. I sigilli sono stati apposti alle innovazioni ritenute illegittime. Si tratta dei paletti in ferro cementati in terra collegati fra loro con una catena, la scaletta a mo’ di piscina utilizzata per la discesa e la salita, nonché la piscina stessa, situata anch’essa sulla scogliera, oggetto di un intervento di rifacimento con malta cementizia e roccia. Indagata nel procedimento è l’amministratrice della società di Roma (la signora), nei confronti della quale si ipotizzano l’occupazione e la realizzazione di opere abusive (violazioni al codice della navigazione). Con buona pace degli agenti di Polizia e dei vigili urbani sanfeliciani.
A fare da contorno alla vicenda, le origini della proprietà della villa che sovrasta Le Casette: una villa intestata a una società con sede a Roma, dell’imprenditore Claudio Chiais, tessera 1849 della P2 di Licio Gelli, in passato nel settore alberghiero e dell’abbigliamento nella Roma bene di Via Condotti, e della moglie Stefania Serafini.
Dopo i video, gli appelli, gli esposti (del meetup di San Felice, dell’associazione “Lapis”; l’interrogazione presentata dai consiglieri comunali di minoranza del gruppo “Verso il Domani”), le indagini della Procura e i sequestri, è del 31 ottobre 2018 la risposta all’interrogazione dei consiglieri regionali Pernarella, Corrado, Lombardi e De Vito da parte dell’Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lazio, Gian Paolo Manzella.
In soldoni, la Regione dice di non avere competenza e che tutto deve essere deciso dai comuni costieri, in questo caso dal Comune di San Felice che, invece, è rimasto inerte a questo abuso, e a tanti altri che hanno il solo torto di non avere avuto il battage mediatico della scogliera de Le Casette.
Infatti, la legge che determina i canoni e le concessioni del demanio marittimo (legge 494 del 1993), specifica che le concessioni per i beni demaniali possono essere rilasciate, oltreché per i servizi pubblici, anche per l’esercizio di altre attività: sei tipologie che comprendono gli stabilimenti balneari, la ristorazione ecc. e, alla lettera f, i “servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente alle esigenze di cui alle precedenti categorie di utilizzazione”, che dovrebbe essere proprio quella per cui la signora Chiais reclamava il suo diritto all’occupazione e ai bodyguard, concessione eventualmente scaduta permettendo (l’ipotesi della Procura di Latina).
La Regione Lazio specifica che non ha responsabilità sulle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo quanto al rilascio, la decadenza, la revoca, le quali sono delegate al Comune di San Felice Circeo, in base alle legge regionale 14/99.
L’assessorato allo Sviluppo Economico del Lazio specifica inoltre che un’altra legge regionale, la 13 del 2007, stabilisce sette tipologie di utilizzazione delle aree demaniali marittime per finalità turistico-ricreative: stabilimenti balneari; spiagge libere con servizi; spiagge libere; punti di ormeggio; esercizi di ristorazione; esercizio di noleggio imbarcazioni; gestione di strutture ricreative e sportive. E anche interpellando il mago Otelma sembra proprio che l’abuso della scogliera di San Felice non ricada in nessuna delle summenzionate categorie e, dunque, l’unica che appare attinente alla tipologia della signora Chiais è la lettera f della legge 494 del ’93.
Alla fine della fiera, la Regione Lazio conclude che essa stessa può tranquillamente lavarsi le mani rispetto a un’area che tra l’altro ricade nel Parco Nazionale del Circeo, arricchendo la storia dell’ennesimo ente coinvolto che fa spallucce – ne abbiamo contati numerosi: dall’Ente Parco, alla Capitaneria di Porto, ai Carabinieri, al Comune sanfeliciano stesso i quali, interpellati nell’estate 2018, hanno rimpallato la responsabilità ad altri. E così chi avrà compiuto questo abuso, di cui pare sia scaduta la concessione nel 2013, e che ne sarà della scogliera turistica nell’estate del 2019? Si attendono, come spesso accade, le decisioni della magistratura. E gli enti? E la politica che legifera e governa? Vallo a capire…