SPOSA BAMBINA: LA TUTRICE DELLA RAGAZZINA DIVENTA PARTE CIVILE

Latina, nuovo “step” di udienza preliminare per i due coniugi Di Silvio accusati di spaccio di droga e violenza sessuale aggravata

Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Barbara Cortegiano, ha accolto la costituzione di parte civile della tutrice Ilaria Cavallin deputata ad assistere la vittima delle violenza sessuale contestata agli indagati. La tutrice giudiziaria è assistita dall’avvocato Pasquale Lattari. Ancora in “stand by” la costituzione di parte civile del Comune di Latina, assistita dall’avvocato Anna Caterina Egeo, e delle altre associazioni. Si tratta del Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Regione Lazio, Monica Sansoni e delle associazioni “Insieme a Marianna” e “No Child Abuse”, rispettivamente assistiti dagli avvocati Giuliana Marano, Felicia D’Amico e De Stefano.

Il Gup scioglierà la riserva sul resto delle parti civili il prossimo martedì 14 ottobre. L’udienza preliminare, come noto, vede al centro del procedimento penale il caso della sposa bambina di Latina, la minorenne coniugata con un giovane della nota famiglia di origine rom, Di Silvio, che, secondo l’accusa, sarebbe stata costretta a rimanere incinta.

Gli indagati sono i due coniugi Ferdinando Di Silvio detto “Gianni” (50 anni) e Laura De Rosa (55 anni), difesi dagli avvocati Oreste Palmieri e Gianni Luparo e accusati di spaccio e violenza sessuale aggravata dalla minore età della vittima. A dover affrontare l’udienza preliminare anche i genitori della minorenne, Maria Gallo (43 anni) e Fimenico Pallonetto (47 anni), difesi dall’avvocato Iorio, oltreché a un altro soggetto noto alle cronache giudiziarie, Andrea Lazzaro, accusato solo di spaccio di sostanze stupefacenti, assistito dall’avvocato Sandro Marcheselli, che ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato.

Il reato di violenza sessuale, dopo la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero Giuseppe Miliano, è contestato anche ai genitori della vittima, la ragazzina minorenne divenuta sposa del figlio dei Di Silvio e anche madre.

A presenziare l’udienza preliminare odierna anche la sindaca di Latina, Matilde Celentano, la quale, all’uscita del Tribunale, ha ribadito che “la costituzione di parte civile è stata fortemente voluta da me. È un danno per la minorenne e per la città. Un episodio che ha scosso l’opinione pubblica. Sono fiduciosa che la nostra costituzione sia accolta perché la tutela dei bambini deve essere una priorità di tutti. Neanche la difesa ha sollevato alcuna eccezione sulla nostra costituzione di parte civile”.

Come noto, questa non è una vicenda che a che fare solo con lo spaccio di droga a Campo Boario, da anni feudo della famiglia Di Silvio, capeggiata dal boss mafioso Armando “Lallà” Di Silvio (in carcere con una condanna definitiva di oltre 24 anni per assocazione mafiosa). La storia che ha portato all’arresto del fratello di “Lallà”, Ferdinando Di Silvio, detto “Gianni” o “Zagaglia”, e della moglie Laura De Rosa, in seguito scarcerata e ai soli obblighi di firma, ha a che vedere anche con altri due indagati, per l’appunto i genitori della vittima, e uno spaccato che contesta la violenza sessuale aggravata ai danni della ragazzina, all’epoca dei fatti tra i 12 e i 13 anni.

L’ordinanza che ha disposto il carcere per “Gianni” Di Silvio, già ristretto perché arrestato a luglio 2024 per tentata estorsione mafioso nel quadro di una operazione della Squadra Mobile di Latina, e per la moglie, scaturisce da una richiesta di arresto arrivata a dicembre 2023 dal sostituto procuratore della Repubblica di Latina, Giuseppe Miliano, e dall’allora Procuratore Aggiunto, Carlo Lasperaza.

A svolgere le indagini il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina, guidato dal tenente colonnello Antonio De Lise, che, lo scorso 4 febbraio, coadiuvati nella fase esecutiva dai Carabinieri competenti per territorio, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare.

Laura “Puccia” De Rosa e Ferdinando “Gianni” Di Silvio

Il provvedimento cautelare scaturisce dall’attività investigativa condotta dagli investigatori dell’Arma che si è dipanata dal settembre 2020 all’agosto 2022. L’inchiesta avrebbe consentito di delineare l’esistenza di una vera e propria piazza di spaccio nel cuore di Latina, a poche centinaia di metri dal centro cittadino, nella solita Campo Boario, ossia nelle case dove da anni vive il ramo dei Di Silvio processato e condannato nel noto processo “Alba Pontina”: per loro, ma non per “Gianni” e la moglie, riconosciuta l’associazione mafiosa.

Le indagini si sono sviluppate attraverso l’esecuzione di servizi di osservazione, attività di indagine classica affiancata da attività tecnica di intercettazione e da mirati riscontri. 

Gli episodi di traffico di sostanze stupefacenti ricostruiti nel corso delle indagini, per i quali il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Mara Mattioli, ha ravvisato la sussistenza di gravi indizi, si collocano nel contesto di un traffico di hashish e cocaina, gestito dai due coniugi della famiglia Di Silvio ed avente base logistico-operativa principalmente all’interno della propria abitazione a Latina. Le stesse modalità con cui gestivano lo spaccio anche Armando “Lallà” Di Silvio e la moglie Sabina De Rosa.

