La Procura distrettuale antimafia di Brescia ha indagato 27 persone tra imprenditori, prestanome e consulenti economici nell’ambito di un’inchiesta parallela (operazione “Magma”) che il 29 novembre aveva portato all’arresto di 45 persone legate al clan Bellocco tra Calabria, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio, nello specifico nel quadrante di Anzio e Nettuno. Anche agli indagati di quest’oggi come a quelli dell’operazione Magam viene contestata l’aggravante mafiosa “per aver favorito uno dei clan più potenti della ndrangheta facente capo alla famiglia Bellocco.
Secondo quanto riferito da “Il Giornale di Brescia“, le 27 persone finite sotto indagine si dividono tra chi si è messo al servizio dei Bellocco di Rosarno e chi invece ha “usufruito dei servizi mafiosi”: le accuse, a vario titolo, sono di estorsione, recupero crediti con atti di violenza ed intimidazione e reati legati al traffico di rifiuti. Nei giorni scorsi sono state disposte dalla Procura Bresciana perquisizioni domiciliari che hanno portato al sequestro di materiale ora al vaglio degli inquirenti.
Nel filone d’indagine condotto dalla Procura di Reggio Calabria sono stati ricostruiti gli interessi del clan anche fuori dalla Calabria: in Lombardia attraverso l’arrestato Antonio Loprete e nel territorio di Nettuno e Anzio dove c’era Francesco Corrao in attesa che il rampollo della cosca, Umberto Bellocco finisse di scontare una pena nella casa lavoro di Vasto. Ed è proprio Corrao che, in un’intercettazione ha esposto la necessità di una funzione “mutualistica” e “sociale” della ‘ndrangheta: “Ricordati – sono le sue parole ascoltate dalla Guardia di Finanza – che uno buono, la deve fare una cosa di queste. Deve fare stare bene in giro! Ricordati che il popolo… il popolo”.
Soprattutto nel litorale romano, tra Anzio e Nettuno, secondo gli inquirenti c’era una sorta di delocalizzazione, un radicamento stabile della cosca. Secondo il procuratore Bombardieri, i Bellocco “avevano ormai internazionalizzato le loro attività criminali grazie ad una forte capacità di relazione con altre cosche di ‘ndrangheta, come i Morabito e i Mollica di Africo, con cui avevano posto solide basi nell’area platense, tra Buenos Aires e Montevideo, da dove coordinavano l’acquisto e la spedizione di quintali di cocaina verso l’Italia e l’Europa”.
“I Bellocco – ha aggiunto il magistrato – avevano da tempo individuato aree intorno a Roma, in Toscana, nella Lombardia e in Veneto per insediare loro referenti in grado non solo di introdurre nella capitale ingenti quantità di cocaina, ma di avvicinare imprenditori disposti ad operare nel settore della raccolta e del trattamento dei rifiuti solidi urbani a Rosarno”.
Per il procuratore aggiunto Gaetano Paci, l’interessamento degli arrestati per la scarcerazione di Rocco Morabito “è sintomatico della forza e dell’affidabilità dei Bellocco”.