PACCO SOSPETTO AL PANTANACCIO, INTERVENGONO GLI ARTIFICIERI

Latina: rinvenuto un pacco sospetto innanzi ad un’abitazione. Indagano i Carabinieri. A intervenire anche il Nucleo Artificieri Antisabotaggio

Nel corso della nottata, su richiesta pervenuta al 112, i Carabinieri della Compagnia di Latina, guidati dal capitano Antonio Maggio, sono intervenuti in località Pantanaccio, in Via Mercurio, dove, poco prima, ignoti avevano lasciato un pacco sospetto innanzi ad un’abitazione, per poi allontanarsi, come segnalato dallo stesso proprietario dell’immobile. 

Sul posto, i Carabinieri, avendo riscontrato la presenza di una scatola di scarpe avvolta con del nastro telato, hanno provveduto a cinturare la zona e a richiedere l’intervento del Nucleo Artificieri Antisabotaggio del Reparto Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Roma, oltre che dei Vigili del Fuoco e del personale del 118. 

Successivamente, avendo preventivamente provveduto a mettere in sicurezza la zona, gli Artificieri Antisabotaggio hanno provveduto a fare esplodere la predetta scatola che, all’esito di tali operazioni, è risultata non contenere nulla. 

È stato eseguito un accurato sopralluogo, a cura di personale specializzato della Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Latina, nel corso del quale si è proceduto a repertare quanto ritenuto utile per il prosieguo delle indagini avviate dal citato Comando Compagnia Carabinieri, sotto la direzione della Procura della Repubblica. 

L’ennesimo episodio inquietante di una circostanza che potrebbe ricondurre alla guerra tra congreghe criminali che stanno tenendo in ostaggio la sicurezza della seconda città del Lazio. È chiaro che la zona del ritrovamento è calda: si tratta del quartiere eletto a roccaforte da parte del clan Ciarelli. In quella via abita peraltro un nucleo della famiglia il cui capostipite è stato coinvolto un importanti indagini anti-droga, in teoria, in linea, con al guerra per il controllo dello spaccio a cui stiamo assistendo.

In realtà, però, a ritrovare il falso pacco bomba è stato Fabio Di Stefano detto “Il Siciliano”, genero di Giuseppe Di Silvio detto “Romolo”, che sta scontando la pena per l’omicidio Buonamano consumato all’inizio della guerra criminale del 2010.

Di Stefano, 36 anni, pregiudicato e condannato non in via definitiva nel processo antimafia denominato “Scarface”, è considerato il reggente del clan Di Silvio sponda “Romolo”. L’uomo, originario di Acireale in provincia di Catania, è sposato con la figlia del boss del Gionchetto e si trova ai domiciliari nella casa del cognato di “Romolo”, Luca Troiani, ossia lo zio della moglie.

Troiani, detto “il bombolaro”, perché tradizionalmente ha gestito un’attività di bombole a gas al Pantanaccio, entra nella storia criminale di Latina tanti anni fa. Meno di un mese prima che Ferdinando Di Silvio detto “Il Bello” (suo cognato e fratello di “Romolo”, nonché padre di Costantino detto “Patatone”, altro autore del delitto Buonamano) esplose in aria, Luca Troiani, suo cognato, il 21 giugno 2003, aveva subito una ritorsione. Otto anni di reclusione fu la condanna che il collegio dei giudici del Tribunale di Latina emise a carico del pregiudicato e noto criminale di Latina, Fabrizio Marchetto, l’uomo che sparò tre colpi di pistola contro l’allora 32enne Troiani gambizzandolo. 18 giorni dopo, deflagrò l’auto e si portò via Il Bello che all’epoca, uscito dal carcere per altri reati, lavorava come parcheggiatore al Lido di Latina inserito nella cooperativa sociale “Il Gabbiano”.

Secondo la Dda, Troiani sarebbe stato ferito dopo aver frenato con l’auto di fronte a Marchetto facendogli temere un’aggressione. In seguito a Troiani, fu anche sottratta una pistola finita nelle mani del Marchetto. Insomma, non scorreva buon sangue tra i due tanto da arrivare alla gambizzazione.

Il falso pacco bomba davanti alla casa di Troiani e dove si trova ai domiciliari Di Stefano, il quale avrebbe sentito un’auto sgommare via, rappresenta una macabra rima con i fatti del 2003 e del 2010, ossia gli anni in cui, prima con l’attentato esplosivo contro “Il Bello”, poi con le vendette a botte di omicidi e gambizzazioni da parte del clan unito per l’occasione Di Silvio-Ciarelli, Latina visse, dal punto di vista criminale, il suo momento più terreo.

Ad ogni modo, il falso pacco bomba ingarbuglia sempre di più gli elementi. E se non fosse, questa delle bombe, una guerra tra due fazioni ma, al contrario, le intimidazioni di un’unica famiglia che, dopo anni, sta pretendendo una tariffa da chi ha fatto affari con la droga e altri business criminali? Il vuoto creatosi con gli arresti degli ultimi dieci-dodici anni (dal processo Caronte in poi) ha fatto sì che per anni, sul mercato criminale latinense (droga, estorsioni e usura), non ci fossero più diversi attori; al contrario, determinati soggetti hanno fatto il bello e cattivo tempo a causa di arresti e indagini.

Forse, qualcuno sta cercando di riprendersi tutto indietro e con gli interessi, motivo per cui, sia le bombe alle Arlecchino che quelle in Via Darsena e Viale Nervi, avrebbero una stessa matrice: ossia coloro che, dopo anni di magra, vogliono una fetta di ciò che altri hanno guadagnato in loro assenza.

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