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Un’indagine iniziata con le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia di area pugliese, Daniele Cilli, che stava scontando gli arresti domiciliari a Sermoneta Scalo. Dopo essere evaso dalla misura domiciliare, Cilli fu rintracciato dai Carabinieri, arrestato e tradotto presso il carcere di Sulmona. Nel tragitto, il collaboratore di giustizia, secondo la ricostruzione degli investigatori, ha confessato ai due Carabinieri che lo scortavano il perché della sua evasione. Era evaso, infatti, per poter acquistare droga a Campo Boario, esattamente a Via Milazzo da “Gianni” Di Silvio.

Successivamente, quelle confidenze sono state formalizzare da Cilli in tre lettere allo Sco, al Nucleo Investigativo di Latina e alla DDA di Bari. A vendere la droga non solo “Gianni” Di Silvio (detto Zagaglia perché balbuziente), ma anche la moglie Laura De Rosa detta “Puccia”. Indagando, i Carabinieri hanno fato emergere anche uno spaccato di violenza sessuale aggravata su una minorenne, compagna del figlio di “Gianni” Di Silvio e Laura De Rosa. Una minorenne che, quando sono iniziate le indagini, aveva meno di 14 anni: viene definita come stabilmente inserita nel nucleo famigliare Di Silvio-De Rosa.

Proprio perché a conoscenza dei rapporti tra il figlio (all’inizio della relazione neanche maggiorenne) e la giovanissima, risultano indagati Gianni Di Silvio, la moglie e i due genitori della minore. Una storia difficile, evidentemente delicata, che ha provato molto la ragazzina, rimasta due volte incinta a dodici e tredici anni e per una volta, la prima, portata ad abortire in una clinica in Campania, a Castellamare di Stabia. Per tale episodio la Procura di Torre Annunziata ha aperto una inchiesta sulla clinica. La ragazzina, peraltro, si sposò con rito zingaro (matrimonio non consacrato) al figlio di “Gianni”.

La rappresentazione plastica degli usi e dei costumi della cultura Sinti (almeno quella che emerge in questo caso) che vuole la donna, ancorché bambina, essere sottomessa al “maschio” (in questo caso un ragazzino di 17 anni) e praticamente costretta a mettere al mondo figli senza soluzione di continuità. La ragazzina, infatti, dopo il primo aborto (un parto indotto per via del fatto che il feto era morto), rimane di nuovo incinta passati appena cinque, sei mesi, nonostante il medico avesse sconsigliato una nuova gravidanza. Eppure alla famiglia Di Silvio-De Rosa non sarebbe interessato.

La situazione tra le due famiglie si incrina nel momento in cui i genitori della ragazzina chiedono di riportarla a casa, causando le ire di Laura De Rosa. È la stessa ragazzina a far presente di non voler più tornare a Campo Boario. Ad essere indagati per il reato di violenza sessuale aggravata, come detto, tutti e quattro gli adulti i quali, ben consapevoli del quadro che si era formato, non avrebbero fatto niente per impedire la relazione tra i due giovanissimi, sebbene la madre della dodicenne si fosse lamentata più volte del fatto che la figlia dovesse sottomettersi alle logiche della famiglia Di Silvio-De Rosa, con tanto di tipico vestiario zingaro. Uno dei particolari più innocenti se si considera il resto della storia.

Per quanto riguarda lo spaccio di droga, le dichiarazioni di Cilli – assolutamente esemplificative per individuare la casa dei Di Silvio (“c’erano due leoni dorati”) – hanno dato il là alle investigazioni dei Carabinieri, con tanto di intercettazioni e immagini captate. Cuore dello spaccio, dove si recavano gli assuntori per acquistare la droga, è la nota Via Coriolano, la strada che arriva fino in fondo a Campo Boario dove, per intenderci, c’è il campo di calcio da anni in disuso e un tempo appartenuto a Gianluca Tuma e Costantino “Cha Cha” Di Silvio.

A dare la cocaina al collaboratore di giustizia è la moglie di “Gianni”, Laura De Rosa: “La teneva nel reggiseno“. Lo spaccio era H24, anche di notte. Diversi gli episodi di compravendita documentati dall’attività d’indagine dei Carabinieri. Cessioni di piccola taglia: dai 20 ai 100 euro di cocaina, anche pochi grammi o addirittura per mezzo grammo. Gli assuntori si recano in Via Coriolano, entrano in casa ed escono fuori con la sostanza stupefacente, tutto in pochi minuti. Nelle fasi di indagine, alcuni degli assuntori vengono fermati dai Carabinieri che indagano, così da documentare lo spaccio appena avvenuto.

Gli investigatori ritengono che anche la minorenne, compagna del figlio di “Gianni”, sia stata coinvolta nell’attività di spaccio. Non solo sottomessa agli abusi di costumi spinti oltre l’estremo, ma resa partecipe, nell’età dell’innocenza, a vendere la droga con la suocera. Al momento la ragazzina, ancora minorenne, si trova in una casa famiglia.

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