L’ex capogruppo d’opposizione in Consiglio comunale di Sperlonga e giornalista Nicola Reale ha ripercorso oggi in un post pubblicato sul proprio profilo Facebook alcune fasi del processo che vedeva coinvolto l’ex Presidente della Provincia Armando Cusani per i reati di abuso d’ufficio (imputazione per cui sono scaduti i termini nel 2014) e abusivismo edilizio in merito al Piano Integrato di Sperlonga.
La segreteria nazionale dell’Associazione antimafia “Antonino Caponnetto” ha reso noto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia ha fissato per il mese di ottobre l’udienza di dissenso a seguito di opposizione della stessa Associazione contro la richiesta di archiviazione del pm. La vicenda trattata è quella relativa alla sparizione di un esposto del 2014 sul Piano integrato di Sperlonga indirizzato alla Procura di Latina, che qui proviamo brevemente a riassumere.
Dopo la sentenza in primo grado n. 845 del 02.07.2012, che condannava il sindaco di Sperlonga Armando Cusani alla pena di anni due di reclusione ed alla pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata della pena, gli imputati, come loro diritto, impugnarono la sentenza e presentarono domanda di appello.
Tuttavia, il tempo passava ma la data del processo d’appello non veniva fissata. I consiglieri di minoranza dell’epoca, nella loro qualità di parte civile nel processo, scoprirono il motivo di tale ritardo: il fascicolo della causa, rimasto stranamente imboscato in qualche cassetto del Tribunale di Latina, non era stato inviato alla Corte di Appello di Roma.
Così gli stessi consiglieri di minoranza, in data 29.11.2013, chiesero al Procuratore della Repubblica di Latina di svolgere accurate indagini al fine di individuare i responsabili di tale mancanza e di comminare le dovute sanzioni nei confronti degli ignoti funzionari del Palazzo di Giustizia, che inspiegabilmente non avevano provveduto alla trasmissione del fascicolo in questione.
Fatto sta che, in conseguenza di tale ritardo, la Corte d’Appello di Roma, con Sentenza n. 0678/2014, dichiarava prescritto il reato di abuso di atti d’ufficio, condannando comunque, Cusani Armando e Chinappi Aldo Erasmo (suocero di Cusani e comproprietario dell’Hotel Grotta di Tiberio) ad una pena di anni uno e tre mesi per il solo reato di abuso edilizio.
Il “giochino” di far maturare i tempi di prescrizione era in parte riuscito: se non ci fosse stato il ritardo da parte del Tribunale di Latina, pari a quasi un anno e mezzo, dell’invio del fascicolo della causa alla Corte di Appello di Roma, certamente il reato di abuso di ufficio, non sarebbe andato in prescrizione e la condanna sarebbe stata più pesante. Così come il dirigente dello Sportello Unico per l’Edilizia dell’epoca non sarebbe stato assolto per prescrizione dei termini.
Non sempre la legge è uguale per tutti.